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I giardini di Ninfa


Se vi sentite stressati, attanagliati dal traffico cittadino, dai rumori e dall’urbanizzazione, concedetevi una pausa in un Eden vicinissimo alla capitale, in direzione Latina: Ninfa.
Dicono che il nome l’abbia preso da un tempio costruito in età classica e  dedicato alle Ninfe, divinità femminili della natura, che popolavano il laghetto.

Certo è che qualcosa di magico aleggia nell’aria, vuoi per l’acqua che scivola in cascatelle e rivoli gorgoglianti, per la presenza di specie vegetali provenienti da tutto il mondo e qui sapientemente posizionate per aspetto e fioritura, per la fauna popolosa che vive indisturbata, cibandosi dei frutti incontaminati, grazie all’assenza di pesticidi, o forse per i ruderi dell’antica città, che ancora narrano all’uomo moderno la loro storia.
Fondata nel basso impero come centro agricolo in una zona paludosa (ai piedi del colle su cui gli Etruschi fondarono Norba, che si erge in alto sulla valle), fu donata nel 750 a papa Zaccaria, divenendo baluardo contro i nemici, in una zona di grande passaggio: di qui la necessità di dotarla di un sistema fortificato: doppie mura di cinta merlate, tra le quali correva un percorso attraverso il quale potevano passare tranquillamente i carri di servizio, più quattro torri quadrate angolari e un alto mastio merlato.

La città era così importante che ai tempi di Federico Barbarossa, qui il papa Alessandro III fu incoronato dal feudatario Ettore Frangipane, nella chiesa di S. Maria Maggiore nel 1159.
Fu poi sottomessa agli Annibali, ai Conti ed infine ai Caetani. Guerre locali e la malaria ne segnarono la fine con lo spopolamento e l’abbandono, così le mura di cinta, le torri, le chiese (sette e appellate con gli stessi nomi di quelle romane) il palazzo signorile, le case, tutto è sparito sotto la vegetazione, fino a che l’ingegnere Gelasio Caetani, nel 1920 ha provveduto al restauro del vicino castello di Sermoneta e all’opera di pulizia e rinascita di Ninfa. E noi ci chiediamo quale potere possano avere sull’uomo le antiche abitazioni al punto di restaurarle per farle sopravvivere, anche senza riutilizzarle.

castello-ninfa

Successivamente l’opera è stata proseguita da Roffredo Caetani e dalla moglie americana Marguerite Chapin , i quali girando il mondo tornavano ogni volta con un souvenir particolare: una rara specie vegetale da posizionare a Ninfa, accanto a un rudere, ad un brandello di muro, ad una finestra gotica, per dare vita a quelle pietre con la linfa viva e riposante delle piante. La figlia Lelia, ultima discendente del millenario casato, costituì la “Fondazione Roffredo Caetani” che oggi gestisce i 1800 ettari dell’Oasi e gli otto ettari del giardino che apre al pubblico, da Aprile ad Ottobre, in genere il primo sabato e la prima domenica del mese, per finanziare con tali introiti la manutenzione di Ninfa.

La visita è guidata e sarà l’accompagnatrice a stupirvi con dovizia d’informazione riguardo la varietà di specie animali e vegetali, che assicurano posizionati in maniera tale che il visitatore può godere ogni mese di una fioritura diversa. Credo che la guida, sotto il possente albero della Magnolia Himalayana, appena cinquantenne, dia appuntamento a tutti i visitatori tra 350 anni per rivedere la magnolia al termine del suo ciclo vitale…il pubblico ride, e poi si guardano i ruderi… dal palazzo pare arrivare la dolce melodia di un menestrello, dalla chiesa il profumo d’incenso e dalle case il sospiro di tanta povera gente… ma il verde cattura di nuovo gli sguardi e a malincuore lasciamo questo giardino incantato, pensando che un giorno vi faremo ritorno, magari in un mese diverso, per verificare davvero se è sempre un inno alla  natura come quando ci siamo stati noi.


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