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Innovazioni edilizie in Condominio


Il capitolo delle così dette “innovazioni” è una materia, nel vasto campo condominiale, che si trova di fronte ad una capillarità di interpretazioni opinabili. Non costituisce “innovazione” qualsiasi opera nuova da effettuarsi sulla proprietà comune, ma soltanto quella che trasformi la cosa comune stessa nella sua essenza, nella sua forma e/o destinazione.
Le innovazioni previste dal codice civile si possono raccogliere sostanzialmente in quattro tipi fondamentali: 1) l’innovazione consentita; 2) l’innovazione utile e/o necessaria; 3) l’innovazione gravosa e/o voluttuaria; 4) l’innovazione vietata.

Nell’art. 1120 Codice Civile si tratta essenzialmente dei primi due tipi sopra descritti. Nell’art. 1121 C.C. invece si descrivono le ristrutturazioni gravose e/o voluttuarie; le innovazioni vietate invece si rifanno agli artt. 1102 e 1108 C.C., con qualche cenno relativamente all’art. 1120, II comma.

1) Innovazione consentita.
Questo tipo trova spazio nell’ambito di quelle innovazioni che mantengono la cosa comune nel profondo rispetto per il maggior numero di condomini, cioè che dispone una più agevole e razionale utilizzazione della proprietà comune, e la relativa deliberazione assembleare potrebbe anche talvolta sacrificare la volontà del singolo condomino che potrebbe non desiderarla. Ad es. quando una Assemblea decidesse di non approvare una qual certa innovazione consentita – sia pure non arrecando alcun danno materiale e/o economico ai condomini – un singolo od una minoranza di condomini verrebbero inevitabilmente “limitati” dalla decisione della maggioranza a vantaggio della collettività. Quindi a “legittimare” l’innovazione consentita, a vantaggio di una collettività, il codice civile indica che la detta deliberazione assembleare deve raggiungere la maggioranza dei partecipanti al condominio, rappresentante almeno i 2/3 del valore dell’edificio (cioè almeno 667 millesimi su 1.000).

Una maggioranza così rigorosa trova fondamento sul fatto che la “fantasia” di questo o quel condomino deve essere giustamente frenata di fronte alla opportunità di aggravi di spese o di determinate convenienze. Lungo è l’elenco delle innovazioni consentite, per cui qui ci limiteremo ad accennare il concetto di massima, per necessità di brevità. Ma c’è una sostanziale differenza tra le innovazioni adottabili, in virtù dell’art. 1120 C.C., e quelle previste dall’art. 1102 C.C. Le prime sono dirette allo scopo fondamentale della “utilità collettiva”, cioè pongono il condominio in grado di ricavare una maggiore utilità dalla cosa comune. Le seconde sono quelle che arrecano “utilità ai singoli condomini”, e la loro legittimità va accertata alla luce del medesimo articolo, indipendentemente da ogni delibera di Assemblea. Più esattamente, mentre l’art. 1120 puntualizza che possono disporre nello stabile tutte le innovazioni che credono, se dirette al miglioramento della proprietà, pur con il limite di tutto ciò che potrebbe arrecare pregiudizio allo stabile, l’art. 1102 consente ad ogni proprietario di servirsi della cosa comune purché ciò non ne alteri la destinazione e non impedisca ad alcuno uguali diritti.
Le innovazioni consentite sono obbligatorie per tutti i condomini, ove deliberate con le maggioranze prescritte, unico limite alla deliberazione assembleare è che non venga compromessa la stabilità e la sicurezza del fabbricato condominiale, o non venga alterato il c.d. “decoro architettonico”, fermo restante che nessun condomino resti precluso o limitato o diminuito nell’uso e nel godimento delle parti comuni. L’innovazione consentita non deve mai danneggiare alcuno dei compartecipanti alla proprietà, altrimenti da consentita diventerebbe vietata.

Vediamone solo alcune in particolare per importanza: quelle degli impianti come l’ascensore, e l’impianto di riscaldamento ecc. Prima dell’entrata in vigore della nostra Costituzione (1 gennaio 1948) questi venivano ancora considerati “un lusso”. Oggi, modificato il concetto di “comodità d’uso”, queste innovazioni non possono più certo rientrare fra quelle “gravose”, anche se il loro costo non può comunque essere irrilevante. Per quanto onerosa, infatti, la quota parte di ciascun singolo condomino non potrà mai superaree neanche 1/3 del valore della proprietà, ed il condominio ne trae sicuramente un vantaggio ed una utilità tale che oggi non è più da considerasi come una spesa voluttuaria.
Vediamo invece l’impianto di TV centralizzata satellitare. Anche questa innovazione deve essere supportata da una votazione che veda almeno la maggioranza assoluta dei condomini ed almeno i 2/3 dei millesimi (667). Ma neppure questa può oggi considerarsi “voluttuaria”, e sarà sicuramente valida dato l’accrescimento di valore e di guadagno che i condomini ne trarranno in conoscenza o in informazione.

L’innovazione comune (o consentita) in alcuni casi può e dovrà essere considerata come inderogabile, ad esempio quando questa viene ad essere necessaria per una modificazione di normativa, come l’introduzione di una nuova legge può comportare il divieto d’uso degli impianti di riscaldamento a carbone; per cui tutti i condomìni che si trovino ad avere un tale impianto di riscaldamento, volenti o nolenti, dovranno cambiarlo, in quanto la nuova norma costituisce una sorta di “obbligatorietà” all’innovazione.

In proposito a quanto accennato, ci soccorrono alcune Sentenze della Suprema Corte, tra le quali sono da segnalare:
– II Sezione della Corte di Cassazione 18 novembre 1971 n. 3314 (ascensori);
– medesima Sezione 10 maggio 1967 n. 954 (pregiudizio per condomini);
– stessa Sezione 9 ottobre 1967 n. 2355 (modi di deliberazione per rinnovazioni);
– identica Sezione 13 marzo 1963 n. 614 (ascensori interni o esterni);
– idem del 26 luglio 1962 n. 1183 (non compromettibile stabilità degli edifici).

2) Innovazione utile o necessaria.
Il C.C. ha mantenuto un prudente silenzio circa le spese per “innovazioni utili o necessarie”, ma descrive con una certa abbondanza le differenze tra “innovazioni consentite” ed “innovazioni gravose o voluttuarie”.
Quelle utili o necessarie sono in larga parte quelle che riguardano gli impianti o gli interventi di ripristino sulla proprietà comune, soprattutto quando queste rientrino in un contesto di assoluta improrogabilità, o di stato di potenziale pericolo per i condomini, per i terzi, o addirittura quelle che potrebbero impedire il normale uso della cosa comune.
In questi casi, convocata regolarmente e dichiarata valida l’Assemblea ed atta a deliberare, sarà sufficiente una maggioranza semplice, ossia quella sostenuta da almeno 1/3 dei condomini e da almeno 1/3 del valore dell’edificio (334 millesimi).
Tra queste, ricordiamo a titolo di esempio: il ripristino delle facciate dello stabile; delle parti pericolanti; di muri maestri o di recinzioni; di tubazioni di scarico; di fosse biologiche; di cancelli, di scalini ecc. Ed inoltre: gli adeguamenti di Leggi, decreti e regolamenti relativi a norme Ministeriali, Regionali o Comunali; le sostituzioni di parti deteriorabili degli impianti; le ispezioni e pulizie degli impianti; le disinfestazioni annuali; ecc.

A conforto possiamo citare una importante Sentenza della Suprema Corte Sezione II 16 dicembre 1954 n. 4498, che abilita espressamente l’amministratore ad ordinare certi lavori di manutenzione, anche senza la materiale convocazione dell’Assemblea, in costanza di due elementi caratteristici: l’urgenza dei lavori, e lo stato di pericolo (con ovvio rendiconto nella successiva Assemblea); ed ancora le Sentenze della medesima Corte Sezione II dell’11 gennaio 1968 n. 62; e della Sezione II del 12 agosto 1966 n. 2212; ed ancora della Sezione II del 19 ottobre 1961 n. 2246.

3) Innovazione voluttuaria o gravosa.
E’ quella innovazione che comporta una spesa molto gravosa o che abbia carattere eminentemente voluttuario, rispetto alle condizioni o all’importanza architettonica o storica dell’edificio. Questa può essere deliberata anche dai soli condomini che intendono trarne vantaggio, nelle condizioni in cui l’innovazione stessa sia attuabile e rientri nel novero di quelle opere che non alterino la destinazione, o che non impediscano l’uso delle parti comuni a questo o quel condomino.

Il concetto di “voluttuario” quindi è più spesso di carattere soggettivo che non di carattere oggettivo: ossia, la gravosità della spesa può esser costituita da una somma di una certa rilevanza in un condominio di prestigio elevato; oppure di una rilevanza inferiore in caso opposto. Quindi non potendo essere “quantificata” con l’identificazione di una somma di denaro precisa, uguale per tutti, in definitiva di solito finisce per realizzarsi in un “vantaggio” a favore solo di una parte dei condomini, quelli che dispongono di una maggiore potenzialità economica; indi per cui, dovendo tutelare anche e soprattutto gli interessi dei condomini più “deboli”, cioè quelli con minore potenzialità economica, nella deliberazione assembleare questi ultimi dovranno esplicitamente “dissociarsi” (richiedendo la verbalizzazione di questa loro volontà) onde non essere chiamati a risponderne delle relative spese. Il concetto di voluttuario può essere di carattere oggettivo (cioè inerente agli interessi di tutti i comproprietari) solo in casi estremi di patente voluttuarietà: ad es. quando, per ipotesi assurda, in un condominio si volesse portare in discussione ed in votazione l’innovazione che preveda il rinnovo di tutte le porte d’ingresso delle singole unità immobiliari con materiali di elevata preziosità (legni speciali o di natura eccezionale; metalli preziosi ecc.) oppure con l’applicazione di sculture, disegni pregiati, opere d’arte firmate ecc. su cadauna porta d’ingresso. La eccezionalità del rinnovo ovviamente comporterebbe una automatica posizione di “rigetto” dell’innovazione in senso generale.

Queste innovazioni “gravose” hanno sempre almeno due ordini di individuazioni:
– l’opera può essere “scissa” dalla utilizzazione comune e si può collocare nelle innovazioni di “proprietà di utilizzazione separata, o esclusiva di alcuni condomini”.
– l’opera non è scindibile dal contesto dei beni comuni, ma proprio per il carattere voluttuario può essere “accettabile” da parte della totalità dei condomini, anche se poi può essere magari utilizzabile solo dai partecipanti alle spese.
La deliberazione di questa innovazione non è soggetta a “specifiche maggioranze”, proprio per quanto sopra detto, ossia le spese vengono sostenute solo da chi ha volontà di compartecipare alla esecuzione dell’opera. Ciò nonostante può anche accadere che non sussista l’accordo fra i condomini per quanto attiene l’opera stessa. In tal caso, ferma restando la possibilità di scissione dalla spesa, l’Assemblea deve permettere che l’opera voluta solo da una parte dei condomini si realizzi, però questo si traduce di fatto in una delibera che veda inderogabilmente la maggioranza di cui all’art. 1120 C.C., ossia la maggioranza dei partecipanti al condominio e dei 2/3 del valore dell’edificio.

Vediamo, per maggiore chiarezza, qualche esempio di queste opere. Potremmo elencarle nella seguente casistica:
– modifica dell’uso del lastrico solare;
– decorazione o rinnovo della pavimentazione dell’androne e delle scale con rivestimenti onerosi;
– sostituzione di apparecchiatura di uso normale con quella di lusso;
– abbellimento sproporzionato della facciata;
– costruzione ex novo di locali per alloggio portiere;
– costruzione di piscine o campi da tennis. ecc.

4) Innovazioni vietate.
Queste trovano fondamento principalmente in tre articoli del codice civile: il 1102; il 1108; il 1120.
Le innovazioni vietate, per antonomasia, sono quelle che:
– alterino la destinazione comune o impediscano ad uno o più condomini di far parimenti uso della stessa cosa comune, secondo i loro diritti;
– arrechino pregiudizio alla stabilità o al decoro o alla sicurezza della proprietà comune, oppure ne alterino l’architettura in modo tale da rendere inservibile – anche ad un solo condomino – alcune parti del condominio.
Le maggioranze delle deliberazioni per tali innovazioni, non sono previste dal codice civile, come già accennato per quelle voluttuarie, con le medesime possibilità e precauzioni. Ma una deliberazione che dovesse prevedere – direttamente o implicitamente – una alterazioni architettonica può essere approvata solo all’unanimità, senza alcuna deroga. In tali casi la vigente normativa prevede lo studio e la perizia di un esperto iscritto ad un Albo professionale tecnico (Geometra, Architetto, Ingegnere ecc.), ed oltre al consenso unanime dell’Assemblea, occorrerà sottoporre la decisione alla verifica dei competenti organi tecnici del Comune di residenza, ed a volte di quelli della Sovrintendenza ai Monumenti, quando si tratti di fabbricati posti in zone di sua giurisdizione. In questi ultimi casi, nulla potrà essere modificato senza il definitivo parere sul progetto di variazione.
Per vietare una eventuale innovazione, dovrà comunque riunirsi una Assemblea che dovrà poi deliberare con maggioranze qualificate (almeno la maggioranza dei condòmini ed almeno i 2/3 del valore dell’edificio).

Anche in questi casi ci sono di ausilio alcune Sentenze della Suprema Corte Sezione II, ossia:
– del 10 maggio 1967 n. 954 (pregiudizio a danno anche di un solo condomino);
– del 12 febbraio 1966 n. 433 (applicazioni giudiziali in materia).

In conclusione dobbiamo riconoscere che dottrina (insieme delle cattedre universitarie in materia di diritto), e giurisprudenza (insieme delle sentenze dei vari giudici di vario grado) non equivalgono nella fattispecie alla sicurezza applicativa di una norma di legge, ma occorre sempre valutare che sia l’una che l’altra trovino fondamento in uno studio “tecnico-giuridico” che scaturisce dalla vita quotidiana articolabile in ciascun condominio. Saranno poi il tempo, l’uso delle innovazioni, gli studi di Diritto e le Sentenze di vario livello a costruire intorno a questi concetti di “innovazione” un sostrato di normativa in materia. Ossia verrà fornito dai condomìni e dalle singole o complessive volontà espresse nelle Assemblee ad integrare, modificare ed aggiornare questi concetti molteplici e variegati, con la valutazione più o meno profonda di ciascun problema comune.

Il tutto è sempre in continua evoluzione e verrà collocato, nel tempo, in relazione alle esigenze della vita che si susseguono e si sovrappongono continuamente, modulando e regolando, o adattando alle varie esigenze del momento la vita dell’uomo stesso.


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