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Ponte Fabricio e Ponte Cestio


Ponte Fabricio, oggi ponte dei Quattro Capi, è il più antico ponte di Roma giunto fino a noi: fu edificato nel 62 a.C. tra l’Isola Tiberina e la riva sinistra del Tevere. La storia ci è tramandata da Dione Cassio mentre conosciamo il nome del curatore delle strade (curator viarum) Lucio Fabricio, che lo fece realizzare, dalle quattro iscrizioni sopra le arcate. Fu costruito in blocchi di tufo e di peperino parzialmente rivestiti da travertino. Ha due arcate di 24,50 m, che poggiano su un pilone centrale aperto da un piccolo arco per diminuire la pressione della corrente nel caso di piene.

Simili aperture esistevano anche sulle spallette del ponte delle due rive, oggi scomparse.Un restauro del 21 a.C. a cura dei consoli Marco Lollio e Quinto Lepido è ricordato da un’altra iscrizione a caratteri più piccoli sull’arcata verso la riva sinistra. La necessità di lavori di restauro fu forse dovuta all’alluvione del 23 a.C.. Sotto papa Eugenio IV il ponte fu pavimentato in lastre di travertino, mentre un’iscrizione del 1679 di papa Innocenzo XI si riferisce al rifacimento dei parapetti e al rivestimento in mattoni.

Nel XVI secolo per la sua vicinanza al Ghetto fu conosciuto anche come “ponte dei Giudei” (nei suoi pressi si trova la chiesetta di San Gregorio al Ponte Quattro Capi dove erano tenute , durante il regno Pontificio, le prediche obbligatorie per gli ebrei), o con la denominazione di “ponte Tarpeio”, mentre il nome attuale di Ponte dei Quattro Capi deriva dalle due erme quadrifronti inserite nelle spallette all’estremità sulla riva sinistra e che dovevano originariamente essere state utilizzate come sostegno per una balaustra metallica. Una delle erme è raffigurata nel vicino monumento di Giuseppe Gioacchino Belli a Trastevere, che mostra il poeta romanesco appoggiato al parapetto del ponte.

Ponte Fabricio

Il ponte Cestio, oggi con il nome ufficiale di ponte di San Bartolomeo, fu edificato a Roma tra l’Isola Tiberina e la riva destra del fiume Tevere, intorno alla metà del I secolo AC probabilmente da Lucio Cestio, forse fratello del Caio, seppellito nella Piramide Cestia. Il ponte venne restaurato nel 152 sotto Antonino Pio e successivamente nel 370 dagli imperatori Valentiniano, Valente e Graziano, come mostra l’iscrizione nuovamente inserita nella spalletta sulla riva destra.

Nel 1193 il ponte venne restaurato da Benedetto Carushomo che governò la città come summus senator tra il 1191 e il 1193, in opposizione al papa Celestino III. Il restauro è ricordato da un’iscrizione incisa sul parapetto. Altri interventi si ebbero nel XV secolo sotto Eugenio IV e nel XVII sotto Innocenzo XI.

Dal XV secolo prese il nome di “ponte di San Bartolomeo”, dal nome della principale chiesa dell’Isola Tiberina. Nei secoli XVIII e XIX ebbe anche il nome di “ponte Ferrato”, per le numerose catene che fissavano i mulini sul fiume.In occasione della realizzazione degli argini del fiume, tra il 1888 e il 1892 i due archi più esterni dei tre esistenti vennero demoliti e ricostruiti più ampi.


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