Casa Editrice Online

Il Regolamento condominiale


Il Regolamento condominiale è lo strumento essenziale per la gestione del condominio e per la definizione dei diritti e degli obblighi di ciascun condomino.
Il regolamento di condominio può essere di due tipi: contrattuale, cioè predisposto dall’originario ed unico proprietario dell’edificio, in genere dal costruttore, o assembleare, cioè, approvato dall’assemblea dei condomini a maggioranza.

REGOLAMENTO CONTRATTUALE
Il regolamento di condominio predisposto dal costruttore-venditore che contenga vincoli afferenti all’intero edificio, quando sia da questi stato trascritto nei registri immobiliari, ha natura contrattuale ed è opponibile non soltanto a coloro che acquistano le unità immobiliari da proprietari che abbiano esplicitamente o implicitamente accettato il regolamento stesso, ma anche a coloro che abbiano acquistato successivamente alla trascrizione, direttamente dal costruttore, anche in assenza di espressa previsione nei singoli atti di acquisto.
Il regolamento contrattuale di condominio anche se non materialmente inserito nel testo del contratto di compravendita delle singole unità  immobiliari, fa parte integrante con lo stesso, purché sia espressamente richiamato ed approvato, in modo che le sue clausole rientrino per relationem nel contenuto dei singoli contratti d’acquisto e vincolano i singoli acquirenti indipendentemente dalla trascrizione (Cass. n.1886/95).

REGOLAMENTO ASSEMBLEARE
Lo scopo di attuare le norme del regolamento condominiale è quello di assicurare ai condomini un godimento pieno e tranquillo, sia delle unità immobiliari di proprietà esclusiva, sia delle parti comuni dell’edificio, ponendo delle limitazioni all’uso di esse e riducendo la naturale esplicazione del diritto di proprietà. Dette norme hanno natura contrattuale e devono essere approvate all’unanimità (Cass. n.6768/91).
Il regolamento di condominio deve essere approvato per iscritto da tutti i condomini, sia mediante accettazione di quello predisposto dal venditore-costruttore, sia mediante consenso manifestato in seno all’assemblea dal singolo condomino, nel caso di regolamento formato per approvazione dell’assemblea dei condomini (Cass. n.10335/98 e n.4905/97).
Il regolamento di condominio, dopo molte tesi controverse, con la sentenza della suprema Corte di Cassazione n.1830/2000, ha stabilito una volta per tutte che il limite al diritto di godimento spettante a ciascun condomino iure proprietaris sulle parti comuni, disposto dal regolamento condominiale ed accettato nei singoli atti d’acquisto, ha natura negoziale e può essere modificato solo per iscritto e con il consenso unanime dei condomini.

TRASCRIZIONE NEI REGISTRI IMMOBILIARI
Come si è sopra accennato il regolamento di condominio, che contiene limitazioni dei diritti domenicali dei singoli condomini, deve essere approvato da tutti ed ha valore negoziale e pertanto esso per poter avere effetto anche nei confronti dei successori a titolo particolare dei partecipanti al condominio, deve essere trascritto nei pubblici registri immobiliari. Detta trascrizione nel registro previsto all’ultimo comma dell’art.1129 c.c. (mai istituito*), è prevista dal nostro codice civile al successivo art.1138 3° comma. Essa è un mero onere la cui inosservanza non comporta la nullità o l’inefficacia del regolamento approvato dall’assemblea o predisposto dal venditore costruttore. L’omessa trascrizione di ciò determina solo l’inopponibilità ai successivi acquirenti delle singole unità immobiliari delle eventuali clausole limitative in esso contenute, senza minimamente influire sulla sua validità (Cass.n.714/98).

Quindi, come già detto, il regolamento di condominio edilizio predisposto dall’originario unico proprietario è vincolante purché richiamato ed approvato nei singoli atti d’acquisto, sì da far parte per relationem del loro contenuto, solo per coloro che  successivamente abbiano acquistato le unità immobiliari, ma non per coloro che abbiano acquistato le unità immobiliari prima della predisposizione del regolamento stesso, anche se nell’atto d’acquisto sia posto a loro carico l’obbligo di rispettarlo, mancando uno schema definitivo, suscettibile di essere compreso per volontà delle parti nell’oggetto del negozio.
Pertanto, in questa ultima ipotesi, il regolamento può vincolare l’acquirente solo se successivamente alla sua redazione vi presti adesione. Tale approvazione deve risultare per iscritto in modo chiaro ed inevocabile e non per facta concludentia, non potendo, pertanto, costituire adesione  la presa di cognizione dello stesso.
Ne consegue che, l’obbligo genericamente assunto nei contratti di vendita delle singole unità immobiliari di rispettare il regolamento, non vale come approvazione dello stesso, che viene redatto successivamente, ed allo stato è inesistente.

LIMITAZIONI
Le norme dei regolamenti condominiali che pongono delle limitazioni all’uso di esse, riducendo la naturale esplicazione del diritto di proprietà, hanno natura contrattuale e debbono perciò essere approvate all’unanimità. Le pattuizioni contenute nel regolamento predisposto dall’originario proprietario,  accettato con l’atto d’acquisto,  che comportino restrizioni delle facoltà inerenti alla proprietà esclusiva dei singoli condomini, devono essere denunciate con la conseguenza che non devono ritenersi valide quelle pattuizioni che con formulazioni generiche limitino il diritto del condomino ad usurare, godere e predisporre dei beni condominiali. I divieti e i limiti di destinazione delle cose di proprietà individuale nel regime condominiale possono essere formulati nei regolamenti, sia mediante elencazione delle attività vietate, sia mediante riferimento ai pregiudizi che s’intendono evitare.
La maggioranza assembleare non può limitare o escludere il diritto di ciascun condomino di servirsi delle cose comuni nella maniera più conveniente, potendo una tale limitazione derivare solo da un regolamento predisposto dall’originario ed unico proprietario.

L’obbligo, assunto dai singoli condomini in sede di approvazione del regolamento, di non eseguire sul piano o sulla porzione di piano di proprietà esclusiva attività che rechino danno alle parti comuni, ha natura negoziale (propter rem); la cui violazione, se pur protratta per oltre 20 anni, non determina l’estinzione del rapporto obbligatorio e dell’impegno a tenere un comportamento conforme a quello imposto dal regolamento, stante il carattere permanente della violazione. In questi casi, al diritto degli altri condomini di esigere l’osservanza di detto comportamento resta intatto, ma si prescrivere il risarcimento dei danni derivante dalla suddetta violazione (Cass.n.11692/99).

Per poter verificare la portata  e l’estensione del godimento di ciascun condomino si deve prendere non l’atto d’acquisto di ogni singola unità immobiliare, bensì il primo atto di frazionamento della proprietà e il regolamento di condominio che lo integra.
Infine, il regolamento di condominio non può, suo malgrado, derogare da determinati articoli del codice civile, come il 1138 comma 4.

Il regolamento contrattuale di condominio, anche se non materialmente inserito nel testo del contratto di compravendita delle singole unità immobiliari, fa corpo con esso allorché sia espressamente richiamato ed approvato, di modo che le sue clausole rientrano per “relationen” nel contenuto dei singoli contratti di acquisto e vincolano i singoli acquirenti indipendentemente dalla trascrizione.

Cassazione civile, sez. II, 21 febbraio 1995, n. 1886

Le norme dei regolamenti condominiali che, al fine di assicurare ai condomini un godimento pieno e tranquillo, sia delle unità immobiliari di proprietà esclusiva, sia delle parti comuni dello edificio, pongono limitazioni all’uso di esse, riducendo la naturale esplicazione del diritto di proprietà, hanno natura contrattuale e debbono perciò essere approvate – a differenza di quelle concernenti la disciplina dell’uso delle cose comuni e dei servizi condominiali – all’unanimità. Esse inoltre vincolano gli acquirenti dei singoli appartamenti indipendentemente da qualsiasi trascrizione del regolamento, allorché essi, nell’atto di acquisto, facendo esplicito riferimento al regolamento condominiale dimostrino di esserne a conoscenza e di approvarne il contenuto, anche senza espressa menzione delle singole disposizioni.

Cassazione civile, sez. II, 15 giugno 1991, n. 6768

Le convenzioni che obbligano tutti o alcuni dei condomini a preservare le originarie destinazioni delle singole unità immobiliari per l’utilità generale dell’intero edificio possono essere inserite nei regolamenti condominiali, che per la relativa parte assumono natura contrattuale; la loro validità non può però essere provata sulla base di semplici presunzioni, ma deve risultare da un’approvazione per iscritto da parte di tutti i condomini, sia mediante espressa accettazione del regolamento eventualmente predisposto dall’originario unico proprietario dell’edificio, sia mediante il consenso manifestato in seno all’assemblea dal singolo condomino, nel caso di regolamento formato mediante approvazione dell’assemblea dei condomini.

Cassazione civile, sez. II, 19 ottobre 1998, n. 10335

In materia di condominio degli edifici l’autonomia privata consente alle parti di stipulare convenzioni che limitano il diritto dominicale di tutti o di alcuni dei condomini sulle parti di loro esclusiva proprietà nell’interesse di tutto il condominio o di una sua parte. Tali convenzioni, che possono essere anche inserite nei regolamenti condominiali, i quali nella relativa parte assumono natura contrattuale, richiedono per la loro validità l’approvazione scritta da parte di tutti i condomini, sia mediante accettazione del regolamento eventualmente predisposto dall’originario unico proprietario dell’edificio, sia mediante il consenso manifestato in seno all’assemblea dal singolo condomino, nel caso di regolamento formato con l’approvazione dell’assemblea dei condomini.

Cassazione civile, sez. II, 19 ottobre 1998, n. 10335

In materia di condominio negli edifici, l’autonomia privata consente alle parti di stipulare convenzioni che pongano limitazioni nell’interesse comune ai diritti dei condomini, anche relativamente al contenuto del diritto dominicale sulle parti di loro esclusiva proprietà, così costituendo degli oneri reali. (Nella specie si controverteva in ordine alla legittimità della realizzazione da parte di un condomino di una doppia finestra, mediante installazione di un secondo telaio a vetri sul lato esterno di una finestra del suo appartamento; la S.C. ha rigettato il motivo di ricorso con cui si censurava la sentenza impugnata per avere ritenuto legittima l’opera in base ai criteri di cui agli art. 1102 e 1122 c.c., in assenza, in concreto, di un pregiudizio al decoro architettonico dell’edificio, ma ha annullato la medesima sentenza per difetto di motivazione perché, nell’interpretare la clausola del regolamento condominiale contrattuale richiedente il consenso preventivo dell’assemblea condominiale per qualsiasi opera compiuta dai singoli condomini che potesse modificare la stabilità e lo stato di decoro dell’edificio, non aveva preso in esame l’ipotesi, prospettata dal condominio, che la stessa clausola, prevedendo l’obbligo del ripristino dello stato di fatto come sanzione per l’esecuzione delle modifiche in difetto di autorizzazione, stabilisse il principio dell’immodificabilità del fabbricato senza il consenso dell’assemblea).

Cassazione civile, sez. II, 21 maggio 1997, n. 4509

Il limite al diritto di godimento spettante a ciascun condomino “iure proprietatis” sulle parti comuni, disposto dal regolamento condominiale ed accettato nei singoli atti d’acquisto, ha natura negoziale e può essere modificato solo per iscritto e con il consenso unanime dei condomini.

Cassazione civile, sez. II, 18 febbraio 2000, n. 1830

Per la validità ed efficacia di un regolamento condominiale non è richiesta nè la sua trascrizione nel registro dei verbali dell’assemblea, che costituisce un mero onere di pubblicità dichiarativa, nè la sua trascrizione nei registri immobiliari, la cui mancanza determina soltanto l’inopponibilità ai successivi acquirenti delle singole unità immobiliari comprese nell’edificio delle eventuali clausole limitative dei diritti esclusivi di proprietà spettanti a ciascun condomino.

Cassazione civile, sez. II, 26 gennaio 1998, n. 714

La trascrizione prevista dall’art. 1138, comma 3, c.c. del regolamento di condominio nel registro (peraltro non istituito) di cui all’art. 1129 c.c. integra un mero onere di pubblicità dichiarativa, la cui inosservanza non comporta la nullità o l’inefficacia del regolamento approvato dall’assemblea dei condomini o predisposto dall’originario costruttore dell’edificio condominiale. L’omessa trascrizione del regolamento nei RR.II. determina invece l’inopponibilità ai successivi acquirenti delle singole unità immobiliari comprese nell’edificio condominiale delle eventuali clausole limitative di diritti esclusivi di proprietà spettanti a ciascun condomino senza influire anch’essa sulla validità ed efficacia del regolamento.

Cassazione civile, sez. II, 26 gennaio 1998, n. 714

In tema di condominio, le pattuizioni, contenute nel regolamento predisposto dall’originario proprietario accettato con l’atto di acquisto, che comportino restrizioni delle facoltà inerenti alla proprietà esclusiva dei singoli condomini ovvero di quelle relative alle parti condominiali dell’edificio, devono essere espressamente e chiaramente enunziate, con la conseguenza che devono ritenersi invalide quelle pattuizioni che, con formulazione del tutto generica, limitino il diritto dei condomini di usare, godere e disporre dei beni condominiali ed attribuiscano all’originario proprietario il diritto non sindacabile di apportare modifiche alle parti comuni.

Cassazione civile, sez. II, 26 maggio 1990, n. 4905

In tema di condominio di edifici, l’obbligo assunto dai singoli condomini in sede di approvazione del regolamento contrattuale, di non eseguire sul piano o sulla porzione di piano di proprietà esclusiva attività che rechino danno alle parti comuni (nella specie l’obbligo di non sciorinare i panni dalle finestre, balconi ecc.) ha natura di obbligazione “propter rem”, la cui violazione, pur se protratta oltre venti anni, non determina l’estinzione del rapporto obbligatorio e dell’impegno a tenere un comportamento conforme a quello imposto dal regolamento onde è sempre deducibile, stante il carattere permanente della violazione, il diritto di altri condomini di esigere l’osservanza di detto comportamento, potendosi prescrivere soltanto il diritto al risarcimento del danno derivante dalla violazione dell’obbligo in questione.

Cassazione civile, sez. II, 16 ottobre 1999, n. 11692

Il regolamento condominiale, adottato a maggioranza, può disporre in materia di uso delle cose comuni, purché sia assicurato il diritto al pari uso di tutti i condomini, tale dovendosi intendere non solo l’uso identico in concreto (se possibile), ma in particolare l’astratta valutazione del rapporto di equilibrio che deve essere potenzialmente mantenuto fra tutte le possibili concorrenti utilizzazioni del bene comune da parte dei partecipanti al condominio. (Nella fattispecie è stata ritenuta valida la delibera, adottata a maggioranza, che aveva previsto l’uso a rotazione tra i quattro condomini dei tre posti auto disponibili).

Cassazione civile, sez. II, 16 giugno 2005, n. 12873

In materia di condominio di edifici, le norme del regolamento di natura contrattuale possono prevedere limitazioni ai diritti dei condomini, nell’interesse comune, sia relativamente alle parti comuni, sia riguardo al contenuto del diritto dominicale sulle parti di esclusiva proprietà. Ne consegue che, in presenza di una clausola di detto regolamento vietante variazioni all’aspetto esterno dell’immobile, è valida la delibera condominiale che vieti ad un condomino l’installazione sul balcone di sua proprietà esclusiva di una zanzariera che, per le sue caratteristiche (nel caso, formata da telaio in alluminio installato lungo il perimetro esterno del balcone dell’appartamento) risulti immediatamente visibile dall’esterno, e lesiva del decoro architettonico dell’edificio.

Cassazione civile, sez. II, 29 aprile 2005, n. 8883

La formazione del regolamento condominiale è soggetta al requisito della forma scritta “ad substantiam”, desumendosi la prescrizione di tale requisito formale, sia dalla circostanza che l’art. 1138, ultimo comma, c.c. prevedeva (nel vigore dell’ordinamento corporativo) la trascrizione del regolamento nel registro già prescritto dall’art. 71 disp. att. c.c., sia dalla circostanza che, quanto alle clausole del regolamento che abbiano natura soltanto regolamentare (e siano perciò adottabili a maggioranza), trova applicazione il comma 7 dell’art. 1136 c.c., che prescrive la trascrizione delle deliberazioni in apposito registro tenuto dall’amministratore (onde anche la deliberazione di approvazione di tale regolamento per poter essere trascritta deve essere redatta per iscritto), mentre, quanto alle clausole del regolamento che abbiano natura contrattuale, l’esigenza della forma scritta è imposta dalla circostanza che esse incidono, costituendo oneri reali o servitù, sui diritti immobiliari dei condomini sulle loro proprietà esclusive o sulle parti comuni oppure attribuiscono a taluni condomini diritti di quella natura maggiori di quelli degli altri condomini. Ne discende che il requisito della forma scritta “ad substantiam” (che non può intendersi, d’altro canto, stabilito “ad probationem”, poiché quando sia necessaria la forma scritta, la scrittura costituisce elemento essenziale per la validità dell’atto, in difetto di disposizione che ne preveda la rilevanza solo sul piano probatorio) deve reputarsi necessario anche per le modificazioni del regolamento di condominio, perché esse, in quanto sostitutive delle clausole originarie del regolamento, non possono non avere i medesimi requisiti delle clausole sostituite, dovendosi, conseguentemente, escludere la possibilità di una modifica per il tramite di comportamenti concludenti dei condomini.

Cassazione civile, sez. II, 16 settembre 2004, n. 18665

Tenuto conto che sono legittime le restrizioni alle facoltà inerenti alla proprietà esclusiva contenute nel regolamento di condominio di natura contrattuale, purché formulate in modo espresso o comunque non equivoco – sì da non lasciare alcun margine d’incertezza sul contenuto e la portata delle relative disposizioni – le norme regolamentari possono imporre limitazioni al godimento degli immobili di proprietà esclusiva secondo criteri anche più rigorosi di quelli stabiliti, in tema di immissioni lecite, dall’art. 844 c.c. Ne consegue che in tal caso la liceità o meno dell’immissione deve essere determinata non sulla base della norma civilistica generale ma alla stregua del criterio di valutazione fissato dal regolamento. (Nella specie la Corte ha ritenuto corretta la decisione dei giudici di appello, secondo cui la destinazione di un appartamento a studio medico dentistico non violava la norma del regolamento condominiale di natura contrattuale che vietava l’esercizio negli immobili di proprietà esclusiva di attività rumorose maleodoranti ed antigieniche, atteso che l’attività espletata non presentava in concreto tali caratteri).

Cassazione civile, sez. II, 7 gennaio 2004, n. 23


Aggiungi un commento