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Le maggioranze in assemblea per deliberare


Sembrerebbe tutto scontato, ma l’esperienza insegna che quando si tratta di deliberare le certezze possono divenire dubbi e una decisione presa, magari con fatica, può essere annullata da una banale imperfezione.

Cosa avviene nel caso in cui, in seconda convocazione costituita, ad esempio, con 700 millesimi, 334 di questi approva un deliberato, mentre i restanti 366 non lo approvano?
La risposta sembrerebbe ovvia ma non è così scontata!

La sentenza della Corte di Cassazione n.6625 del 5.4.04 ha esaminato il problema che si presenta in relazione a una delibera approvata dai condomini in seconda convocazione con la maggioranza prevista dall’art.1136 c.c. 3 comma e specificatamente nel caso in cui i valori millesimali dei condomini che hanno votato contro la delibera siano superiori a quelli dei condomini che invece hanno votato a favore della stessa.
In proposito la Corte ha affermato che in tema di condominio, la regola posta dall’art.1136 c.c. 3 comma, secondo la quale la deliberazione assunta dall’assemblea condominiale in seconda convocazione è valida se riporta un numero di voti che rappresenti il terzo dei partecipanti al condominio e almeno un terzo del valore dell’edificio, deve essere interpretata nel senso che coloro che abbiano votato contro l’approvazione non devono rappresentare un valore proprietario maggiore rispetto a coloro che abbiano votato a favore, perché l’art.1136 c.c. privilegia il criterio della maggioranza del valore dell’edificio come strumento coerente per soddisfare l’esigenze condominiali.

La Corte con la propria sentenza ha statuito che era necessario procedere ad una interpretazione complessiva dell’art.1136 c.c. tenendo conto che il primo e secondo comma dello stesso, in relazione alla validità delle deliberazioni in prima convocazione, prevedono una doppia maggioranza costitutiva e una doppia maggioranza deliberativa, precisamente che i voti favorevoli devono rappresentare la maggioranza degli intervenuti ed almeno la metà del valore, mentre il 3 comma, relativo all’ipotesi che in prima convocazione non sia stato possibile raggiungere il numero legale e per consentire che il condominio possa, comunque, procedere alla deliberazione, fissa in modo implicito in un terzo della maggioranza degli intervenuti che rappresenti almeno un terzo del valore, prevedendo la stessa doppia maggioranza come limite minimo per la validità delle deliberazioni.

La Cassazione con ciò ha voluto stabilire che in caso di partecipazione all’assemblea di un solo terzo dei condomini, che rappresentino un terzo del valore, la deliberazione è valida se viene approvata all’unanimità, mentre nel caso di una partecipazione più nutrita, la deliberazione resta comunque soggetta al raggiungimento da parte della maggioranza dei votanti a favore del doppio quorum.
Con detta sentenza la Corte ha, inoltre, voluto sottolineare che non può bastare che la maggioranza dei votanti a favore sia rappresentativa di almeno un terzo del valore, ma è necessario che coloro che abbiano votato contro non siano rappresentativi di un valore maggiore rispetto agli altri, anche se numericamente inferiori.
In definitiva occorre che la maggioranza sia tale non solo in relazione al numero di coloro che votano favorevolmente, ma anche al  valore che essi rappresentano.
In conclusione per l’approvazione delle delibere assembleari in seconda convocazione devono sussistere entrambe le maggioranze stabilite dall’art.1136 c..c. 3 comma ed entrambe devono risultare maggioritarie rispetto al numero ed alla rappresentatività dei partecipanti contrari all’approvazione.

In prima convocazione
L’assemblea in seconda convocazione è stata oggetto d’esame da parte dei magistrati.
Infatti deve considerarsi nulla l’assemblea condominiale se non si è raggiunto il quorum previsto dall’art.1136 c.c.  che richiede i due terzi del valore dell’intero edificio e i due terzi dei partecipanti al condominio in prima convocazione, e un terzo del valore dell’intero edificio  e un terzo dei partecipanti in seconda convocazione (trib. Cagliari 1.3.96).

In seconda convocazione
La seconda convocazione dell’assemblea condominiale è condizionata dall’inutile e negativo esperimento della prima, sia per completa assenza dei condomini, sia per insufficiente  partecipazione degli stessi in relazione al numero e al valore delle quote.
La verifica di tale condizione va espletata in seconda convocazione, sulla base delle informazioni orali rese dall’amministratorere, il cui controllo può essere fatto dagli stessi condomini, che sono stati assenti alla prima convocazione o essendo stati presenti, sono in grado di contestare tali informazioni, e pertanto, una volta accertata la regolare convocazione dell’assemblea, l’omessa redazione del verbale che consacra la mancata riunione dell’assemblea in prima convocazione  non impedisce che si tenga l’assemblea in seconda convocazione, né la rende invalida (Cass.n.3862/96).

I termini per la convocazione
Infine il termine di 5 gg prima della data fissata per l’assemblea dei condomini stabilita dall’art.66 disp.att.c.c., si riferisce alla data indicata per la prima convocazione, a nulla rilevando che l’amministratore fissi per questa un’ora insolita, implicitamente invitando i condomini a disertarla (Corte Appello Genova 26.4.96).

Conclusioni
In conclusione di ciò si deve far presente che vi sono quattro recenti interventi pubblicistici e precisamente l’art. 2 L. 9.1.89 n. 13 (superamento barriere architettoniche), art. 9 L. 24.3.89 n. 24 (in materia di parcheggi), l’art. 26 L. 9.1.91 n. 10 (piano energetico), l’art. 15 L. 17.2.92 n. 179 (edilizia residenziale) che stabilisce, in caso di interventi di recupero: “in deroga agli articoli 1120, 1121 e 113, 5 comma cc, gli interventi di recupero relativi ad un unico immobile composto da più unità immobiliari, possono essere disposti dalla maggioranza dei condomini che comunque rappresenti almeno la metà del valore dell’edificio”,  che hanno semplificato la formazione della volontà assembleare in deroga alla disciplina  del Codice.

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In tema di condominio negli edifici, la regola posta dall’art. 1136, comma 3, c.c., secondo la quale la deliberazione assunta dall’assemblea condominiale in seconda convocazione è valida se riporta un numero di voti che rappresenti il terzo dei partecipanti al condominio e almeno un terzo del valore dell’edificio, va intesa nel senso che, coloro che abbiano votato contro l’approvazione non devono rappresentare un valore proprietario maggiore rispetto a coloro che abbiano votato a favore, atteso che l’intero art. 1136 c.c. privilegia il criterio della maggioranza del valore dell’edificio quale strumento coerente per soddisfare le esigenze condominiali. (In applicazione di tale principio, la Corte ha cassato la sentenza del giudice del merito che aveva ritenuto sufficiente il raggiungimento di una maggioranza di voti favorevoli, pari ad un terzo dei presenti, unitamente alla condizione che essi rappresentassero almeno un terzo della proprietà, ritenendo del tutto irrilevante che la parte contraria alla delibera detenesse un valore della proprietà superiore a quello della maggioranza del voto personale).

Cassazione civile, sez. II, 5 aprile 2004, n. 6625

Il principio per cui la validità delle deliberazioni dell’assemblea condominiale sotto il profilo della maggioranza necessaria alla loro approvazione deve essere valutata con riguardo al loro specifico oggetto, comporta che quando l’assemblea è chiamata ad assumere anche deliberazioni per le quali è prevista una maggioranza qualificata, la mancanza di tale maggioranza al momento in cui l’assemblea ha inizio non condiziona la validità delle deliberazioni il cui oggetto richiede una maggioranza semplice, non essendo previsto dall’art. 1136 c.c., quando si tratti di assemblea di seconda convocazione, un quorum costitutivo ma solo le maggioranze con le quali le varie deliberazioni a seconda del loro oggetto debbono essere assunte.

Cassazione civile, sez. II, 28 gennaio 1997, n. 850

In materia di condominio non può qualificarsi innovazione ai sensi dell’art. 1120 c.c. la realizzazione di opere che rendano l’impianto di riscaldamento dello stabile conforme alla normativa in materia di prevenzione degli incendi, non eccedendo i limiti della conservazione e del godimento della cosa comune ed in ogni caso non alterandone la destinazione originaria, con la conseguenza che per l’approvazione della relativa delibera è sufficiente in seconda convocazione un numero di voti che rappresenti il terzo dei partecipanti al condominio ed almeno un terzo del valore dell’edificio (art. 1136 comma 3 c.c.).

Cassazione civile, sez. II, 22 aprile 1992, n. 4802


In tema di delibere assembleari condominiali, la delibera, assunta nell’esercizio delle attribuzioni assembleari previste dall’art. 1135, n. 2 e 3, c.c., relativa alla ripartizione in concreto tra i condomini delle spese relative a lavori straordinari ritenuti afferenti a beni comuni (posti auto e vano ascensore) e alla tassa di occupazione di suolo pubblico, ove adottata in violazione dei criteri già stabiliti, deve considerarsi annullabile, non incidendo sui criteri generali da adottare nel rispetto dell’art. 1123 c.c., e la relativa impugnazione va pertanto proposta nel termine di decadenza (trenta giorni) previsto dall’art. 1137, ultimo comma, c.c.

Cassazione civile, sez. un., 7 marzo 2005, n. 4806

In tema di deliberazioni condominiali, l’installazione dell’ascensore, rientrando fra le opere dirette ad eliminare le barriere architettoniche di cui all’art. 27, comma 1, della legge n. 118 del 1971 e all’art. 1, comma 1, del d.P.R. n. 384 del 1978, costituisce innovazione che, ai sensi dell’art. 2 legge n. 13 del 1989, è approvata dall’assemblea con la maggioranza prescritta rispettivamente dall’art. 1136, commi 2 e 3, c.c.; tutto ciò ferma rimanendo la previsione del comma 3 del citato art. 2 legge n. 13 del 1989, che fa salvo il disposto degli art. 1120, comma 2, e 1121, comma 3, c.c.

Cassazione civile, sez. II, 29 luglio 2004, n. 14384


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