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Affitti d’oro: si apre la discussione in Parlamento


Oltre ai palazzi riservati al Parlamento (Palazzo Chigi, Palazzo Madama e Quirinale), gli onorevoli, se vogliono, possono prendere in affitto degli appartamenti per assicurarsi di essere presenti alle sedute.

In alternativa (o almeno dovrebbe essere un’alternativa), i politici nazionali dovrebbero poter percepire una diaria che rimborsi le spese di viaggio e le spese di alloggio nel caso la residenza non fosse a Roma.

Fin qui tutto bene, se non fosse che da anni gli onorevoli “godono” dell’utilizzo di più palazzi nei dintorni di quelli del potere: il caso più eclatante è il cosiddetto caso degli “affitti d’oro” di Palazzo Marini.

Per decenni il Palazzo è stato necessario per ospitare diversi parlamentari che via via si sono susseguiti nei vari governi. La notizia degli affitti d’oro è uscita fuori in clima di spending review e di tagli settoriali.

Infatti gli affitti di questi appartamenti erano a carico dello Stato e solo in minima parte dei prestigiosi inquilini. Mentre si chiedeva agli italiani di tirare la cinghia, si continuava a pagare un canone “cospicuo” per i due palazzi.

Un canone tanto cospicuo che – calcolato per gli anni di pagamento – avrebbe consentito di acquistarli, senza continuare a investire a fondo perduto! Ovviamente il gestore non ha nessun demerito in questo: come proprietario dei palazzi e avendo delle spese su di essi e sui comfort creati ad hoc, ha tutto il diritto di percepire un affitto congruo come corrispettivo ai servizi offerti.

Ci si chiede però perché, se questi palazzi sono così necessari, non si sia pensato ad una forma di leasing, che consentisse allo Stato di acquistare gli appartamenti, non fosse altro per non perdere quanto speso dai cittadini.

Il Movimento Cinque Stelle è stato il primo a rendersi conto dell’uso di Palazzo Marini e di chiedere spiegazione con un’interrogazione parlamentare. Purtroppo, l’appello è rimasto inascoltato.

Palazzo Marini continua la propria attività, senza che il singolo parlamentare paghi almeno la metà del canone di affitto per l’appartamento che utilizza per il proprio lavoro in Parlamento.

La zona centralissima di Roma e i costi di gestione del Palazzo fanno pensare seriamente a uno spreco di denaro pubblico, mentre il mercato immobiliare è al ribasso ed è sempre più difficile per l’italiano medio avere delle garanzie convincenti per un contratto di locazione.


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