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Passeggiando dalle parti di piazza Navona


Percorriamo la stretta viuzza di Pasquino: le palazzine l’una addossata all’altra parlano d’antico. E all’improvviso s’imbocca in un enorme spazio, il cuore s’illumina, respiriamo a pieni polmoni la grandezza sublime di Piazza Navona. Brulica di vita; siamo sotto le feste natalizie e come ogni anno sono tornate le bancarelle a vendere dolciumi, giocattoli, statuine del presepe, befanine di pezza…mentre gli immancabili artisti ritraggono volti di romani e stranieri. Tra lo schiamazzo della folla, la confusione e i colori, le tre fontane vengono quasi inghiottite: ma al centro non passa inosservata l’allegorica fontana dei Quattro Fiumi eretta dal Bernini nel 1651 e sormontata dall’obelisco che richiama da lontano i visitatori e le macchinette fotografiche.

Un obelisco che sembra sfidare le leggi della statica e perciò diede adito all’epoca a cattive dicerie che giunsero alle orecchie dell’artista: egli allora si racconta, per farsi beffa dei suoi denigratori, lo legò alla base con quattro cordicelle fragilissime che simulavano funi di ancoraggio! La fontana è costituita da un basamento a scogliera, le personificazioni colossali del Gange, del Danubio, del Rio della Plata che alza un braccio come per ripararsi dall’ipotetico crollo della chiesa di Sant’Agnese che gli sta di fronte e infine il Nilo nell’atto di coprirsi gli occhi per non vedere. E’ la malignità popolare che tramanda questa interpretazione dei gesti delle statue, che starebbe a testimoniare la rivalità tra il Bernini, autore della fontana, e il Borromini, autore della chiesa.

Peccato che l’architetto mise mano a Sant’Agnese due anni dopo la costruzione della fontana e perciò sarebbe rimasto difficile al Bernini prevedere l’intervento dell’avversario e diffamarlo! Ma ispirati da questa leggenda ci volgiamo verso l’opera borrominiana e scopriamo un capolavoro barocco, l’anelito pietrificato di un artista verso la salvezza. Il luogo di culto sorse tra il sec. VIII e il 1123 là dove si narra che la santa fu esposta nuda alla gogna e fu ricoperta dai suoi lunghi capelli scioltisi per miracolo. Ma la chiesa attuale che ammiriamo oggi è quella iniziata da Girolamo e Carlo Rainaldi nel 1652 sotto Innocenzo X e ultimata da Francesco Borromini tra il 1653 e il 1657: una facciata percorsa dal brivido del dinamismo, ogni cellula pulsa nel gioco del concavo e del convesso, delle luci e delle ombre…e la tensione architettonica è il riflesso della tensione religiosa e morale di un artista introverso, austero, tormentato dalla ricerca inesausta della salvezza che si rispecchia nel tentativo di ascensionalità dell’architettura. La materia utilizzata è umile, la fatica artigianale è esaltata, Francesco Borromini amava lavorare per gli ordini poveri religiosamente impegnati.

E allora è facile comprendere le cause che danno adito alla leggenda della rivalità se confrontiamo la sua personalità con quella del Bernini,  artista estroverso, mondano e di corte, traboccante di invenzioni sontuose. Il Borromini trascorse il suo momento di gloria suggellato da committenze papali con Innocenzo X, durante l’unico e breve periodo di declino del Bernini. Per di più, nonostante  che la costruzione di Sant’Agnese fosse portata avanti in tempi record, il prestigioso incarico fu perso dal Borromini alla morte del pontefice pamphiliano, giacchè il nuovo committente Camillo Pamphili, era più orientato verso Bernini…Tra i due artisti dunque non poteva scorrere buon sangue.

Accanto alla chiesa di Sant’Agnese in Agone sorge il Palazzo Pamphilj, eretto nella prima metà del Seicento e regalato da papa Innocenzo X a sua cognata, Olimpia Maidalchini, ai cui abili intrighi si diceva che dovesse l’elezione. Quest’ultima era soprannominata “la Pimpaccia di Piazza Navona”, non godeva di simpatie presso i romani e lo stesso Pasquino scherzava su di lei! E per abitare in un palazzo e in una piazza degni di fama, pare che fosse stata lei a spingere papa Innocenzo X a commissionare al Bernini e al Borromini le opere che hanno reso il luogo inconfondibile.
Ma torniamo ora alla piazza. Che cos’è oggi per noi Piazza Navona? E’ una delle più spettacolari ricchezze di Roma, è il luogo rituale dei festeggiamenti natalizi, è la residenza di gente famosa che abita gli attici che si affacciano su di essa, è il ristoro per i turisti presso i bar che l’affollano…ma il caldo abbraccio delle curve ellittiche della piazza sono la testimonianza di una storia antica e gloriosa.
Infatti se andiamo a curiosare nella cripta di Sant’Agnese o negli scantinati dei palazzi  disposti lungo il perimetro, scopriamo che essi sono arroccati sui resti dello stadio voluto dall’imperatore Domiziano e ne ridisegnano dunque le antiche curve, anche se il livello della piazza con il trascorrere degli anni si è innalzato rispetto a quello dell’arena.

La piazza recintata in legno ai tempi di Cesare ed Augusto per i ludi ginnici, poi divenuta anfiteatro per i ludi quinquennali sotto Nerone, deriva l’attuale forma e dimensioni dallo Stadio di Domiziano ( lungo m 276 e largo m 106 ) fatto costruire dall’imperatore poco prima dell’ 86 d.C. all’indomani  dell’incendio che aveva danneggiato parte del centro di Roma e lo autorizzava a ricostruire o restaurare numerose opere pubbliche.

Chiudiamo gli occhi ed è suggestivo immaginare 30.000 spettatori romani disposti sulle gradinate che s’affacciavano sulla arena e gli atleti entrare dalla porta trionfale disposta nel breve lato curvo orientato a nord; l’edificio di due piani aveva una ricca decorazione architettonica e scultorea.
Tuttavia Domiziano, non era stato un imperatore amato dal popolo, tanto è che insieme alla morte si abbattè su di lui la furiosa falce della damnatio memoriae: vennero distrutte le statue che lo raffiguravano e venne cancellato il suo nome dallo stadio.

Dal Medioevo in poi, su di esso sorsero insieme alle abitazioni, oratori e torri e nel Rinascimento chiese e palazzi e nel 1477  vi fu trasferito dal Campidoglio il mercato. E insieme a queste trasformazioni venne modificato anche il nome: Campus Agonis, Agon, Agones, Nagone, Navone, fino all’attuale Navona.

E poi è cara a tutti noi una delle immagini più suggestive della piazza, quando veniva allagata per giocare con l’acqua  durante l’afa estiva! Infatti è dal 23 giugno del 1652 che ha inizio tale consuetudine:  sfruttando la sua forma concava, si chiudevano le fognature e si lasciavano traboccare le fontane…In tali occasioni, i nobili sfilavano con le loro carrozze addobbate, facendo a gara nello sfarzo delle invenzioni: nel 1703, si racconta che il principe Pamphili entrò in acqua con un maestoso calesse a forma di gondola dorata! Dal 1676 e poi ripetutamente nella prima metà del Settecento, l’allagamento fu sospeso più volte per la paura che favorisse la diffusione di epidemie; tuttavia sembra che l’ultimo risalga al 1865.

Terminato il nostro viaggio nel passato , l’ultima tappa prima di tornare ai nostri giorni è quella della nascita dello stato italiano: fu allora che il mercato ortofrutticolo venne trasferito a Campo de’ Fiori e al suo posto a Piazza Navona è subentrato il famoso mercato dell’Avvento.
Passeggiare per Piazza Navona allora vuol dire intraprendere  un viaggio attraverso i secoli: ieri e oggi è stata ed è un luogo affollato da un popolo multietnico, in un tripudio di luci e colori, nel frastuono di voci e dello scrosciare dell’acqua…


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