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La fontana monumentale e la porta magica


Viaggio a piazza Vittorio

Tutti i romani conoscevano il più grande mercato di Roma,  che fino a poco tempo fa stazionava con i suoi banchi fissi sul circolare marciapiede di  piazza Vittorio, occludendo la vista interna del giardino, dove sono contenute ricchezze archeologiche per lo più sconosciute. E sempre qui, davanti alla chiesa di S. Eusebio, si portavano una volta all’anno gli animali per la benedizione: centinaia di cavalli con carretti variopinti e buoi, gatti e cani vestiti a festa. Qui sorgono dei ruderi romani, che per colpa dell’asportazione di materiale pregiato, effettuato  nelle epoche successive al crollo dell’impero, non sono che nudi resti di quella fontana monumentale, che doveva essere d’incomparabile effetto scenografico e dell’intera villa Palombara, demolita per creare la piazza ottocentesca, non resta che una Porta Alchemica. Roma era divenuta da poco capitale del Regno d’Italia ed in questo luogo si volle costruire una piazza (è la più vasta della città) da dedicare al re Vittorio Emanuele II.

Fu realizzata secondo il modello inglese in voga a fine ‘800:la forma è rettangolare, al centro vi è il giardino e sui lati, demolita villa Palombara, furono costruiti edifici residenziali dotati di portici colonnati, elementi tipici dell’architettura umbertina, sicuramente diversa da quella romana.
La piazza è stata recentemente restaurata. Lo spostamento del mercato ha lasciato libero un ampio marciapiede, ravvivato dai chioschi dei fiori,anche da lontano si può intravedere l’interno del giardino con il  verde, le panchine, i giochi per i bambini, e d’estate viene organizzato il cinema all’aperto. Peccato che i due reperti archeologici siano stati entrambi chiusi in un’unica cancellata, che impedisce di avvicinarsi alla Porta Alchemica, per poter distinguere meglio i glifi e le iscrizioni; accanto vi è pure il gruppo scultoreo con tritoni, delfino e piovra, che Rutelli aveva scolpito originariamente per la fontana delle Naiadi.

I Ruderi della Fontana monumentale
Rechiamoci all’interno della cancellata, all’angolo nord, accanto alla più nota Porta Magica, qui si erge in altezza uno dei tanti e possenti ruderi dell’antica Roma, che a guardarlo nulla dice, spogliato di quelle lastre di marmo che l’abbellivano, di quelle statue che lo guarnivano, dei Trofei, e soprattutto dell’acqua che, come fosse un dono divino, arrivava copiosa a formare zampilli e cascate per la gioia degli occhi. Pochi sanno che si tratta dell’unico esempio superstite di fontana monumentale costruita al termine di un acquedotto, in età imperiale, e che servì da modello per le fontane a “facciata” della Roma barocca, tra cui la più nota è quella di fontana di Trevi.

Bisogna lavorare d’immaginazione per configurarci  un grande apparato scenico: dall’alto al basso era tutto un tripudio d’acqua, uno scroscio, uno zampillio, infatti dalla facciata, formata a gradoni digradanti verso il basso, si aprivano bocche d’acqua che riempivano un bacino pensile collocato a metà altezza, per terminare il percorso in una vasca di attingimento, documentata sia dagli scrittoti latini cristiani che riferiscono la proibizione di attingere acqua a chi non faceva professione di paganesimo, sia dall’immagine scolpita nelle monete antiche, che hanno aiutato gli archeologi a riconoscere l’edificio quale fontana monumentale, invece del presunto arco trionfale di Mario.

Si tratta di un’opera d’ingegneria idraulica di notevole perizia e spettacolarità: nella monumentale fontana, costruita ovviamente sul punto più alto dell’Esquilino, nel lato est della città, quello dal quale entravano a Roma la maggior parte degli acquedotti provenienti dai monti circostanti, si immetteva l’acqua contenuta nel canale dell’acquedotto, il passaggio avveniva in curva, per attutire l’impeto dell’acqua che vi giungeva come un fiume in piena. L’acquedotto entrava alla quota sotto la quale stavano i trofei cosiddetti di Mario e successivamente si riversava in cinque canali che sboccavano sulla facciata, in un bacino pensile in cui stava semisdraiata la statua di Oceano.

Di qui l’acqua scendeva al piano delle nove nicchie da cui zampillava nel grande bacino semicircolare di attingimento al livello stradale antico. Il salto di quota era notevole, dall’acquedotto alla vasca ci sono ben m. 8,92. Finito l’effetto scenico, l’acqua si trovava ancora alla giusta altezza per iniziare il suo percorso di distribuzione in pressione dentro i tubi, per raggiungere quelle zone della città per le quali l’acquedotto era stato costruito.
Oggi dopo il restauro, ai piedi dell’antica fontana è stata realizzata una stretta e poco profonda vasca, forse in ricordo dell’acqua di un tempo, ma purtroppo invece di fiorirvi le ninfee, galleggiano foglie e cartacce.

La denominazione del monumento con il nome di Trofei di Mario, è dovuta alle due grandi statue marmoree rimaste stranamente al loro posto nella parte alta della fontana fino al 1590, quando purtroppo furono rimosse dal luogo di origine, per volere di Sisto V, il papa che rivoluzionò l’architettura cittadina, e quindi furono trasportate sulla balaustra del Campidoglio, dove si possono ammirare ancora oggi a fianco dei Dioscuri. Tali statue sono in realtà due manichini, che imitano la forma di un guerriero senza volto, con l’elmo, due scudi incrociati al posto di ogni braccio, faretre e armi varie, ma si differenziano per la veste, uno ha un mantello di pelliccia proprio delle popolazione germaniche, l’altro ha una corazza; ed era tipico, vinta una battaglia, montare un trofeo mescolando armi romane con quelle dei nemici,in futuro ricordo della vittoria. Ma in questa storia la vittoria di Mario sui Cimbri non c’entra niente, in realtà i trofei sono quelli di Domiziano dell’89 d.C. e furono riutilizzati per abbellire una costruzione postuma del 226 d. C. dall’imperatore Alessandro Severo, che  volle elargire alla popolazione il dono dell’acqua, attraverso una monumentale fontana, costruita sul punto più alto dell’Esquilino.

LA PORTA MAGICA
Presso l’angolo in cui è situata l’antica chiesa di S. Eusebio, sorge la Porta Alchemica, già da secoli meta di visita dei cultori di scienze esoteriche, anche se purtroppo la recinzione posta dopo il restauro del 1982, ne impedisce un’analisi  ravvicinata, a meno che non ci si rivolga al X Municipio. Si tratta di una cornice marmorea, incisa con simboli ed iscrizioni dal significato oscuro, ai lati sono state poste, come guardiani, due grottesche figure marmoree, che provengono dagli scavi effettuati sul Quirinale nel 1888, rappresentanti il dio egizio Bes. Bisogna riconoscere che l’accostamento pur essendo frutto di una collocazione successiva, si accorda bene con l’architettura allegorica della porta, accentuandone l’atmosfera misteriosa. La data di nascita della porta è fissata al 1680, anno in cui il marchese Massimiliano Palombara, noto alchimista rosacrociano, fece apporre tale cornice marmorea su un accesso secondario della propria villa sull’Esquilino, che da lui prendeva il nome di villa Palombara, demolita allorché il Regno d’Italia nel 1873 destinò l’area a superficie fabbricabile ruotante intorno alla piazza, ma la porta dato il suo valore esoterico fu salvata e rimontata dove si trova attualmente.

Ritorniamo al ‘600, la leggenda tramandataci dall’abate Cancellieri narra di un pellegrino che si presentò al marchese con un mazzetto d’Erba nella mano e sapendo quanto il signore della villa si dilettasse nell’Arte di far l’Oro, voleva dimostrargli che l’opera era difficile, ma non impossibile da realizzare. Il pellegrino lavorò tutta la notte, ma la mattina successiva non era più nel laboratorio, in compenso furono trovati dell’Oro e una Carta in cui erano scritti vari Enigmi che il marchese fece incidere sul marmo, parte sul portone e parte sulla “picciola” porta… “ sono le ricette per la manifattura dell’Oro, le quali niuno fin’ora ha saputo interpretare, né saranno giammai interpretate”.
Per chi è digiuno della materia e pensa che il marchese di Palombara fosse un povero matto, un caso isolato, deve sapere che era frequentatore del cenacolo romano dell’ex regina di Svezia Cristina, animatrice e finanziatrice del sodalizio esoterico, che annoverava al suo interno uomini di notevole cultura. Del resto il Seicento fu il secolo in cui tornò in auge lo studio alchemico, sia per volere dei re che finanziavano gli studi e gli sperimenti nella speranza di poter trasmutare la vile materia in oro, per arricchire così le casse del proprio Regno, sia per rinnovato interesse per la materia che affonda le radici indietro nel tempo fino all’antico Egitto.

Si partiva dalla concezione che tutto si può ricondurre ad una materia elementare unica, la materia prima; si riteneva che esistesse un principio agente, capito il quale, si poteva operare a volontà la trasmutazione di qualsiasi sostanza considerata vile, in metallo nobile, quale l’oro. Le leggende narrano che qualcuno ci sia riuscito, ma gli studiosi d’alchimia mettevano in guardia dal pericolo che poteva scaturire per l’umanità se un uomo avido solo di potere e di ricchezza fosse riuscito a capire l’essenza della materia, ecco perché il cammino è segreto ed enigmatico, alla conoscenza deve arrivare solamente l’uomo puro di cuore, che ha intrapreso un difficile percorso di pensiero ascensionale, che lo ha allontanato dal valore materiale che l’uomo comune attribuisce alle cose, arrivando a cogliere la Verità.

Riportiamo infine le epigrafi incise sulla porta e legate ognuna ad un glifo diverso.

Tria sunt mirabilia Deus et Homo Mater et Virgo Trinus et Unus (tre sono le meraviglie: il Dio e l’Uomo, la Madre e la Vergine, il Trino e l’Uno)
Centrum in trigono centri (il centro [è] nel triangolo del centro)
Horti magici ingressum Hesperius custodit draco et/sine Alcide Colchias delicias non gustasset Iason (il drago delle Esperidi custodisce l’ingresso del magico giardino e senza l’Alcide [Ercole] Giasone non avrebbe assaporato le delizie della Colchide)
Quando in tua domo/ nigri corvi/ parturient albas/ columbas /tunc vocaberis/ sapiens (quando in casa tua corvi neri partoriranno bianche colombe allora sarai chiamato sapiente)
Diameter spherae/thau circoli/crux orbis/non orbis prosunt (il diametro della sfera/il tau del circolo/la croce del cerchio non giovano ai ciechi)
Qui scit/comburere aqua/et lavare igne/facit de terra/caelum/et de caelo terram/pretiosam (chi sa bruciare con l’acqua e lavare con il fuoco trasforma la terra in cielo e in terra preziosa il cielo)
Si feceris volare/terram super/caput tuum/eius tennis/aquas torrentm/convertes in petram/ (se avrai fatto volare la terra al di sopra della tua testa con le sue penne tramuterai in pietra le acque dei torrenti)
Azot et ignis/dealbando/Latona veniet/sine veste Diana (Azot e fuoco imbiancando Latona, Diana viene senza veste
Filius noster/mortuus vivit/rex ab igne redit/et coniugio/gaudet occulto (il figlio nostro che era morto vive, ritorna sovrano dal fuoco e gode dell’occulta congiunzione)
Et opus occultum veri/sophi aperire terram/ut germinet/salutem pro populo (è opera occulta del vero sapiente aprire la terra affinché generi la salvezza per il popolo)
Si sedes non is (se siedi non procedi)

santa maria maggiore


Discussione

  •     silvia   -  

    ho letto un libro interessante che si può trovare in internet su vari siti e prende spunto proprio dalla porta magica rivelandone interessanti risvolti. Il titolo è “LA PORTA ALCHEMICA” e l’autore si chiama Paolo Florio.

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