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Il conduttore della locazione immobiliare


Prendendo spunto della sentenza del 14 novembre 2006 n. 24206 emessa dalla Suprema Corte di Cassazione, abbiamo la possibilità di analizzare una delle problematiche principali della materia contrattualistica in tema di locazione, ovvero quella dell’individuazione dei criteri generali per definire l’abuso del bene locato da parte dell’affittuario.

L’art. 1587 c.c. indica le obbligazioni generali a cui deve soggiacere il conduttore (anche detto affittuario) e tra esse, oltre a quella di presa in consegna della cosa locata e a quella del tempestivo pagamento del corrispettivo convenuto, s’inserisce anche l’osservanza della diligenza del buon padre di famiglia.
Sotto questo ultimo profilo detta norma reitera l’obbligo generale imposto in capo al debitore, della norma fondamentale contenuta dall’art. 1176 c.c. per cui detta obbligazione, nel momento in cui viene specificata nel contratto di locazione, deve essere necessariamente precisata al fine di poter condurre alla risoluzione del contratto.

La Giurisprudenza aveva evidenziato che si poteva riscontrare l’abuso nel godimento della cosa locata nelle sole modificazioni dello stato di fatto e la sua destinazione d’uso, valutate alla stregua dell’interesse stesso del locatore (che in genere è proprietario del bene), il quale ha diritto a non vedere pregiudicato l’accordo contrattuale danneggiandolo economicamente, nonché alla conservazione della res, con il suo stato di liceità urbanistica, le sue caratteristiche catastali, ecc.

La giurisprudenza approfondendo le problematiche correlate a tale figura di abuso, ha avuto modo di evidenziare l’obbligo del conduttore di osservare nell’uso della cosa locata la diligenza del buon padre di famiglia, come stabilito dall’art. 1587 c.c. 1° comma, con il conseguente divieto implicito di effettuare innovazioni che ne mutino la destinazione d’uso e la sua natura che è sempre operante nel corso della locazione, indipendentemente dall’altro obbligo sancito dall’art. 1590 c.c. di restituire al termine del rapporto la cosa locata nello stesso stato in cui è stata consegnata, sicché il locatore ha diritto di esigere dal conduttore l’osservanza dell’obbligazione di cui all’art.1587 c.c. 1° comma e di poter agire nei suoi confronti sia per la risoluzione contrattuale, sia per la riduzione in pristino o l’esecuzione delle necessarie opere di manutenzione, in ogni caso per il risarcimento dei danni senza necessità di attendere la cessazione del rapporto.
Sotto questo profilo la sentenza della Corte di Cassazione n. 24206/06 ha posto in luce che l’obbligo di usare la diligenza del buon padre di famiglia nel godimento del bene locato deve essere apprezzato non solo con riguardo all’eventualità in cui siano apportati danni meramente materiali al bene stesso, ma anche in riferimento all’evenienza in cui il conduttore si comporti in un modo tale da ledere l’interesse del locatore alla conservazione della cosa locata, che l’adibizione dell’immobile ad una attività sconveniente, che può addirittura assumere connotati penali, in violazione all’uso convenuto, ciò può determinare l’abuso di res locata, tale da legittimare l’azione di risoluzione contrattuale e la correlata richiesta di risarcimento danni.

Pertanto in caso di abuso nel godimento di cosa locata, che non si verifica in tutte le ipotesi di modificazioni, ma solamente in caso di innovazioni che possano cambiare la natura e la sua destinazione, spetta al giudice di merito accertare l’inadempimento al fine della dichiarazione di risoluzione del contratto.
Le parti, comunque, nell’ambito dei loro poteri posso prevedere una clausola risolutiva espressa ai sensi dell’art. 1456 c.c. da attivarsi al momento del verificarsi l’ipotesi dell’abuso ai sensi dello stesso articolo, ovvero, per ogni violazione del divieto di eseguire innovazioni vietate dal locatore.
Allorché quest’ultimo si avvalga di questa clausola, il giudice non deve effettuare nessuna indagine sulla gravità del medesimo inadempimento denunciato, avendo le parti preventivamente valutato che qualsiasi innovazione o modificazione del bene locato comporti alterazioni del contratto, né si può sostenere che la clausola risolutiva espressa divenga inoperante laddove il conduttore, dopo aver dichiarato di volersi avvalere della clausola stessa, abbia poi continuato a percepire il canone, avuto riguardo all’obbligo del conduttore ex art. 1591 c.c. di versare il corrispettivo anche quando sia in mora nella restituzione.

LE MASSIME

L’art. 1590 c.c., imponendo l’obbligo di restituire la cosa nello stato medesimo in cui è stata ricevuta, non può essere interpretato nel senso che sia consentita al conduttore qualsiasi modifica di quello stato di fatto, salvo l’obbligo di ripristinarlo al termine del rapporto, in quanto, a norma dell’art. 1587 n. 1 c.c., il conduttore ha l’obbligo di usare la cosa, secondo la sua destinazione, con la diligenza del buon padre di famiglia, col conseguente divieto di eseguire innovazioni che ne mutino la natura e la destinazione. Tale divieto, peraltro, non va inteso in senso assoluto, restando affidato all’apprezzamento del giudice di merito accertare se le modifiche apportate dal conduttore alla cosa locata, ancorché eccedenti i limiti delle innovazioni realizzabili senza il consenso del locatore, comportino un’alterazione dell’equilibrio giuridico-economico del contratto in pregiudizio del locatore di tale gravità da giustificarne la risoluzione per inadempimento. (Nella specie trattavasi di trasformazione dell’immobile locato da ristorante a pizzeria, con la costruzione di un forno con banco e tavolo in muratura).
Cassazione civile , sez. III, 05 gennaio 1980, n. 57

Ai fini della risoluzione del contratto a norma dell’art. 1453 c.c., la responsabilità del debitore deve essere imputabile a dolo o colpa, sicché nel caso in cui ricorrano circostanze obiettivamente apprezzabili idonee a far escludere l’elemento psicologico, l’inadempimento deve essere considerato non colpevole e quindi non può pronunciarsi la risoluzione del rapporto. In particolare, nell’apprezzare il comportamento di un inquilino che abbia pagato un canone in misura inferiore a quello concordato, non può non tenersi conto – al fine di stabilire se sussista o meno un’adempimento colpevole di non scarsa importanza avuto riguardo all’interesse del locatore – del fatto che tale pagamento in misura ridotta sia stato per lungo tempo accettato e tollerato dal locatore.
Cassazione civile , sez. III, 20 marzo 1980, n. 1853

In tema di obbligo del conduttore di osservare nell’uso della cosa locata la diligenza del buon padre di famiglia, l’abuso nel godimento non implica necessariamente il concreto verificarsi di danni materiali, ma può consistere in qualsiasi comportamento lesivo degli interessi del locatore; mentre, ai fini della gravità dell’inadempimento del conduttore, non è determinante l’entità oggettiva dell’inadempimento stesso, bensì il rilievo che esso assume in rapporto all’interesse della controparte.
(Nella specie, il conduttore aveva realizzato nella cantina un deposito di combustibile senza il rispetto delle misure antincendio e con modifiche strumentali parziali senza idonei sistemi di sicurezza limitando il futuro godimento dei proprietari. La Corte Suprema in base all’enunciato principio ha confermato la decisione dei giudici del merito che avevano dichiarato la risoluzione della locazione per inadempimento del conduttore).

Cassazione civile , sez. III, 21 gennaio 1986, n. 390

Con riguardo all’obbligo del conduttore di osservare nell’uso della cosa locata la diligenza del buon padre di famiglia a norma dell’art. 1587 n. 1, c.c. – la cui violazione anche nel corso della locazione costituisce inadempimento valutabile ai fini della risoluzione del rapporto – l’abuso nel godimento non implica necessariamente il concreto verificarsi di danni materiali, ma può consistere in qualsiasi comportamento lesivo degli interessi del locatore, a nulla rilevando che in astratto modifiche od innovazioni possano servire a migliorare la cosa stessa. Di conseguenza, ove il conduttore alteri, sia pure in parte, lo stato della cosa locata, spetta al giudice del merito apprezzare l’importanza dell’inadempimento ai fini dell’eventuale pronuncia di risoluzione del contratto, dando rilievo più che all’entità oggettiva dell’inadempimento, alla sua incidenza nell’interesse della controparte.
(Nella specie, richiamando i principi di cui alla massima, la Suprema Corte ha confermato la decisione dei giudici del merito che avevano dichiarato la risoluzione della locazione per inadempimento del conduttore che per ampliare il vano cucina, aveva abbattuto parte del muro perimetrale ed installato sull’attiguo balcone una veranda a vetri, turbando tra l’altro l’estetica del fabbricato e creando problemi di sicurezza).

Cassazione civile , sez. III, 04 marzo 1988, n. 2275

In caso di abuso nel godimento della cosa locata, perpetrato dal conduttore mediante alterazioni, sia pure parziali, spetta al giudice di merito apprezzare l’importanza dell’inadempimento ai fini della pronuncia di risoluzione del contratto, accertando se l’incidenza delle opere e delle demolizioni sugli elementi strutturali nell’immobile sia tale da alternare l’originaria consistenza e da costringere, al termine della locazione, il locatore proprietario, che non intende accettare le modifiche apportate dal conduttore, ad effettuare onerosi lavori per ripristinare le condizioni originarie dell’immobile locato e valutando gli effetti di queste modifiche anche con riguardo all’interesse del locatore alla conservazione dell’immobile nello stato originario, come manifestato nel contratto di locazione con specifica clausola diretta a vietare al conduttore qualsiasi modifica, anche migliorativa, senza il consenso del locatore.
Cassazione civile , sez. III, 23 marzo 1992, n. 3586

La modificazione dell’uso della cosa locata, come motivo di risoluzione del contratto per colpa del conduttore, va intesa non in senso assoluto e astratto, ma in senso relativo all’interesse del locatore, il quale ha diritto non solo a non vedere pregiudicato in suo danno l’equilibrio giuridico-economico del patto locatizio, ma anche alla conservazione della res locata, con il suo status di liceità urbanistica, le sue caratteristiche catastali, le sue strutture originarie e la sua destinazione assentita.
(Nella specie, la corte suprema ha confermato la decisione del giudice di merito che ha pronunciato la risoluzione del contratto di locazione per avere il conduttore, senza il consenso del locatore, aperto una porta tra due locali contigui, costruito un soppalco e realizzate vetrine esterne).

Cassazione civile , sez. III, 28 ottobre 1993, n. 10735

L’obbligo del conduttore di osservare nell’uso della cosa locata la diligenza del buon padre di famiglia, a norma dell’art. 1587 n. 1 c.c., è sempre operante nel corso della locazione, indipendentemente dall’altro obbligo, sancito dall’art. 1590, di restituire, al termine del rapporto, la cosa locata nello stesso stato in cui è stata consegnata, sicché il locatore ha diritto di esigere in ogni tempo l’osservanza dell’obbligazione di cui all’art. 1587 n. 1 (nella specie, si trattava dell’osservanza dell’obbligo di manutenzione nei termini contrattuali) e di agire nei confronti del conduttore inadempiente sia per la risoluzione del contratto, sia per la riduzione in pristino o l’esecuzione delle necessarie opere di manutenzione, ed in ogni caso per il risarcimento dei danni.
Cassazione civile , sez. III, 01 agosto 1995, n. 8385

In caso di abuso nel godimento della cosa locata – che non si verifica in tutte le ipotesi di modificazione nello stato di fatto, ma solo di innovazioni che immutino la natura e la destinazione della cosa locata – spetta al giudice di merito apprezzare l’importanza dell’inadempimento ai fini della pronuncia di risoluzione del contratto, avuto riguardo, più che alla entità obiettiva dell’inadempimento, alla sua rilevanza in rapporto all’interesse del locatore alla conservazione dell’immobile nello stato originario, che si sia o meno manifestato attraverso una clausola diretta a vietare qualsiasi modifica, anche migliorativa, senza il consenso dello stesso locatore.
(Nella fattispecie, la S.C. ha ritenuto corretta la decisione della Corte di merito che, in riforma di quella pretorile, aveva ravvisato inadempimento idoneo ai fini risolutori nel comportamento del conduttore il quale aveva abbattuto il muro divisorio tra l’immobile locato e quello confinante, considerando, tra l’altro, che, a termini del contratto, le innovazioni dovevano essere autorizzate per iscritto).

Cassazione civile , sez. III, 10 settembre 1999, n. 9622

Posto che il divieto pattizio di abuso, da parte del conduttore, nel godimento della cosa locata mediante alterazioni sia pure parziali della stessa può comportare, in caso di inadempimento ritenuto di non scarsa importanza secondo l’apprezzamento del giudice, la risoluzione del contratto, deve ritenersi lecita e valida la clausola risolutiva espressa, destinata ad operare nella ipotesi di violazione di detto divieto. Nè la circostanza che il locatore, pur dopo la dichiarazione di cui al comma 2 dell’art. 1456 c.c., abbia continuato a percepire il canone di locazione nella misura dovuta costituisce comportamento univoco di tacita acquiescenza alla violazione, idoneo, di per sè, ad escludere la possibilità di avvalersi della clausola risolutiva espressa, avuto riguardo alla sussistenza dell’obbligo del conduttore, ex art. 1591 c.c., di corrispondere il corrispettivo della locazione in caso di mora nella restituzione del bene.
Cassazione civile , sez. III, 11 ottobre 2000, n. 13525

Per la configurabilità della clausola risolutiva espressa, le parti devono aver previsto la risoluzione di diritto del contratto per effetto dell’inadempimento di una o più obbligazioni specificamente determinate, costituendo clausola di stile quella redatta con generico riferimento alla violazione di tutte le obbligazioni contenute nel contratto, con la conseguenza che, in tale ultimo caso, l’inadempimento non risolve di diritto il contratto, sicché di esso deve essere valutata l’importanza in relazione alla economia del contratto stesso, non essendo sufficiente l’accertamento della sola colpa, come previsto invece in presenza di una valida clausola risolutiva espressa.

Per aversi una manifestazione di volontà, sia pure tacita, del locatore, diretta a convalidare l’illegittima situazione posta in essere dal conduttore con il mutamento della destinazione dell’immobile locato, è necessario che sussistano elementi concreti ed atti inequivoci tali che, nel comportamento delle parti, possa individuarsi la volontà derogatrice della clausola circa l’uso contrattuale convenuto. A tal fine, la semplice tolleranza, ed anche la stessa scienza ed inerzia, del locatore non costituisce acquiescenza del medesimo in ordine al mutamento di fatto nella destinazione dell’immobile, posto arbitrariamente in essere dal conduttore, in contrasto con i patti contrattuali.
Cassazione civile , sez. III, 26 luglio 2002, n. 11055

In tema di locazione, al fine di individuare quale sia il contenuto dell’obbligazione del conduttore di riconsegnare la cosa locata nello stesso stato in cui l’ha ricevuta e del dovere di diligenza che deve osservare nell’uso del bene locato, ha valore probatorio preminente la descrizione dell’immobile locato effettuata dalle parti nel contratto.
Cassazione civile , sez. III, 01 ottobre 2004, n. 19652

Il comportamento del conduttore che consente l’esercizio del mercimonio nella cosa locata, anche se riveste carattere di illecito penale, può assurgere a causa determinante di risoluzione del contratto se si concreti in una violazione dell’art. 1587 cod. civ. e, cioè, in un abuso della res locata che in qualche modo la pregiudichi. Occorre, perciò, distinguere a seconda che il comportamento del conduttore abbia o meno incidenza sul valore locativo della cosa. Detta riduzione va accertata in concreto senza che si possa ritenere implicita nel fatto stesso dell’esercizio del mercimonio nell’immobile.
Corte di Cassazione, sez. III, 14 novembre 2006, n. 24206


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