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Il fascino del cimitero acattolico a Testaccio


All’ombra della Piramide Cestia, nel cuore del confusionario quartiere Testaccio, si trova un piccolo cimitero forse poco conosciuto ma che rappresenta un angolo di quiete, poesia e intimo raccoglimento nel centro di Roma. Da vedere assolutamente almeno una volta. Parlo del cimitero acattolico detto anche cimitero “degli inglesi”, “degli artisti” o “dei protestanti” sorto tra il ‘700 e l’800 in una zona che veniva chiamata “Prati del popolo romano”.

Ok a primo impatto l’argomento potrebbe sembrare un po’ lugubre ma perché a Parigi andiamo tutti a visitare il cimitero del Père Lachaise o quello di Montmartre come luoghi storici ed affascinanti (e lo sono davvero!)? Anche a Roma potremmo in misura minore fare la stessa cosa e rivalutare un piccolo cimitero come posto di valore e fascino.

Il cimitero acattolico nacque come luogo in cui seppellire persone non appartenenti alla religione cattolica e quindi considerate impure tra cui ebrei, ortodossi, protestanti ed anche suicidi. La prima sepoltura nota risale al 1738 ed è quella di George Langton, un ragazzo di famiglia aristocratica studente di Oxford morto giovanissimo all’età di 25 anni in seguito ad una caduta da cavallo. Pare che il ragazzo avesse manifestato tempo prima la volontà di venire sepolto ai piedi della Piramide Cestia in caso di morte improvvisa. La vicenda sembrava essere una leggenda fino a quando durante alcuni scavi nel 1928 fu ritrovata intatta la lapide di Langton con tanto di iscrizione funeraria.

Il piccolo e magico cimitero fu aperto ufficialmente nel 1821 e da allora custodisce in un’atmosfera di serenità le tombe di centinaia di giovani provenienti da varie parti d’Europa attratti dal fascino della città eterna ed in cerca di arte e poesia. Aggirandoci tra i cipressi per i vialetti ricchi di verde e di gatti che dormono al sole possiamo ammirare tra le altre la tomba dei grandi poeti inglesi John Keats e Percy Shelley e quella degli italiani Antonio Gramsci e Carlo Emilio Gadda.

Keats morì di tubercolosi in un freddo giorno di febbraio del 1821 dopo soli tre mesi di permanenza a Roma, in cui era arrivato per cercare beneficio dalla malattia che lo tormentava. Si spense tra le braccia del suo grande amico Shelley, appassionato come lui di letteratura e poesia e che lo avrebbe seguito un anno più tardi.

Vivendo a Roma non si può perdere l’occasione di immergersi in questa atmosfera di meraviglia fuori dal tempo da assaporare con calma. Il cimitero acattolico merita sicuramente una visita.


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