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La ventilazione negli scantinati


Come nell’albero, l’acqua sale dalle radici alla foglia apicale più alta, così  può avvenire nei nostri caseggiati. Cosa fare per impedirlo?

Abbiamo già parlato dell’umidità riscontrata negli scantinati, le cui cause sono, sempre più spesso, dovute sia a perdite dalla rete orizzontale delle fognature, (in questi ultimi anni sono stati sostituiti chilometri e chilometri di vecchie tubazioni in cemento per il progressivo deterioramento da queste subito a causa degli attuali prodotti chimici di normale utilizzo quali detersivi e solventi, che utilizzati quotidianamente e spesso a temperature elevate, come gli  scarichi degli elettrodomestici, corrodono sia gli stessi tubi che le malte utilizzate per le connessioni e i pozzetti),  e sia dagli effetti della capillarità, cioè la capacità delle strutture di assorbire acqua dal suolo e dai terrapieni ad esse addossati.

Detta capacità porta spesso i livelli dell’acqua ad altezze incredibili, del resto è la medesima forza che permette agli alberi di trarre nutrimento dal suolo attraverso le radici e di portarla in cima, fino alla più piccola punta apicale, una meraviglia della Natura nel caso dell’albero, tanto più formidabile se si pensa che in Australia, nella zona di Perth, vive un eucalipto chiamato “Karri” alto ben settantacinque metri! Pertanto, facendo il debito paragone con le pareti delle nostre case o palazzi non è raro notare acqua fino ai primi piani, specialmente se le pareti esterne sono “protette” da alte zoccolature in travertino o tinteggiate con tinte filmogene come i quarzi plastici non traspiranti.

Da detti assorbimenti e risalite, controllata l’integrità delle reti orizzontali delle acque nere, ci si può difendere nella maggior parte dei casi attraverso una semplice, ma completa ed energica ventilazione.
La capillarità, e più in generale lo stato igrometrico di una muratura a contatto con terreno ed ambiente umido, dipende infatti da molteplici fattori quali la tipologia del muro (mattoni, tufi, mista, ecc. dotati di differenti porosità, permeabilità ed igroscopicità), dai vari intonaci (calci e pozzolana, rena e cemento, ecc.), dal tipo di finitura superficiale (quarzi plastici, tinte lavabili, tempere, calci, silicati, silossani) ed inoltre dalle superfici evaporanti relative (più sono ampie e più è basso il livello di risalita), le quali, a loro volta, dipendono dall’aria sia interna che esterna, dalla velocità della stessa, oltre che dalla temperatura e dalla pressione.

Sufficientemente risolutivo per questo fine è l’intelligente soluzione osservata nello scantinato interrato di un edificio romano dove, coadiuvati da una efficiente intercapedine perimetrale areata,  grazie alla particolare costruzione delle pareti divisorie tra le varie cantine, tutti gli ambienti sono posti in comunicazione tra di loro, permettendo così un efficientissimo ricambio d’aria tale da consentire la permanenza (e l’integrità) nelle stesse cantine di qualsivoglia materiale organico come carta, stoffa o legno che altrimenti, con altri parametri, sarebbero stati nel giro di pochi mesi attaccati dalle spore delle muffe.


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