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Come strutturare gli impianti di riscaldamento

Il fuoco è stato da sempre il compagno dell’uomo, ha fatto luce nel buio, ha scacciato gli animali, ha cotto i cibi ma, soprattutto, ci ha scaldato.
Simbolo stesso di Dio, il fuoco perenne non mancava mai negli antichi templi, segno di una continuità ancora oggi rappresentata dalla tradizione della torcia olimpica.
Sono passati millenni, passeggiamo nel cosmo, la civiltà cibernetica è in tutte le case, mangiamo prodotti transgenici, cloniamo esseri viventi, ma per l’uomo il fuoco resta uno dei quattro elementi fondamentali senza i quali non potrebbe sopravvivere. Così ancora oggi è l’unica fonte di calore utilizzabile da tutti, più o meno semplicemente, dal caminetto del soggiorno dove la legna scoppiettante ci ricorda inconsciamente i nostri avi delle caverne, ai fornelli della più moderna cucina, alla caldaia condominiale con controllo elettronico e sensori di temperatura ambiente, concentrato di moderna tecnologia.

LA FISICA DEL RISCALDAMENTO

Il punto cruciale è come trasportare l’energia.
L’immagine della nostra nonna seduta davanti al camino con lo scialle sulle spalle è esplicativa dal punto di vista tecnico. Infatti, il camino ci scalda davanti ma, se non ci si copre le spalle si rischia un raffreddore. Questo perché il calore viene emesso per forte irraggiamento unidirezionale e quindi tutto ciò che vi è davanti alla zona di emissione si “cuoce”, tutto ciò che non vi è, non riceve calore.
Scaldare un ambiente quindi, nel senso di produrre un micro clima, è far si che il calore si distribuisca il più uniformemente possibile in ogni angolo di esso. Ciò è tanto più difficile perché tutti sappiano che il calore si stratifica in alto, quindi le zone in alto di un ambiente riscaldato, in genere, hanno una temperatura maggiore di quelle in basso.

Fare in modo che l’aria circoli con movimento rotatorio: dall’alto verso il basso e viceversa, è permettere all’ambiente di scaldarsi uniformemente per convezione. Questo lento movimento dell’aria nell’ambiente, permette la cessione di parte del calore da essa contenuto ai muri, al pavimento, ai mobili ecc, producendo il giusto clima ambientale che viene definito confort.

È quindi particolarmente importante scegliere, in ogni stanza, il luogo idoneo per posizionare la fonte di calore (stufa, radiatore, ecc.) al fine di ottenere una migliore convezione. Questi dovrebbero essere posizionati al centro della parete più corta, affinché l’aria calda emessa circoli nella stanza percorrendola in tutto il suo volume. Il corpo radiante non dovrebbe mai essere posizionato in un angolo o in un vano semi chiuso, magari con quei bellissimi copri termosifoni a rete, poiché con questi si riduce drasticamente la circolazione dell’aria calda. In genere il termosifone lo troviamo sotto la finestra perché in quel punto, per effetto dello spessore ridotto della parete retrostante, dell’infisso con i suoi “spifferi”, del vetro, si ha l’area a maggiore dispersione tecnica. Mettere proprio lì la fonte di calore equivale a porre una sorta di muro termico, evitando così la spiacevole sensazione contraria, cioè di zona fredda o ponte termico.1

LE TIPOLOGIE DI IMPIANTO

Sostanzialmente esistono tre sistemi di impianti di riscaldamento:
1. colonne verticali con doppio tubo.
2. distribuzione orizzontale con doppio tubo.
3. distribuzione orizzontale mono tubo.

Il primo sistema è quello classico di quasi tutti i fabbricati condominiali. Un tubo montante, generalmente in ferro, di andata e uno di ritorno (dalla caldaia), salgono verticalmente a servire  un radiatore che intercettano ad ogni piano. Nel fabbricato ci saranno quindi tante colonne verticali per quanti radiatori ci sono in un piano preso a campione.

Il secondo sistema, meno usato ma molto più pratico, comporta due tubazioni montanti principali (sempre andata + ritorno) per ogni colonna di appartamenti, dalle quali, ad ogni piano si dirama un coppia o più coppie di tubazioni orizzontali che distribuiscono il calore a tutti i radiatori del singolo appartamento, costituendo così un anello orizzontale di distribuzione dell’acqua calda prodotta dalla centrale.

Il terzo sistema è simile al secondo ed è a volte usato negli impiantini singoli, quelli per intendersi con caldaia autonoma, l’unica differenza è che invece di avere due tubi (uno per l’andata e uno per il ritorno) come nel precedente sistema, ne ha uno solo che entra ed esce da ogni radiatore. Naturalmente ad ogni attraversamento di radiatore l’acqua calda subirà una diminuzione della sua temperatura per la cessione di parte del proprio calore all’ambiente, quindi ogni anello orizzontale potrà servire un numero ridotto di radiatori.

Vi è da notare che in caso di distacco di un appartamento dall’impianto centralizzato, con il sistema verticale (1) saremo costretti a tagliare e saldare le uscite dalle colonne montanti condominiali di andata e ritorno in corrispondenza di ogni termosifone, per stendere internamente all’appartamento una nuova  linea di distribuzione, dalla caldaietta autonoma verso ogni stanza. Ciò comporterà, come è ovvio, notevoli lavori di muratura. Con il sistema orizzontale (2), invece, basterà tagliare l’andata e il ritorno del nostro anello, staccandosi così dall’impianto centralizzato e interponendo ad esso la nostra caldaietta. L’impianto interno resterà quello originale e nessuna altra opera muraria dovrà essere fatta, con evidenti risparmi economici.

LE TUBAZIONI

Per decenni il materiale principe è stato il ferro. La canna trafilata e zincata, saldata in opera, costituisce la stragrande maggioranza degli impianti dei nostri stabili. Solo di recente il rame rivestito prima e la plastica poi l’hanno sostituita nella realizzazione, soprattutto degli impianti autonomi. Particolarmente interessanti sono le nuove tubazioni in plastica che uniscono alla solidità, la flessibilità e l’isolamento termico.

I RADIATORI

Per realizzare i termosifoni che conosciamo, di norma sono usati tre materiali: ghisa, lamiera di acciaio, alluminio. Al di là dell’estetica dei bellissimi radiatori in ghisa primi ‘900, (che una fonderia italiana ancora produce a prezzi quasi proibitivi) con i piedini e i motivi floreali cesellati e le vaschette interne con sportello che erano deputate a svolgere la funzione di scaldavivande, la forma del radiatore e il materiale con il quale è realizzato determina la sua capacità di cessione dell’energia termica all’aria dell’ambiente, ovvero, il coefficiente calorifico, espresso in Kcal.

Tutti sanno che un radiatore in alluminio si riscalda e si raffredda più rapidamente di uno in ghisa. Se ne deduce che l’alluminio ha una maggiore capacità di cessione del calore, ossia, trattiene meno il calore. Quindi si può asserire che un termosifone in alluminio, se paragonato ad uno analogo (stessa superficie radiante) in ghisa, a parità di quantità di acqua passata e a parità di temperatura di questa, nella stessa unità di tempo, cede più energia termica all’aria, ovvero, scalda di più.
Ma proprio per questa sua capacità, può creare un problema in caldaia.

Infatti, se tutti i condomini di uno stabile sostituissero i loro vecchi radiatori in ghisa con nuovi in alluminio, per effetto della maggiore cessione di calore, l’acqua di ritorno in caldaia sarebbe notevolmente più fredda dello standard calcolato da chi ha progettato e dimensionato l’impianto, aumentando il salto termico tra andata e ritorno e costringendo la caldaia ad uno stress termico eccessivo, oltre che ad un superlavoro (ovvero maggiori consumi), per ristabilire la giusta temperatura dell’acqua rinviata in andata.
Ma vi è un caso ancora più eclatante.
Quando l’impianto di distribuzione dell’acqua è di tipo orizzontale mono tubo (3), può avvenire che per effetto dell’eccessiva cessione di calore nei primi termosifoni, nei successivi l’acqua passa ormai tiepida e quindi, non più capace a cedere energia sufficiente, ovvero, resterebbero freddi.

LE CALDAIE

E’ facile dire caldaia, intendendo con ciò quella cosa che scalda l’acqua. Altro è sapersi districare tra le mille offerte del mercato:
– semplice
– a produzione di acqua calda sanitaria
– a bruciatore stagno
– con o senza boiler di accumulo
– a regolazione automatica di temperatura ambiente.

Non intendiamo articolare una trattazione che sarebbe più propria di un libro, ma dire almeno che se la caldaia è esterna potrà essere a bruciatore aperto, mentre se è interna all’appartamento deve essere a bruciatore stagno con presa d’aria fresca dall’esterno, perché la nostra vita è legata a questo particolare.
Se la caldaia è posta in cucina, al bagno o in un ripostiglio, deve assolutamente avere una presa d’aria fresca in diretta comunicazione con l’esterno, affinché la fiamma del bruciatore si alimenti di ossigeno non prelevato dall’ambiente abitativo. È bene rammentare, a costo di diventare noiosi, che la fiamma produce, oltre all’anidride carbonica già imputata dell’effetto serra, anche l’OSSIDO DI CARBONIO, un potentissimo veleno inodore e incolore che, essendo più pesante dell’aria, si stratifica in basso. Ogni anno, ripetutamente, la cronaca ci racconta di persone morte nel sonno per avvelenamento da questo gas invisibile, prodotto da stufe, caldaie, bruciatori, lasciati accesi per scaldarsi all’interno dell’ambiente abitato. Ogni anno, incredibilmente, si rinnovano delle morti inutili solo per sbadataggine o ignoranza. Le norme di sicurezza dettate dai vigili del fuoco in questo campo sono semplicissime e, in molta sintesi, quelle che abbiamo appena accennato, basta rispettarle.

I CAMINI

Che dire, il caminetto lo conoscono tutti, ma da alcuni anni a questa parte è diventato anche una caldaia. Molte industrie infatti ne producono con inserito un sistema di tubazioni che, allacciate all’impianto dei termosifoni, scaldano o contribuiscono a scaldare l’acqua veicolata nei corpi radianti e con essi, riscaldano tutta la casa. Il riscaldamento a legna torna ad essere, quindi un modo intelligente e bello di unire l’antico fascino del fuoco alle moderne tecnologie.



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