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Campi elettrici e magnetici negli ambienti domestici


Il problema

La vita si è sviluppata sulla Terra in un ambiente naturale in cui i campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici presenti erano, sostanzialmente, il campo magnetico terrestre, per il quale la Terra si comporta come una grandissima calamita, e le oscillazioni del campo elettrico e magnetico che solitamente accompagnano le manifestazioni temporalesche.
Oggi, con lo sviluppo e la rapida diffusione di sempre nuove tecnologie basate sull’energia elettrica, i livelli d’esposizione ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici sono, in alcuni casi, sensibilmente superiori a quelli naturali. Consapevoli di questo, come utenti, sempre più spesso ci chiediamo quali possano essere gli effetti sanitari e i rischi effettivi per la nostra salute; l’attenzione nei confronti di potenziali rischi diviene ancor più elevata quando vengono introdotte nuove tecnologie o quando l’esposizione interessa spazi destinati ai bambini, quali gli asili nido o i parchi gioco.

Da alcuni anni, in Italia, un acceso dibattito, in cui sono coinvolti legislatori, amministrazioni locali, associazioni ambientaliste, e l’opinione pubblica in generale, vede contrapposti coloro che sostengono la totale innocuità dei campi elettromagnetici e chi ne afferma la massima pericolosità; le diverse opinioni, in qualche caso basate solo su affermazioni di principio, trascurano spesso le molteplici distinzioni. L’uso ormai diffuso di termini che pur non avendo alcun significato scientifico hanno un immediato impatto sull’immaginario collettivo, quali ad esempio “elettrosmog”, contribuisce a ingenerare nel cittadino oltre che un senso di sfiducia nei confronti delle istituzioni e della ricerca scientifica anche un livello di percezione del rischio a volte esasperato rispetto agli effetti sanitari ad oggi accertati.

In questa prima parte dell’articolo introdurremo i concetti fisici di base utili per la comprensione del problema. Presenteremo inoltre i livelli d’esposizione ai campi elettrici e magnetici a frequenza di rete, cioè quelli presenti in ambiente domestico a seguito del comune impiego dell’elettricità, ed i livelli di esposizione ai campi elettromagnetici a radiofrequenza e alle microonde prodotti dagli impianti di trasmissione radiotelevisivi e dalle stazioni radiobase per telefonia mobile. Nella seconda parte, che sarà pubblicata nel prossimo numero della rivista, analizzeremo quali sono, sulla base delle attuali conoscenze, gli effetti sull’organismo umano delle esposizioni dovute all’uso quotidiano degli elettrodomestici e i potenziali rischi per la salute.

Lo spettro elettromagnetico

E’ importante innanzi tutto ricordare che i campi elettrici e i campi magnetici comunemente chiamati a frequenza di rete, le radiofrequenze e le microonde, fanno parte di una famiglia ben più ampia, nota con il termine di radiazioni elettromagnetiche, con settori d’applicazione tra loro molto diversi a seconda degli intervalli di frequenza .
Notiamo, sempre nella Figura 1, una prima fondamentale distinzione tra Radiazioni Non Ionizzanti (NIR, dalle iniziali delle parole inglesi Non-Ionizing Radiation) e Radiazioni Ionizzanti (IR, da Ionizing Radiation). In cosa si differenziano?
Il termine radiazione si usa comunemente per descrivere fenomeni di diversa natura, quali, ad esempio, l’emissione di luce da una lampada, di calore da una fiamma, di particelle da una sostanza radioattiva, e in comune i differenti tipi di emissioni hanno la capacità di propagarsi nello spazio trasportando una forma d’energia che può essere ceduta agli elettroni presenti nella materia con la quale, lungo il percorso, interagiscono.

Quando l’energia della radiazione ceduta agli elettroni è quantitativamente superiore a quella che li tiene legati all’atomo, l’elettrone che ha acquistato energia diviene in grado di rompere il proprio legame e abbandonare l’atomo, lasciandolo quindi privo di una carica elettrica negativa. Questo processo prende il nome di ionizzazione della materia e l’atomo, non più neutro ma divenuto carico positivamente, è chiamato ione (in questo caso si tratta di uno ione positivo). Così, nello spettro delle onde elettromagnetiche, le radiazioni ionizzanti, che comprendono i raggi X ed i raggi gamma, sono quelle che hanno energia sufficiente a ionizzare la materia.
Se la radiazione elettromagnetica non ha energia sufficiente per strappare via l’elettrone dall’atomo al quale è legato, l’energia assorbita dalla materia porta gli atomi, ancora elettricamente neutri, in uno stato energetico “eccitato”. Ed è questo il caso in cui parliamo di radiazioni non ionizzanti. Lo spettro delle Radiazioni Non Ionizzanti comprende i Campi Elettrici ed i Campi Magnetici statici, i Campi a frequenze estremamente basse (ELF, dall’inglese Extremely Low Frequencies), le Radiofrequenze (RF), le Microonde (MO), la Radiazione Infrarossa (IR), la Radiazione Visibile (VIS) e la Radiazione Ultravioletta (UV).

Campo elettrico, campo magnetico e campo elettromagnetico

Per capire il significato fisico del termine “campo”, utilizzato prima per i campi elettrici e magnetici, è utile prendere come esempio il fenomeno della gravità, con il quale abbiamo consuetudine sin da bambini. Molto presto impariamo, infatti, che un corpo posto a una certa altezza e lasciato libero, ovvero non trattenuto da alcun vincolo, inevitabilmente cade per terra. Questo avviene a causa di una delle proprietà intrinseche dei corpi materiali, che è quella di attrarsi. I corpi materiali, infatti, esercitano reciprocamente, indistintamente uno sull’altro, una forza di tipo attrattivo, e l’intensità della forza è tanto maggiore quanto più grandi sono le loro masse. Poiché la massa del nostro pianeta è enormemente più grande di quella degli altri corpi alla nostra portata, l’intensità della forza esercitata dalla Terra è tale che sembra che tutte le cose siano attratte solo dal nostro pianeta (determinandone il peso), e non abbiamo alcun sentore della forza d’attrazione reciproca fra corpi o della debole forza d’attrazione che il nostro corpo, a sua volta, esercita nei confronti della Terra. In Fisica, quando un oggetto subisce l’azione di una forza in qualunque punto dello spazio venga posto e in qualsiasi istante, a differenza di quello che avviene, per esempio, se si batte su un chiodo con il martello, si parla non più genericamente di una forza, ma di un campo di forze; la forza peso viene allora interpretata affermando che la massa della Terra genera nello spazio circostante un campo di forze, detto campo gravitazionale. Il campo gravitazionale è generato da una massa e solo le masse sono in grado di risentirne l’azione.

Anche due cariche elettriche esercitano reciprocamente tra loro una forza, la forza elettrica, la quale, anche in questo caso, è tanto più intensa quanto più grandi sono le cariche. Per analogia, possiamo dire che una carica elettrica, per la sua sola presenza nello spazio, genera intorno a sé un campo elettrico, che solo altre cariche elettriche sono in grado di “sentire”, nel senso che subiranno l’azione di una forza dovuta proprio alla presenza della prima carica.

Naturalmente, ogni carica, come ogni massa, può essere vista come sorgente, rispettivamente, di un campo elettrico o di un campo gravitazionale. Assegnare il ruolo tra chi è sorgente del campo e chi ne subisce l’azione è solo legato a una convenzione, o a forti differenze esistenti tra le cariche in gioco o tra le masse, come nel caso del campo gravitazionale generato dalla Terra. Una profonda differenza caratterizza, però, il campo gravitazionale e il campo elettrico. In natura c’è un unico tipo di massa, e le forze gravitazionali sono sempre di un tipo, a carattere attrattivo. Esistono invece cariche elettriche positive e cariche negative, e tra loro si esercita una reciproca forza attrattiva quando le cariche sono di segno opposto, o repulsiva se le cariche sono dello stesso segno. Il concetto di campo elettrico, E, è stato dunque introdotto in Fisica per descrivere la natura e la distribuzione spaziale delle forze che, generate da cariche elettriche, fanno risentire la propria azione su altre cariche elettriche. Nel Sistema Internazionale delle unità di misura (SI) l’intensità del campo elettrico si esprime in volt al metro (V/m).

Si può osservare, inoltre, che quando le cariche elettriche non sono ferme nello spazio, ma si muovono, per esempio come una corrente elettrica in un filo conduttore, nello spazio circostante si genera un altro tipo di campo di forze, che noi chiamiamo campo magnetico, il quale è in grado di agire su un’altra corrente che circoli nelle sue vicinanze con una forza di tipo attrattivo o repulsivo a seconda che le correnti nei due conduttori fluiscano, rispettivamente, in verso opposto, o nello stesso verso. Mediante il concetto di campo magnetico descriviamo, quindi, la perturbazione delle proprietà dello spazio determinata dalla presenza di una corrente elettrica, perturbazione che si manifesta con una “forza magnetica” che agisce su ogni altra corrente elettrica presente nel campo. L’unità di misura della corrente elettrica è l’ampere (A) e le forze magnetiche si rappresentano mediante l’intensità del campo magnetico, H, misurato in ampere al metro (A/m). Per descrivere un campo magnetico nel vuoto, in aria, o in materiali non magnetici (quali sono gli organismi viventi) possiamo anche utilizzare la grandezza induzione magnetica, B, proporzionale a H, che si misura in tesla (T).

Dunque, le cariche e le correnti elettriche sono, rispettivamente, le sorgenti materiali del campo elettrico e del campo magnetico. Se le cariche sono ferme, nello spazio circostante il campo magnetico è nullo e si è in presenza solo di un campo elettrico costante, la cui intensità quindi in ogni punto dello spazio non cambia nel tempo. Anche quando le cariche si muovono con velocità costante (corrente continua), cioè quando la quantità di carica che fluisce nel conduttore non varia, sia il campo elettrico generato dalla presenza delle cariche in sé che il campo magnetico prodotto dalle cariche in movimento sono costanti e la loro intensità non cambia nel tempo (campi statici).

Cosa accade, invece, nel caso in cui le cariche si muovano con velocità variabile?
Consideriamo, come esempio, il caso di una carica che si muove entro un segmento di materiale conduttore oscillando da A a B, avanti e indietro, con una velocità variabile che si annulla e cambia di verso ogni volta che raggiunge una delle due estremità del segmento . Questo sistema, che si chiama dipolo elettrico, è il tipico caso dell’antenna delle radio a transistor. Se andiamo a misurare l’intensità del campo elettrico generato dalla carica e l’intensità del campo magnetico prodotto dalla stessa carica in movimento, ci accorgiamo che ci troviamo in presenza di campi variabili la cui intensità oscilla tra un valore minimo e un valore massimo, con una periodicità nel tempo e nello spazio .

Il tempo necessario alla carica per compiere un’oscillazione completa, da A a B fino a tornare nuovamente in A, che, come già detto, coincide con il tempo che intercorre per esempio fra due valori massimi dell’onda, prende il nome di periodo T dell’onda ed è espresso in secondi (s). L’inverso del suo valore corrisponde, per definizione, al numero di oscillazioni complete effettuate dalla carica in un secondo. Questa importante grandezza è detta frequenza del campo variabile nel tempo ed è espressa in hertz (Hz). La frequenza di 1 Hz corrisponde ad un’oscillazione completa al secondo; un battito cardiaco di 60 pulsazioni al minuto, pari a una pulsazione al secondo, ha quindi proprio la frequenza di 1 Hz.

Si può inoltre vedere che se nel campo magnetico variabile generato da una corrente elettrica poniamo un filo conduttore, la forza del campo magnetico è in grado di esercitare la sua azione sulle cariche elettriche del filo mettendole in moto, generando cioè all’interno del conduttore una corrente elettrica. Se ne deduce che un campo elettrico può essere generato non solo da una distribuzione di carica elettrica, ma anche da un campo magnetico variabile nel tempo, così come un campo magnetico può essere generato, non solo da una corrente elettrica, ma anche da un campo elettrico variabile nel tempo. In altre parole, quando si è in regime variabile nel tempo, il campo elettrico e il campo magnetico divengono, reciprocamente, uno sorgente (cioè causa) dell’altro. Durante questa mutua generazione, (il campo elettrico genera il campo magnetico, il quale a sua volta genera un campo elettrico, e quest’ultimo genera un nuovo campo magnetico e così via), i campi non si mantengono più localizzati attorno alla loro sorgente, ma si propagano a distanza indefinita nello spazio, assumendo un andamento di tipo radiativo, definito campo elettromagnetico. Le onde elettromagnetiche non sono altro che una rappresentazione del modo di propagarsi dei campi elettromagnetici nei casi in cui questi oscillino con andamento sinusoidale sia nel tempo che nello spazio, come nel caso delle radiazioni solari o delle onde radio. La frequenza è il parametro più rappresentativo dell’onda elettromagnetica ed è anche quello che principalmente caratterizza le sue modalità d’interazione con un sistema biologico e ne determina gli effetti, al punto che un’onda elettromagnetica, di data intensità, può essere pressoché innocua, o molto pericolosa, a seconda della sua frequenza.

I campi a frequenze estremamente basse (in particolare quelli a 50 Hz), così come i campi statici, non si comportano come un campo elettromagnetico o un’onda elettromagnetica perché, in pratica, non si propagano nello spazio, come nel caso della luce di una lampada o delle onde emesse da una stazione radio o televisiva, ma agiscono in uno spazio limitato in prossimità della sorgente. In questo caso il campo elettrico e il campo magnetico non interagiscono fra loro, le rispettive proprietà fisiche danno luogo a fenomeni distinti, e gli effetti biologici e sanitari devono essere studiati separatamente.

I livelli d’esposizione in ambiente domestico

Campi statici

Per farci un’idea dell’ordine di grandezza dei livelli d’esposizione che tratteremo in seguito, come confronto, ricordiamo che, in vicinanza della superficie terrestre, in una giornata di bel tempo è presente un campo elettrico statico naturale di circa 130 V/m, valore che può arrivare fino a 40 kV/m (40.000 V/m) durante tempeste e uragani.
Il campo magnetico statico terrestre ha una componente verticale che ai poli magnetici raggiunge il suo valore massimo, pari a 70 µT (70 milionesimi di tesla), ed è praticamente zero all’equatore. La componente orizzontale è, invece, praticamente nulla ai poli mentre raggiunge il valore massimo di 30 µT all’equatore.

La principale fonte di campi elettrici statici nell’ambiente, dovuta ad attività umane, è la separazione di cariche elettriche prodotte nelle azioni di strofinio fra materiali isolanti. Camminare su di un tappeto o una moquette realizzati con materiali isolanti può produrre nelle vicinanze del corpo campi elettrici statici compresi fra 10.000 e 500.000 V/m (pari a 10 e 500 kV/m). Il maneggiare o utilizzare plastiche può generare campi elettrici statici anche fino a diverse centinaia di chilovolt al metro nelle vicinanze del corpo. Altra tipica sorgente di campi elettrici statici è il monitor dei calcolatori, in grado di produrre campi compresi fra 100 e 300 kV/m a distanza di 5 cm dallo schermo, che si riducono a valori compresi fra 10 e 20 kV/m a 30 cm.

Per quanto riguarda le sorgenti artificiali di campi magnetici statici, si misurano a livello della superficie di un telefono valori di induzione magnetica compresi fra 300 µT e 1000 µT. L’uso di coperte elettriche e materassi riscaldanti genera campi magnetici statici di circa 5000 µT, valori che si riducono molto velocemente entro pochi millimetri di distanza. I campi magnetici statici generati da tutti i dispositivi alimentati con comuni pile elettriche sono invece sempre molto più piccoli del fondo naturale.

campo magnetico


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