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Climatizzatori e immissioni rumorose


Il problema dei condizionatori di aria sulle facciate condominiali è sempre attuale soprattutto se servono non solo a climatizzare l’aria d’estate, ma anche ad ottenere una forma di riscaldamento invernale sostitutiva o integrativa a quella tradizionale.
Rumore, dimensioni, rispetto delle distanze, estetica dell’edifico: queste le cause delle annose questioni sui climatizzatori.

Tale bene, sicuramente rientrante tra gli elettrodomestici più in uso per l’utilità che apporta nel migliorare la qualità della vita nei periodi maggiormente caldi dell’anno, subisce, ogni volta che qualche condomino lo installi sui muri perimetrali, un processo che non trova sempre univoca soluzione da parte dei giudici e che va valutata di volta in volta tenendo conto di una serie di elementi, tra cui spiccano in modo rilevante la salvaguardia del “decoro dell’edificio”, cioè il diverso impatto visivo che il manufatto può avere sull’aspetto architettonico dello stabile, la tutela dalle immissioni di vapore o di aria calda o di rumori che fuoriescono dal condizionatore.

Per quanto attiene sommariamente ai due primi aspetti si può rilevare che quando la modifica del decoro è obiettivamente rilevante, nel pregiudizio estetico deve ritenersi compreso anche il pregiudizio economico soggetto a risarcimento (è irrilevante che i condizionatori siano apposti sulla facciata interna del fabbricato, alla vista dei soli condomini e ininfluente il fatto che esistano altri condizionatori anteriormente installati sulla medesima facciata, in quanto tali circostanze, se già arrecano un pregiudizio all’estetica del fabbricato, non legittimano l’ulteriore aggravio dello stesso decoro dell’immobile); sotto controllo vanno tenute anche le immissioni di vapore o di aria calda che fuoriescono dal condizionatore e che possono essere fonte di pericolo per la salubrità della proprietà altrui: sempre che se ne accerti l’intollerabilità e il rischio di seri disagi per i vicini di casa.
Per quanto attiene alle immissioni rumorose, invece, in mancanza di regolamenti d’igiene emanati dal Comune, la disciplina dettata dalla legge in tema di immissioni acustiche (D.P.C.M. 1 marzo 1991 o D.P.C.M. 14 novembre 1997 e ss.), trova applicazione nei rapporti tra i condomini e, anche, quando il motivo del contendere è il rumore emesso da un impianto di condizionamento.

Per valutare il disturbo bisogna fare riferimento alla tollerabilità del rumore di cui all’art. 822 c.c. identificato in qualunque stimolo sonoro non gradito all’orecchio umano che per le sue caratteristiche di intensità e di durata, può divenire dannoso per la salute dell’individuo.
Il rumoroso funzionamento di un condizionatore, pertanto, può creare problemi perché l’eccessiva immissione acustica potrebbe incidere sulla stabilità psicologica dell’individuo, pregiudicare la sua salute e compromettere la tranquillità e il riposo in caso di uso notturno di un impianto rumoroso.
Ciò comporta che la tutela possa essere fatta valere in sede civile, per ottenere la cessazione o la limitazione del rumore proveniente dal condizionatore, sia in sede penale per reato di disturbo al riposo delle persone (art. 659 c.p.).
Non necessario è il rispetto delle norme di legge in tema di distanze dal momento che i muri dell’edificio costituiscono una comunione indivisa tra tutti i condomini e quindi il singolo è legittimato a invadere la zona di muro non collegata direttamente alla sua proprietà.
Si fa salvo il caso in cui il manufatto sia di dimensioni tali da limitare visuale, aria e luce al vicino.

Le osservazioni esposte si ricongiungono al principio generale che permette a ciascun condomino di servirsi del muro comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne pari uso secondo il loro diritto (art. 1102 c.c.) e non pregiudichi la stabilità ed il decoro architettonico del fabbricato (art. 1120 c.c.)
L’astrattezza di tali norme permette di interpretare tali disposizioni nel senso di evitare che la funzione del bene comune sia distolta da quella sua propria, tutelando così anche i condomini che dal mutamento di destinazione potrebbero subire un danno o un disagio; dall’altro nel rispetto di tale limite, il soggetto deve ritenersi libero di servirsi della cosa comune traendo ogni possibile utilità, senza che possano costituire vincolo per lui forme più limitate di godimento attuate in passato dagli altri partecipanti, tanto che per la S.C. “pari uso” “non è da intendersi come uso identico e contemporaneo, dovendosi ritenersi conferita dalla legge a ciascun partecipante alla comunione la facoltà di trarre dalla cosa comune la più intensa utilizzazione, a condizione che questa sia compatibile con i diritti degli altri, essendo i rapporti condominiali informati al principio di solidarietà il quale richiede un costante equilibrio fra le esigenze e gli interessi di tutti i partecipanti alla comunione” (Cass. 8808/2003).

Pertanto, l’apposizione dei condizionatori di aria sui muri perimetrali che ai sensi dell’art. 1117, n. 1, rientrano tra i beni comuni, deve ritenersi legittima e, in linea di principio, non richiede alcun tipo di autorizzazione assembleare purché rispetti i tenori dell’art. 1102 c.c. e i limiti contenuti nell’art. 1120 c.c.


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