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La chimica dei termovalorizzatori


Sentiamo parlare da anni di termovalorizzazione e di impianti di produzione energetica alimentati tramite biomassa. Ma per capire realmente queste tecnologie e questo genere di risorse occorre rivolgersi alla chimica.

Cosa che ho fatto, mio malgrado e senza pretesa di esaustività, ma anzi nel mero tentativo di essere comunque comprensibile per qualsiasi tipo di lettore, e non solo per i patiti della scienza.

Ho analizzato due delle parole chiave cardine quando si parla di termovalorizzazione, la biomassa e la pirolisi, che è appunto il processo attraverso cui le biomasse producono energia.

biomasse

La biomassa

La biomassa è energia solare immagazzinata nei legami chimici del materiale organico. Nei processi di conversione termochimica della biomassa il quantitativo di CO2 che si forma è pari al quantitativo che la biomassa ha assorbito dall’atmosfera durante il suo ciclo vitale: ecco perché il bilancio della CO2 considerato nel breve periodo di crescita delle piante (dai 10 ai 20 anni) e pari a zero.

La biomassa non contiene zolfo all’interno della sua molecola: il suo utilizzo come combustibile non produce ossidi di zolfo; in compenso, rispetto alle fonti fossili, presenta una maggiore produzione di ossidi di azoto ed un maggiore contenuto di ceneri, mentre un’umidità troppo elevata provoca una diminuzione del potere calorifico ed un aumento dei costi di stoccaggio e di trasporto.

Ecco perché la biomassa è un combustibile molto delicato, il cui impiego deve essere ponderato e deve rientrare all’interno di un più ampio discorso di gestione del territorio in cui la produzione di energia sia riservata ad unità né eccessivamente grandi né eccessivamente piccole.

In particolare le esperienze sul settore delle biomasse agro-forestali riguardano progetti realizzati nel campo della combustione (progettazione, realizzazione e monitoraggio di impianti di teleriscaldamento alimentati a biomassa forestale vergine ed autoctona), della pirolisi e della gassificazione (tramite utilizzo di software dedicato per l’analisi termoeconomica di impianti a biomassa).

La pirolisi

La pirolisi è un processo di conversione termochimica in cui avviene una ossidazione parziale del combustibile ad elevate temperature (non è un semplice incendio, insomma). La quantità di comburente, infatti (solitamente aria od ossigeno), non è sufficiente affinché avvenga una combustione completa dando luogo così a reazioni di piro-gassificazione.

Per esemplificare meglio questo processo lo si può paragonare a quello che avviene quando si fuma una sigaretta: nella parte terminale le braci di tabacco ad alta temperatura hanno il compito di riscaldare l’aria aspirata che incontra, prima di essere introdotta nell’organismo, il tabacco “fresco”; in questo modo l’aria calda reagisce con il tabacco dando luogo a reazioni di piro-gassificazione che producono gas quali metano, monossido di carbonio, biossido di carbonio, idrogeno ed altri idrocarburi pesanti (catrami, bitumi, idrocarburi a catena lunga, sotto forma di vapore a quelle temperature) che per i fumatori risultano essere molto nocivi mentre per i produttori di energia risultano avere un buon potere calorifico e quindi utilizzabili per scopi energetici, e in tutta sicurezza.


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