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Canoni locatizi e mancati pagamenti


Non sempre l’affittuario lascia l’immobile bonariamente se non è in grado di pagare o se è finito il tempo della locazione e quindi molto spesso, per ottenere quanto dovuto, il proprietario è costretto a ricorrere al tribunale… ma vediamo come vanno le cose.

L’intimazione di sfratto per morosità e la licenza per finita locazione sono un procedimento speciale nel nostro ordinamento e sono richiamati agli art. 657 e 658 c.p.c.
All’udienza di convalida (nella quale il giudice prende decisione in merito ciò) l’intimato (nel nostro caso l’affittuario) può scegliere di non comparire o di comparire di persona o tramite un procuratore a cui abbia conferito il mandato.

Se a detta udienza l’intimato non è comparso o non ha opposto alcuna eccezione, il giudice, dopo aver verificato la regolarità della notifica della citazione, procede alla convalida o dello sfratto o della licenza e dispone nella stessa ordinanza, apponendo in calce all’atto di citazione, la formula esecutiva che produrrà la sua efficacia dopo che siano trascorsi 30 giorni.
Nel caso, poi, di intimazione di sfratto per mancato pagamento dei canoni o degli oneri accessori, la legge impone al comma 3 dell’art. 663 c.p.c, che il locatore (proprietario del bene dato in locazione) o il suo procuratore attesti all’udienza prestabilita, la persistenza della morosità (precisamente il giorno fissato per l’ udienza, ed è necessario innanzitutto constatare che la morosità ancora persiste).

Il giudice, comunque, dovrà accertare se sono presenti tutti gli elementi necessari per convalidare, in caso contrario non potrà accogliere l’istanza di convalida. Ad esempio il giudice verifica se esiste alla base un contratto di locazione (infatti come ben tutti sanno dal 1998 i contratti verbali sono nulli).
Nel caso in cui l’intimato compaia personalmente o tramite procuratore e si opponga alla convalida, questo comportamento di per sé comporta il mutamento del rito da speciale che si non esaurisce in un’unica udienza ma diviene un vero e proprio giudizio di cognizione (diviene una comune causa con tutti i rinvii del caso). E qui si possono prospettare più ipotesi:

a) se l’intimato (l’affittuario), pur opponendosi, non dà prova delle proprie eccezioni con una prova scritta idonea, il giudice su istanza del locatore (proprietario) deve emettere ordinanza non impugnabile di rilascio; (ad esempio se l’affittuario non dà prova del pagamento, il giudice deve convalidare lo sfratto per morosità o finita locazione, in base al caso in analisi).

b) se invece l’intimato (l’affittuario) provi la propria opposizione con documentazione idonea, il giudice in questo caso non può emettere ordinanza provvisoria di rilascio, e dovrà limitarsi, unitamente al diniego della relativa richiesta, a disporre il mutamento del rito ai sensi dell’art. 426 c.p.c. (ad esempio: se viene fornita documentazione di avvenuto pagamento), il magistrato non può ovviamente accettare la richiesta del locatore (proprietario) e rimette tutto a giudizio, (praticamente se non c’è morosità muta il rito, si rigettano le pretese del locatore al quale viene imposto di pagare le spese del tribunale).

c) se l’intimato (l’affittuario) compare e senza addurre ulteriori motivi, nega la propria morosità contestando l’ammontare della somma pretesa, il giudice può con ordinanza disporre il pagamento della somma incontroversa (che non è oggetto di discussione, che praticamente è ritenuta giusta da entrambi le parti) e concedere in favore dell’intimato stesso un termine non superiore a giorni venti. Dopo tale lasso di tempo, se lo stesso ottempera all’adempimento con riguardo al versamento delle somme non contestate, il giudice non può emettere alcuna ordinanza di convalida, in caso contrario convaliderà l’intimazione.

L’intimazione può essere richiesta non solo per mancato pagamento dei canoni, ma anche per gli oneri accessori e precisamente gli oneri condominiali non pagati devono coprire una mensilità del canone di locazione.
La contestazione dell’intimato relativa all’ammontare della somma indicata dal locatore, concreta pur sempre in una opposizione alla convalida di sfratto.
Comunque l’art. 666 c.p.c. rimane distinto dalle previsioni previste dalla Legge 392/78 e le differenze sono:

a) l’art. 55 L.392/78 (equo canone) stabilisce la sanatoria alle sole locazioni ad uso abitativo, mentre per l’art. 666 c.p.c. la norma riguarda tutti gli immobili;

b) gli effetti dell’avvenuto pagamento nel concesso termine sono diversi, poiché la sanatoria dell’art. 55 esclude la risoluzione del contratto per inadempimento e per ciò incide sulla disciplina sostanziale della locazione, mentre il pagamento effettuato ai sensi dell’art. 666 c.p.c. ha soltanto effetto di impedire la pronuncia della convalida definitiva; (praticamente se si paga nei termini, il proprietario non può chiedere la risoluzione del contratto);

c) il presupposto dell’assegnazione del termine di cui all’art. 55 è l’assenza totale di contestazione, mentre nell’art. 666 c.p.c. vi è nella contestazione del conduttore (colui che prende in affitto) che riflette il diritto del locatore a pretendere una parte soltanto del preteso importo decurtato delle somme non contestate.
Infine lo stesso articolo non indica quali siano le conseguenze del pagamento delle somme non contestate, quando avvenuto oltre il termine stabilito.

Nel silenzio della legge è da ritenere che il ritardo debba essere interpretato come mancata attuazione del doveroso comportamento e per cui l’inosservanza di detto termine accertato all’udienza di verifica determina la convalida di sfratto mediante ordinanza.
Inoltre, giova sottolineare che lo stesso disposto dell’art. 666 c.p.c. 2° comma, stabilisce che unitamente alla convalida di sfratto, il giudice su istanza di parte può pronunciare decreto ingiuntivo con riferimento all’importo dei canoni.

CASSAZIONE
In materia di procedimento sommario per convalida di sfratto, qualora all’udienza di convalida il locatore dia atto, senza rinunciare alla domanda, che dopo la notificazione della citazione per convalida il conduttore ha provveduto a pagare il canone senza però corrispondere gli interessi di mora e le spese, viene meno il presupposto della persistenza della morosità che legittima l’emissione dell’ordinanza di convalida ai sensi dell’art. 663 c.p.c., mentre ben può il giudice emettere l’ordinanza di rilascio ex art. 665 c.p.c., disponendo, ai sensi dell’art. 667 c.p.c., per la prosecuzione del giudizio nelle forme del rito speciale – previo mutamento del rito ai sensi dell’art. 426 c.p.c. – in ordine agli interessi legali e alle spese di giudizio.
Cassazione civile , sez. III, 12 dicembre 2002, n. 17738

Ai fini della convalida dell’ordinanza di licenza o sfratto è necessario che sussistano sia i relativi presupposti specifici, indicati nei commi 1 e 3 dell’art. 663 c.p.c. (consistenti nella mancata comparizione, nella mancata contestazione e nella dichiarata persistenza della mora – sicché non è sufficiente che l’intimato si limiti a comparire ma è necessario che si opponga alla convalida), sia i presupposti generali dell’azione (quelli attinenti cioè alla giurisdizione, alla competenza, alla capacità processuale dell’intimante e alla corretta vocazione in giudizio). Ne consegue che, in difetto dei suindicati presupposti, la domanda va rigettata, e il provvedimento di convalida ciononostante emesso deve sostanzialmente equipararsi ad una sentenza, in quanto tale impugnabile con l’appello, irrilevante essendo al riguardo il comportamento mantenuto dall’intimato che si sia limitato a comparire all’udienza.
Cassazione civile , sez. III, 03 dicembre 2002, n. 17151

Anche dopo l’entrata in vigore della Legge 27 luglio 1978 n. 392, che non ha abrogato le norme del codice di rito sul procedimento per convalida di sfratto, sia il provvedimento di convalida ex art. 663 c.p.c., sia quello di rilascio ex art. 665 c.p.c., assumono forma e natura di ordinanze non impugnabili, avverso le quali è ammissibile esclusivamente l’opposizione tardiva, mentre l’appello rimane limitato alle sole ipotesi in cui le ordinanze siano state emesse in mancanza di un presupposto legale di ammissibilità del procedimento speciale, assumendo valore di sentenza. Peraltro, non può ritenersi carente tale presupposto nel caso in cui, eseguito il pagamento del canone e degli interessi da parte del conduttore, rimanga, tuttavia, contestata la tempestività.
Cassazione civile , sez. III, 21 novembre 2001, n. 14720

L’ordinanza di convalida della licenza o dello sfratto, pur essendo in linea di principio impugnabile soltanto con l’opposizione tardiva, ex art. 668 c.p.c., è, tuttavia, soggetta al normale rimedio dell’appello se emessa in difetto dei presupposti prescritti dalla legge e, quindi, al di fuori dello schema processuale ad essa relativo, essendo, in tal caso, equiparabile, nella sostanza, ad una sentenza anche ai fini delle impugnazioni.
Cassazione civile , sez. III, 25 luglio 2001, n. 10146

L’ordinanza di convalida non ha natura di sentenza, e non è dunque impugnabile, se non è emessa al di fuori dello schema tipico del procedimento sommario disciplinato dall’art. 663 c.p.c., il quale è rispettato tutte le volte che l’ordinanza sia stata emessa ritualmente, in presenza dei presupposti formali previsti per la sua adozione. Fra questi si annovera, nel caso di sfratto intimato per mancato pagamento del canone (ovvero degli oneri accessori, com’è assolutamente pacifico), “l’attestazione del locatore o del suo procuratore che la morosità persiste” (art. 663, comma 3, c.p.c.), e non già la verità della dichiarazione stessa, che attiene all’effettiva sussistenza della morosità e concerne dunque un aspetto sostanziale. Ne consegue che l’eventuale falsità della dichiarazione di persistenza della morosità di cui al comma 3 dell’art. 663 c.p.c. non consente di utilizzare avverso il provvedimento di convalida dello sfratto i mezzi ordinari d’impugnazione previsti per le sentenze (salva la revocazione ex art. 395, n. 1 c.p.c., a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 51 del 1995), restando le eventuali ragioni dell’intimato affidate all’azione risarcitoria.
Cassazione civile , sez. III, 12 gennaio 2000, n. 247

Nel procedimento per convalida di sfratto per finita locazione, l’ordinanza pronunziata a norma dell’art. 663 c.p.c. con cui lo sfratto è stato convalidato deve contenere la condanna dell’intimato al rimborso delle spese sostenute dal locatore per gli atti del procedimento. Il mancato riconoscimento del diritto al rimborso delle spese del giudizio di convalida si risolve in un vizio di omissione di pronunzia che rende l’ordinanza – in virtù del principio di prevalenza della sostanza sulla forma – impugnabile con il rimedio dell’appello.
Cassazione civile , sez. III, 22 marzo 1999, n. 2675

In tema di locazione, il mancato pagamento del canone anche per una sola mensilità giustifica la risoluzione del contratto, giusta disposto dell’art. 5 della l. n. 392 del 1978, senza che tale norma possa considerarsi incostituzionale (per contrasto con l’art. 3 della Carta fondamentale) alla luce di una pretesa disparità di trattamento sancita dal legislatore con riferimento all’ipotesi di mancato pagamento degli oneri accessori, ipotesi equiparata, agli effetti della risoluzione, al mancato pagamento del canone, ma differentemente disciplinata quanto all’importo (che deve risultare superiore a quello di due canoni). Il canone di locazione, difatti, ponendosi in rapporto di corrispettività con la prestazione del locatore, integra, con quest’ultima, la causa (onerosa) del contratto, mentre gli oneri accessori (che costituiscono un mero rimborso spese anticipate dal locatore) sono del tutto fuori dal sinallagma contrattuale (cui appaiono, per vero, solo indirettamente riferibili), così che il mancato pagamento degli stessi determina un vizio funzionale della “causa negotii” soltanto quando l’importo non pagato sia talmente elevato da alterare apprezzabilmente l’equilibrio delle reciproche prestazioni, sopprimendo l’interesse oggettivo del locatore alla prosecuzione del rapporto.
Cassazione civile , sez. III, 21 dicembre 1998, n. 12769

La speciale sanatoria della morosità del conduttore prevista dall’art. 55 l. 27 luglio 1978 n. 392 è subordinata al pagamento integrale oltre dei canoni scaduti, degli interessi legali e delle spese processuali liquidate dal giudice, per cui in caso di pagamento incompleto la morosità persiste e va escluso che l’inadempimento residuo sia suscettibile di nuova verifica sotto il profilo della gravità.
Cassazione civile , sez. III, 09 febbraio 1998, n. 1320

La speciale sanatoria della morosità del conduttore trova applicazione soltanto nel procedimento di convalida di sfratto per morosità di cui all’art. 658 c.p.c. e non pure quando sia introdotto un ordinario giudizio di risoluzione del contratto per inadempimento, nel qual caso, ai sensi del comma 3 dell’art. 1453 c.c., non è consentito al conduttore adempiere la propria obbligazione dopo la proposizione della domanda. Tale sanatoria è subordinata, dal comma 1 dell’art. 55 Legge n. 392 del 1978, al pagamento oltre che dei canoni scaduti, anche degli interessi legali e delle spese processuali liquidate dal giudice. Ne consegue che, in caso di incompleta sanatoria, legittimamente viene emessa, una volta scaduto il termine di grazia, ordinanza di convalida ex art. 663 c.p.c., dovendosi ritenere che la morosità persiste, senza che l’inadempimento residuo sia suscettibile di una nuova verifica sotto il profilo della gravità.
Cassazione civile , sez. III, 07 agosto 1996, n. 7253


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