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Le ciampate del diavolo


Nel Parco regionale di Roccamofina, in località Foresta, esiste una zona molto particolare, tra castagni e sugheri, ammantata di una suggestione che risale a ben cinque milioni di anni fa.

Il territorio offre spunti culturali di enorme importanza se si considerano i resti archeologici presenti nel sito della città di Sessa. Lo stesso litorale prospiciente di Baia Domizia, a pochi chilometri, lascia riaffiorare spesso in superficie resti datati di anfore o di busti marmorei. Il Parco regionale si estende per circa novemila ettari e comprende diversi comuni tra cui quello di Sessa che guarda a nord-est verso le montagne del Massico e a sud-ovest verso il mar Tirreno.

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Anche le orme del diavolo parlano ai visitatori degli albori della storia dell’uomo. Le orme del diavolo sono chiamate dai locali le ciampate del diavolo. Si tratta di orme fossili ritrovate in una località prossima al vulcano spento di Roccamofina. Sono impronte attribuite dagli studiosi all’uomo di Heidelberg comparso sulla terra ben cinque milioni di anni fa e appartenente al genere dell’ominide, precursore dell’uomo di Neanderthal, a metà strada tra l’uomo e la scimmia.

Queste orme fossili sono dette del diavolo perchè sono rimaste stampate su uno strato di lava vulcanica appena raffreddata in superficie, ancora allo stato plastico quando fu calpestata dagli ominidi: questi scendevano, forse velocemente, verso valle a due gambe, a tratti aiutandosi con gli arti superiori. In totale sono 56 impronte fermate nel tempo da uno strato di cenere che le ha coperte in una successiva eruzione vulcanica, conservandole. Sono state soprannominate le orme del diavolo perchè solo il diavolo, che appartiene al fuoco, può camminare sulla lava incandescente senza ustionarsi.

Queste impronte, dal comprensibile ed enorme valore storico, sono ben visibili e chiunque si trovi a passare da quelle parti, è opportuno che si fermi a dare un’occhiata per poter toccare con mano una prova tangibile che testimonia un momento dell’origine dell’uomo.


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