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La procedura fallimentare in campo immobiliare


Nuovi limiti dimensionali per le imprese fallibili, rinuncia al rito camerale, unificazione dei termini di impugnazione, salvaguardia della segretezza e della riservatezza della corrispondenza della persona fisica, cessazione automatica degli effetti sul patrimonio del fallito e delle incapacità personali, sono solo alcune delle novità introdotte dal decreto legislativo modificativo dalla vigente legge fallimentare.

Il primo gennaio 2008 sono entrate in vigore alcune nuove regole in tema di fallimento contenute nel d. lgs n. 168/2007 e alcune disposizioni, tranne qualche eccezione (come ad es. le modalità di vendite fallimentari e la possibilità per il fallito di esercitare attività commerciale dopo la chiusura del fallimento) si applicheranno anche alle procedure attualmente pendenti.

Tra le principali novità ci sono i nuovi requisiti che renderanno più difficile l’esenzione dell’imprenditore dalla procedura.
Vediamone, in sintesi, alcune.

Per essere assoggettate a fallimento e a concordato preventivo le imprese non dovranno superare tre parametri stabiliti dalla legge fallimentare, con l’onere della prova a carico del debitore, e cioè: avere avuto, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro 300.000; avere realizzato, in qualunque modo risulti, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore a euro 200.000; avere un ammontare di debiti anche non scaduti, non superiore ad euro 500.000.

In ogni caso non si darà luogo alla dichiarazione di fallimento se l’ammontare dei debiti scaduti e non pagati risultanti dagli atti dell’istruttoria prefallimentare è complessivamente inferiore a 30.000 euro (art. 1)
Al fine di garantire la parità di trattamento e il diritto di difesa di cui agli articoli 3 e 24 della Costituzione è stato eliminato il rito camerale ristabilendo il modello del contenzioso ordinario per le controversie derivanti dal fallimento ed attribuite alla competenza del tribunale fallimentare (es. revocatorie fallimentari) (art. 24).

Unificati e stabiliti a 30 giorni, tutti i termini di impugnazione relativi al procedimento fallimentare (reclamo contro la sentenza dichiarativa di fallimento e ricorso per cassazione su tale reclamo) (art. 24).
Non è più richiesto al creditore, dotato di prelazione, di indicare, nell’istanza di ammissione al passivo, la graduazione del suo credito; né è più richiesto al giudice delegato di indicare il grado del diritto di prelazione nel provvedimento di accoglimento della domanda. (art. 93/96).

Il parere di liquidazione non sarà più da sottoporre al parere del giudice delegato, bensì all’approvazione del comitato dei creditori. Di contro, al giudice viene richiesto di autorizzare gli atti di vendita previa verifica della conformità degli atti di liquidazione rispetto al programma (art. 104 ter).
Attribuito al comitato dei creditori il potere di autorizzare il curatore di delegare a terzi, specifiche operazioni nonché ad impiegare le somme riscosse nella procedura in strumenti diversi dal deposito in c/c. Il programma di liquidazione sarà sottoposto all’approvazione del comitato dei creditori. Viene esclusa, per i componenti del comitato, la responsabilità colposa per culpa in vigilando prevista dall’art. 2407, 2° co. C. c. (art. 34,41,104 ter).

La corrispondenza deve essere ricevuta dalla persona fisica, mentre nel caso di corrispondenza del fallito che abbia agito quale legale rappresentante di società è prevista la consegna diretta al curatore della stessa (art. 48).
Tra gli atti esentati dall’azione revocatoria fallimentare sono stati aggiunti i preliminari di vendita trascritti ai sensi dell’art. 2645 bis c.c. conclusi a giusto prezzo ed aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo, destinati a costituire l’abitazione principale dell’acquirente o di suoi parenti e affini entro il terzo grado. (art. 67, 2°co.).

In caso di fallimento del locatore il contratto non si scioglie ma vi subentra il curatore, il quale se la durata del contratto sia complessivamente superiore a quattro anni dalla dichiarazione di fallimento, il curatore può, entro un anno dalla stessa, recedere dal contratto corrispondendo al conduttore un equo indennizzo per l’anticipato recesso il quale ha effetto decorsi quattro anni dalla dichiarazione di fallimento.
In caso di fallimento del conduttore, il curatore può recedere in qualsiasi momento del contratto corrispondendo al locatore un equo indennizzo per l’anticipato recesso (art. 80).

Per poter presentare la proposta di concordato fallimentare, il fallito deve avere tenuto la contabilità in modo che i dati risultanti dalla stessa e le altre notizie disponibili consentano al curatore di predisporre un elenco provvisorio dei creditori (art. 124).
La normativa, infine, dispone che con la chiusura del fallimento cessano automaticamente tutti gli effetti sul patrimonio del fallito nonché le incapacità personali del debitore.

Ciò consegue all’intervenuta abolizione del registro dei falliti di cui all’art. 50 ed alla sostituzione dell’istituto della riabilitazione con la possibilità di accesso al beneficio dell’esdebitazione (art. 120).
Le disposizioni relative a quest’ultima troveranno applicazione anche ai fallimenti pendenti alla data di entrata in vigore della riforma del 16 luglio 2006, anche se le procedure si siano chiuse a tale data ma prima del 1 gennaio 2008.


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