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L’edilizia cambia volto


Il sorpasso effettuato dal settore manutenzioni e ristrutturazioni su quello storico della nuova costruzione, evidenzia un cambiamento radicale del mercato immobiliare e della presa di coscienza dell’enorme valore che assume nel mondo moderno il patrimonio edilizio esistente.

Tutto cambia, le abitudini, gli usi ed i costumi, le monete, l’alimentazione, il modo di fare politica, e cambia anche il solido e stabile mercato immobiliare.
Così, il settore delle nuove costruzioni, dopo oltre cinquanta anni di dominio incontrastato, ha dovuto cedere il passo a quello delle manutenzioni e ristrutturazioni. Come a dire che, oggi, è considerato più importante manutentare il proprio fabbricato e ristrutturare il proprio appartamento, che venderlo per acquistare una nuova abitazione. E sì che le nuove costruzioni, in questa strana situazione economica in cui versa il nostro Paese, sta caratterizzando un mercato che sempre più spesso denuncia costi minori nel nuovo e maggiori nell’usato.

È vero, il nuovo è quasi sempre decentrato, mentre il “vecchio” è più centrale, spesso più vicino ai posti di lavoro, ma questo non può bastare a giustificare importi superiori anche del 30%, per giunta per alloggi da ristrutturare, soprattutto se poi consideriamo che nell’ultimo anno i costi di costruzione sono lievitati di quasi cinque punti percentuali, grazie all’aumento della mano d’opera e, soprattutto, delle materie prime e che i valori dei terreni edificabili stanno crescendo smisuratamente ogni giorno, sotto la spinta di una domanda che trova una offerta sempre più limitata da piani regolatori che favoriscono i pochi big del settore e penalizzano la massa dei piccoli costruttori, permettendo la nascita di interi quartieri ex novo su terreni acquistati come agricoli e poi inseriti nei piani particolareggiati, mentre pongono vincoli sempre più severi per chi si avventura ad edificare una palazzina su un lotto di terreno rimasto miracolosamente libero.
Così succede che le nuove costruzioni smettono di crescere e con esse l’enorme indotto industriale che da sempre ha fatto di questo settore il principale volano dell’economia italiana.

E questo non è un caso momentaneo, perché il Cresme annota che è il terzo anno consecutivo che ciò accade, lanciando un grido di allarme raccolto da Nomisma, il quale rileva che i prezzi degli immobili di alcune città italiane stanno subendo una inversione di ciclo. A conforto di ciò interviene la Fiaip, una delle maggiori associazioni di agenti immobiliari, evidenziando che a Roma nel 2020, si è registrato un calo nelle compravendite pari all’8,5% e che la difficoltà di vendita di un immobile è denunciata dall’allungamento dei tempi di vendita, che negli ultimi tre anni si sono più che raddoppiati.
Anche il nuovo non smentisce questa tendenza, con un calo delle vendite del 5,7%, nonostante una diminuzione dei prezzi che si è attestata al 10,8% (lo afferma Assoimmobilare), che denuncia la scarsa considerazione dei nostri politici per questo settore. A conforto di ciò vi è l’ultima decisione del Governo che, nonostante la pressione di alcuni Ministri, ha lasciato fuori dal “tesoretto” il così detto pacchetto casa.

Ma c’è un altro dato importantissimo da non sottovalutare, il progressivo ma costante impoverimento degli italiani, oltre all’allarmante dato dell’aumento dei nuovi poveri che, secondo Isae, nel 2009, sono passati dal 1,5% al 1,8%. Ne è stata stilata anche una così detta “mappa del disagio”, che vede le famiglie considerate in stato di povertà, al Nord al 4,7%, al centro al 7,3%, ed al Sud al 25,0%, un dato che non lascia dubbi sulla situazione disastrosa del nostro paese (rapporto sulla povertà relativo al 2018). Solo a Roma si stima che le persone che vivono senza l’ausilio di un tetto stabile, sono circa 2000, mentre 8/9.000 hanno la “fortuna” di ripararsi in una macchina o in accampamenti di fortuna. Un biglietto da visita questo, che non fa di certo onore alla città eterna.

Ma torniamo ai nostri cantieri.
Abbiamo detto che le manutenzioni e le ristrutturazioni fanno attualmente da padrone nel mondo dell’edilizia. Ciò risulta dalle richieste di bonus fiscale che nei primi mesi del 2010, hanno registrato un incremento medio del 31,8%, un vero record, e il Lazio, nel primo trimestre di quest’anno, ha visto un aumento di domande pari al 29,4% in rapporto al primo trimestre del 2009. Si stima così che, da quando si è istituito il bonus fiscale, il 10,6% del patrimonio immobiliare italiano sia stato restaurato. Un dato questo che fa comprendere quanto ancora ci sia da fare nel settore e quale potenzialità abbia questo mercato, in termini di investimento e di posti di lavoro e quale attenzione il Governo, i sindacati e le banche, dovrebbero avere.
Il sorpasso dell’edilizia del “rinnovo” su quella della nuova costruzione, c’era già stato a fine del 2015, quando i rispettivi fatturati si erano attestati a 17.038 contro 14.525 (miliardi di Euro).

A tutto questo ha dato certamente una mano il boom del risparmio energetico e la volontà, da parte di chi se lo può permettere, di adeguare le proprie case ai nuovi standard abitativi, con pannelli solari per la produzione di acqua calda, condizionatori d’aria per vincere la sempre più pressante calura estiva, caldaie per il riscaldamento di ultima generazione che consumano meno. Ma non solo. I dati ci informano che la maggiore attenzione degli italiani è stata verso “l’idrotermico”, come a dire che la passione dei più è rifarsi in particolare modo, il bagno e la cucina.
È indubbio che l’edilizia è ad una svolta, poiché la tendenza, anche nelle opere pubbliche, è quella di investire per ristrutturare e manutentare, anziché costruire ex novo. È sempre il Cresme a predire per il 2021, una crisi consolidata del nuovo a favore della manutenzione (ordinaria – straordinaria) che dovrebbe attestarsi intorno al 58% dell’intero comparto edile. Questo naturalmente potrebbe comportare un aumento dell’offerta del nuovo, con una consequenziale, ulteriore, diminuzione dei valori immobiliari.

Dunque gli scenari che tutti abbiamo sotto gli occhi, stanno rapidamente mutando, talvolta senza darci il tempo di avvertire i cambiamenti per adeguarci ad essi. In vero chi vive nel settore (Imprese di manutenzione, Amministratori di condominio, ecc.) aveva notato la enorme spinta economica che il mondo della casa “vecchia” stava dando al mercato, ma senza una analisi accorta ed approfondita, è comunque difficile valutare quanto questo fenomeno non fosse solo una bolla temporanea da sottovalutare. Apprendere che anni di lavori forsennati nelle grandi città, dove basta guardarsi intorno per rendersi conto che sono tutto un cantiere, hanno portato alla manutenzione solo del 10% degli stabili, lascia intravedere un potenziale futuro di lavoro che sempre più sta diventando specializzato e difficile e, sempre più, agli inevitabili aumenti dei costi, si contrappone una domanda attenta ed esigente, perché la casa per gli italiani, si sa, è la cosa più importante.


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