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Autorappresentazioni d’azienda – La presenza online tra soggettivismo e marketing


Di recente abbiamo avuto l’ardire di utilizzare il vocabolo ‘autorappresentazione‘ in un business plan interno, in riferimento alle domande latenti nelle richieste commerciali dei nostri prospect per i servizi di visibilità web.

‘Autorappresentazione’ intesa come organizzazione esplicita della presenza online di una determinata azienda o realtà produttiva o sociale.

Un vocabolo del genere ha sicuramente a che fare con l’identità, e può quindi a buon diritto infiltrarsi in un discorso relativo al web portando in dote un bel cumulo di buone idee per l’analisi dei fenomeni che effettivamente concorrono alla generazione del web ‘per quello che è’.

Stiamo parlando di un lessico attinto dalle scienze sociali.

Una parola che – semplificandone il significato – non avrebbe alcun risvolto euristico particolare.

Ogni sito web aziendale non è altro che la rappresentazione online che l’azienda ha soggettivamente scelto di offrire al pubblico di se stessa.

Qualsiasi auto-rappresentazione è implicitamente soggettiva.

Il punto è esattamente questo.

Nelle scienze sociali sottolineare la natura soggettiva di ciascuna autorappresentazione pubblica è quasi un’abitudine che serve a ricordare, fra l’altro, quanto non sia affatto possibile semplificare il gioco dell’interazione sociale, ma che anzi conviene prendere istintivamente la giusta distanza dalle cose per poterle analizzare sulla base di presupposti il più possibile oggettivi.

D’altra parte, per semplificare, uno degli slogan ricorrenti delle contestazioni giovanili degli anni sessanta e settanta attingeva proprio all’analisi dei mezzi di comunicazione di massa nelle società occidentali per concludere lapidariamente che ‘i media mentono’.

Non è un caso che proprio la scienza sociale abbia guadagnato tanta fama accademica proprio a cavallo di quegli stessi anni, e tanto vale sicuramente per gli Usa ma anche, suo malgrado, per la cultura accademica italiana.

autorappresentazioni

In altre parole, la diffusione dei moderni mezzi di comunicazione di massa si è legata – sia negli slogan giovanili che negli ambienti della discussione accademica – con l’idea della implicita ‘menzogna pubblica’ che si riconosce alle rappresentazioni soggettive di un soggetto che descrive se stesso.

Ma tutto questo ‘relativismo’ naturalmente non ha escluso la nascita del marketing moderno, almeno dai primi del ‘900 in poi; e dalle più subdole campagne di coercizione della pubblica opinione fino al più stupido ed ingenuo carosello pubblicitario gli uomini di marketing hanno sempre saputo di dover forgiare una realtà pubblica che fosse favorevole e propizia per la propria azienda.

Secondo alcuni teorici dell’informazione la ‘menzogna’ era connaturata alle caratteristiche di partecipazione al media di riferimento.

In un sistema di informazione verticale, in cui le notizie e le opinioni discendono dall’alto al basso, dall’uno ai molti, la menzogna si riteneva consustanziale al mezzo di comunicazione utilizzato.

Questa era anche una delle critiche che taluni ‘entusiasti’ della Rete muovevano ai mezzi tradizionali come la stampa o la televisione; e si trovano tanti che ancora muovono le stesse ingenue osservazioni.

Naturalmente internet è un mezzo capace di grandi orizzontalità in termini di partecipazione e di fruizione pubblica interattiva.

Anzi, è costituzionalmente il primo grande mass media interattivo che si conosca, se è per questo.

Ma sicuramente la Rete non è un media più democratico, né tantomeno più ‘sincero’ degli altri.


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