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L’abbazia di San Nilo


Come non visitare un’abbazia tanto singolare… pur dipendendo dal Papa, infatti, l’iconostasi all’interno della chiesa è chiaramente rappresentativa della tradizione di questi monaci di rito greco.

Per noi Romani è sempre un piacere evadere dalla nostra città per respirare “un’altra aria” ai Castelli, e a Grottaferrata si va piacevolmente per una passeggiata serale, per la gita di un giorno o per abitare in villa, proprio come fecero gli antichi Romani che vi costruirono stupende case per il soggiorno estivo: le abitazioni rinfrescate dalla brezza del vicino mare, affacciavano sull’immensa piana su cui era distesa l’Urbe, trasmettendo a chi guardava quel senso di vicino-lontano da Roma, tanto caro ai suoi abitanti in ogni epoca.

Gli sterpi poi hanno coperto ogni cosa…era l’estate del 1004, esattamente mille anni fa, quando l’abate Nilo, nativo di Rossano Calabro e greco di origine e di rito, giungeva al Tuscolo, stremato nelle forze e prossimo alla fine. La fama che si era conquistato, nella risalita verso Roma, fece accorrere presso di lui il conte Gregorio, signore della zona, il quale gli offrì il terreno per fondare un monastero, facendo cadere la scelta su un luogo chiamato Cripta ferrata.

Qui sorgeva un’antica villa romana (forse quella di Cicerone) di cui fortunatamente sono rimasti in piedi il criptoportico, che dà sulla sottostante verdeggiante valle della Marrana, e un edificio ritenuto una tomba, che durante il Medioevo fu consacrato al culto cristiano.Tuttora visibile accanto alla chiesa, prese il nome di Grotte ferrate già nel ‘500, per le grate di ferro di cui era munito, sicché la denominazione precedette la fondazione del monastero e della chiesa.

Se andate a Grottaferrata per vedere il monastero che in questo anno festeggia il millenario, potete  rimanere sconcertati dal fatto che dinnanzi agli occhi si para una fortezza invece della chiesa, che rimane celata al suo interno. In effetti l’abbazia per la sua posizione elevata, la presenza di acque e gli edifici adatti a raccogliere molta gente, fu considerata un punto strategico molto importante da tutti coloro che intendevano muovere su Roma, sicché spesso da luogo di preghiera divenne caserma per le truppe, fu saccheggiata e devastata a tal punto da spingere Giuliano Della Rovere, poi papa Giulio II, nel ‘400 a costruire una massiccia opera di fortificazione, che ancora incute rispetto: spesse, alte e possenti mura di cinta delimitate ai quattro angoli da maestose torri, il tutto preceduto da un fossato di venti metri per rendere ancor più inespugnabile il castello roveriano, ovviamente dotato di parapetto merlato, dal quale con un po’ d’immaginazione è possibile veder spuntare i soldati muniti di una nuova arma micidiale: fucili dotati della polvere da sparo, in un periodo in cui non servivano più mura altissime, ma sicuramente bastioni  robusti per resistere alle armi da fuoco.

Originariamente l’entrata, per scopi difensivi, era tutelata da un ponte levatoio, ed è ancora possibile vedere, non di fronte, ma di fianco, il vecchio ingresso, un portone incorniciato da un antico portale di pietra e se volgiamo lo sguardo in alto possiamo scorgere l’orifizio dal quale veniva buttata pece o olio bollente sulle teste di gente indesiderata che era riuscita a valicare il ponte levatoio.

Oggigiorno le mura ancora in ottimo stato proteggono l’abbazia, ma una comoda stradina asfaltata immette all’interno della Badia, dove con pochi passi è possibile raggiungere la bellissima chiesa voluta da san Bartolomeo, successore di san Nilo, utilizzando il materiale delle dismesse ville romane.  Visitarla rappresenta l’occasione per vedere una chiesa romanico bizantina, la cui architettura interna è particolare, in quanto espressione del culto greco-romano, ma non ortodosso, come alcuni erroneamente credono, infatti  i monaci dipendono dal Papa e non dalla chiesa d’Oriente.

Come tutte le chiese di rito greco in fondo alla navata principale non è possibile vedere l’altare, che è nascosto da iconostasi: un tramezzo divisorio tra il presbiterio e la navata, le cui porte vengono aperte durante la funzione religiosa. Non stiamo qui a parlare della ricchezza artistica della chiesa, visto che c’è la possibilità di effettuare visite gratuite con guida, il sabato e la domenica pomeriggio. Vi mostreranno gli affreschi, i mosaici, la bellissima icona (immagine sacra dipinta su tavola, tipica del culto bizantino) della Madre di Dio a cui è dedicata la chiesa, la cappella farnesiana con la Madonna  di Annibale Carracci e i bellissimi affreschi del Domenichino.

Su richiesta è possibile vedere pure la famosa biblioteca. Infatti come in tutte le abbazie di rispetto l’arte scrittoria era l’occupazione principale dei monaci più colti. L’amore per i libri era stato trasmesso da san Nilo, di cui si conservano preziosi manoscritti vergati di persona, l’attività proseguita da san Bartolomeo e dai successivi discepoli ha arricchito il patrimonio con codici biblici, liturgici, innografici e musicali, senza scordare il fine degli scriptoria, cioè moltiplicare le copie da distribuire ai monasteri meno attrezzati o venderli per vivere. Ma i libri non sono eterni, gli insetti, le muffe, le cattive condizioni ambientali, finiscono con l’ammalare i testi che hanno bisogno di essere restaurati, sicché dal 1931 è stato aperto il Laboratorio di Restauro, nel quale i monaci si sono tramandati la difficile arte di salvare i libri, che arrivano dalle biblioteche di tutta Italia, restituendo al mondo opere di notevole importanza storica.

abbazia san nilo

In occasione del millenario si stanno svolgendo diverse manifestazioni, si ha l’impressione che la gente sia ben gradita, considerando la gentilezza delle guide, dei monaci con cui si può avere l’occasione di parlare e della gente del posto.


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