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Gli inerti sono rifiuti speciali


È la Cassazione a mettere un altro bastone tra le ruote agli imprenditori edili.
Con sentenza n° 33882 la Suprema Corte ha accolto, il 9 ottobre scorso,  un ricorso del Procuratore della Repubblica di Modena che chiedeva l’annullamento di una sentenza emessa dal Tribunale del riesame con la quale veniva assolto un imprenditore edile che aveva, nell’ambito del proprio cantiere, accatastato i calcinacci derivanti dalla demolizione di un manufatto, e al quale, in via cautelare, era stato disposto il sequestro delle aree, ravvisando la gestione non autorizzata di rifiuti ritenuti inquinanti.

La Corte, richiamandosi al Codice Ambientale (Dlgs 152/06) e al Dlgs 22/97, ha sostenuto che: i materiali risultanti dall’attività demolitoria sono “rifiuti speciali” ai sensi dell’art. 7, comma 3, lettera b, del Decreto Legislativo n° 22 del 1997 e l’art. 184, comma 3, lettera b, del Decreto Legislativo n° 152 del 2006 […] aggiungendo che […] una parte dei materiali medesimi non poteva certo essere utilizzata in alcun ciclo produttivo […] mentre […] pietre e mattoni, sebbene riutilizzabili in attività costruttive, avrebbero dovuto subire un intervento preventivo di trattamento. A conforto di detta tesi, la Cassazione ha sostenuto che l’allegato A del Dlgv 152/06, il quale elenca 16 diverse categorie di rifiuti (tra le quali non sono presenti i così detti calcinacci), non è esaustivo e ha un valore puramente indicativo, mentre, il concetto fondamentale è quello del “disfacimento”, che può essere esteso anche ai materiali di risulta di un cantiere, se pure fossero semplici residui di demolizioni murarie. E conclude affermando che solo: l’effettivo e oggettivo riutilizzo del medesimo o analogo ciclo produttivo  è l’unica possibilità per evitare la sgradevole etichetta di rifiuto, per gli inerti da demolizione, dopo naturalmente aver subito un trattamento preventivo che però non deve esso stesso danneggiare l’ambiente.


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