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I condomini di Roma antica


Il  condominio a Roma  è una realtà antica. Le case in affitto si trovavano in edifici alti venti metri, senza servizi , né acqua corrente, si viveva con il pericolo continuo d’incendi e i rumori diurni e notturni rendevano invivibile la vita..

Noi che viviamo nei palazzi a più piani,con gli annessi problemi condominiali, in quei quartieri intensivi  di Roma che lasciano poco spazio al verde, sinceramente invidiamo la vita di chi abita in edifici bassi, possibilmente circondati dai giardini, in vie poco trafficate, dove è possibile trovare parcheggio, e magari pensiamo che un tempo la vita nella nostra città doveva essere migliore, più vivibile, ed invece scopriamo, leggendo gli scritti degli autori antichi, che i “palazzoni” sono sempre esistiti e che la povera gente viveva stipata come sardine e usava l’abitazione in alcuni casi solamente come “dormitorio”.

Certo, esistevano anche le domus, cioè le case per una sola famiglia, sia che fossero signorili sia povere catapecchie,  ma chi stava in affitto viveva nell’insula, cioè in edifici a più piani, con botteghe a livello strada ed appartamenti ai piani superiori (coenacula) che il proprietario (dominus insulae) aiutato a volte da un amministratore (insularius, procurator) affittava a varie persone (inquilini) .
Ma per quale ragione, già dal tempo della Roma repubblicana furono costruite abitazioni in altezza a carattere collettivo? Forse l’idea di sopraelevare botteghe e magazzini, per usarli  come abitazioni di fortuna, ha portato in un secondo tempo, per carenza di spazio e in assenza di norme edilizie,  ad innalzare gli edifici per soddisfare l’aumentata richiesta di alloggi,  dovuta al massiccio incremento demografico, conseguenza dello sviluppo economico.
Livio ci riferisce che, nel 218 a . C. nel foro Boario, un bue era salito fino al terzo piano di una casa, per poi precipitare nel vuoto, spaventato dalle urla degli inquilini ! E così indirettamente con questa storiella possiamo datare la presenza dei condomini nell’antica Roma a partire dal III sec. a.C.

LE LEGGI PER LIMITARE GLI ABUSI
Insulae alte come grattacieli, costruite in legno, malsane, insicure, a rischio incendio, era necessario che si intervenisse con delle normative, così per evitare la costruzione di palazzi troppo alti e poco sicuri, frutto di sconsiderate speculazioni, durante il regno dell’imperatore Augusto venne stabilito che i fabbricati non potevano  superare l’altezza di 70 piedi ( circa 21 metri, equivalenti a 5 o 6 piani ) .In seguito, l’incendio appiccato da Nerone nel 64 d. C. contribuì sicuramente a migliorare l’assetto urbanistico della città, eliminando le casupole che sorgevano tra i monumenti e le grandi dimore private, inoltre  incentivò la costruzione di edifici costruiti in mattoni e muniti di porticati,utili sia per scopi pratici, sia per conferire ai caseggiati e alle strade un aspetto più regolare.
Con l’imperatore Traiano  si cercò ulteriormente di abbassare il limite massimo a 17 metri, ma attenzione, tale misura si riferisce solo alla facciata dell’edificio e non riguarda gli eventuali corpi arretrati, per cui è facile immaginare che le sopraelevazioni abbiano proseguito a proliferare! E Giovenale scriveva:”Noi abitiamo una città puntellata in gran parte con sostegni che hanno la fragilità della canna; è questo infatti il bel rimedio trovato dall’amministratore quando il casamento sta per crollare; poi passata una mano di bianco su una fenditura apertasi al tempo dei tempi, ti dice:”Ora puoi dormire tranquillo .E intanto la casa minaccia di caderti addosso…”


STRUTTURA DEI PALAZZI

Sulla strada aprivano le antiche botteghe, le tabernae,così come oggi noi abbiamo i negozi, a rendere movimentata la via, grazie alla folla degli acquirenti.
Erano costituite da ambienti “ a volta”, divisi in altezza da un soppalco, che prendeva luce da una piccola finestra posta sopra l’ampia porta d’ingresso, e si accedeva a questi ammezzati tramite una scaletta  sistemata in un angolo dell’ambiente; è qui che, dopo una giornata di lavoro, viveva ammassata la povera gente, liberti, schiavi e a volte lo stesso bottegaio.

Sopra alle taberne seguivano numerosi piani, ai quali si accedeva con una scala direttamente dalla strada, e più si saliva e più aumentavano i disagi. Ad eccezione del piano terra, di regola negli appartamenti non c’erano né servizi, né acqua corrente,quindi per le proprie necessità gli inquilini dovevano andare nelle latrine pubbliche e negli impianti termali, per fortuna numerosi nella nostra città, mentre l’acqua per uso domestico poteva essere presa nelle fontane situate nel cortile o lungo la strada.
I palazzi che si affacciavano su strade sufficientemente larghe, erano abbelliti dai balconi
( maeniana ) in genere situati al primo piano, considerato il migliore in quanto si poteva godere dei servizi.

Le stanze erano illuminate da ampie finestre, raggruppate a formare bifore o trifore, ma il vetro veniva usato solo nei condomini  più eleganti, pertanto per proteggersi dal freddo si usavano battenti di legno, mentre per tutelarsi da aggressioni o furti perpetrati dalle finestre (pare che il mondo sia sempre uguale!) usavano grate in ferro o in mattoni .
Alla  mancanza di caminetti si suppliva con dei semplici bracieri, causa principale dei numerosi incendi, che divampavano frequenti e disastrosi provocati dall’uso di materiale igneo nella costruzione.
In taluni casi, non aver trovato né tracce di servizi, né di cucine, fa supporre che questi caseggiati fossero dei semplici dormitori, per gente che passava la propria giornata nel foro o nelle basiliche.
A questo punto chi spera almeno nel riposo notturno, si sbaglia, in quanto il rumore era tale da rendere insonni le notti di molta gente!


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