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Le acque misteriose del lago di Bolsena


Le acque limpide del lago di Bolsena, incastonato tra le colline verdeggianti, ammaliano lo sguardo del visitatore che lo osserva dall’alto di quelle alture ricche di boschi di querce, castagni e noccioli, di vigneti e oliveti che generano prodotti rinomati, lo attirano a scendere i pendii ed arrivare fino alle rive di sabbia nera vulcanica, per  godere del suo misterioso tesoro secolare: fu terra d’Etruschi, sulle acque aleggiano fantasmi e leggende, sempre vive nei cuori della gente di lago, delle antiche, belle, allegre e turistiche cittadine costiere come Capodimonte, Bolsena e Marta.

Questo è  il più grande lago, in Europa, di origine vulcanica, infatti la sua storia si perde nella notte dei tempi. Allora chiudiamo gli occhi e prendiamo il treno del Tempo, quello che viaggia verso il Passato e ci fermiamo alla stazione di 600.000 anni fa. L’area vulsina è ancora un paesaggio fatto di vulcani e noi assistiamo di tanto in tanto a tranquille emissioni laviche, ma ecco che all’improvviso l’espulsione diventa violenta, il magma spinto in alto crea addirittura una colonna rosso-fuoco, che s’innalza sempre più in alto per diversi chilometri, poi si espande a forma di ombrello, e noi spaventati assistiamo all’esplosione di una bomba simile a quella atomica, attivata da madre natura! A questo punto avviene l’inevitabile  ricaduta, il flusso avanza  paurosamente e affascinosamente in tutte le direzioni, a una temperatura di centinaia di gradi, la colata scivola giù tutt’intorno… siamo di nuovo sul treno, alla stazione di 320.000 anni fa, assistiamo ad un altro terribile ciclo eruttivo… ancora il treno cammina, il magma fuoriuscito si è solidificato in pietra di tufo e nenfro, al posto della bocca vulcanica ora c’è una conca, che si sta riempiendo d’acqua.

Il treno ci lascia nel 2006, sulla nostra destra vediamo il paesino di Capodimonte che sta arroccato sulla penisola, ai suoi piedi il porticciolo accoglie barche a motore o a vela; le rive del lago sono popolate dalla gente del posto e dai turisti, tra cui molti stranieri, soprattutto tedeschi e olandesi, che amano il riposante clima lacustre; le acque limpide, senza alghe infestanti, invogliano ad una bella nuotata, o a solcarle in canoa o in surf; le leggere onde cristalline vanno a lambire la sabbia granulosa e nera che ci ricorda l’antico passato vulcanico e la spiaggia, d’estate, è giornalmente tenuta pulita dal servizio pulitura del Comune; una striscia di prato fitto e robusto, che si snoda lungo diversi chilometri, ombreggiato da poderosi platani, offre refrigerio ai balneanti che cercano frescura; qua e là panchine, cespugli floreali odorosi e variopinti, numerosi bar e ristoranti soddisfano ogni desiderio, ma… lo sguardo ci porta al centro del lago dove sorgono le due isole: la Bisentina e la Martana.

Vele bianche che solcano rapide e leggere le onde scintillanti, verdi colline che incoronano in cerchio le profonde acque azzurre, porticcioli ridenti che proteggono e cullano le barche a riposo, viali da passeggiare, spiagge, paesini da scoprire…e poi miracoli famosi, e streghe che la notte del sabba confluivano in una barca volante all’isola che fu l’ultimo approdo di una regina assassinata, e la storia del grande tesoro sepolto presso le sponde, controllato da una grande chioccia d’oro come i suoi pulcini…..

Bolsena
Un paesino medioevale arroccato, che si aggroviglia con case e stradine intorno al suo castello, e poi un lungo viale alberato e ombreggiato da possenti platani, che portano giù dritto alle acque del lago, fonte di vita per gli abitanti di Bolsena, ieri soprattutto legati alla pesca, oggi al turismo.
Al lago si pescava con quelle reti sapientemente costruite dalle donne con la canapa che veniva fatta macerare nelle stesse acque; oppure chi non aveva fonti vicine ci portava le pecore a “fare il salto”, ossia a sciacquarle prima della tosatura; le donne ovviamente ci lavavano i panni; le barche dalla tipica punta lacustre salpavano con gli uomini a bordo per quella pesca fonte di vita e non di svago o sport come oggi; erano i tempi in cui nel lago era meglio non fare il bagno per non ammalarsi (negazione allo svago o proibizione all’indecenza tipica di un territorio pontificio, i cui abitanti erano più rispettosi dei Romani, che d’estate si tuffavano nudi nelle acque del Tevere nonostante le tante invettive papali); era il “lago contadino” tanto per usare il modo di appellarlo di Franco Bertarelli.
“…La gente in questi luoghi vive miseramente: vino acido, pane nero, carne poca o niente. Tutti i cibi sono conditi con olio rancido.” Così nel 1770 il musicologo inglese Charles Burney descriveva il lago di Bolsena e l’omonima cittadina “ si dice che sia stata l’antica capitale dei Volsci; possiede un vecchio castello e delle fortificazioni”.
Pare impossibile che in duecento anni il mondo sia così cambiato; ma non tanto da scordare i suoi misteri, le sue leggende o storie vere che dir si voglia.

Se dall’isola Martana il vento allunga il triste lamento di Amalasunta, regina dei Goti, che qui, prigioniera, ha trovato tristemente la morte, al contrario una fanciulla di Bolsena nella acque del lago ha trovato la vita. Si narra, infatti che sotto Diocleziano, Cristina, figlia del prefetto Urbano, venne torturata in vario modo dal padre perchè non voleva abbandonare la fede cristiana, fino a che egli impietosamente decise di buttarla nelle acque con una pietra legata al collo, ma invece di cadere a picco, la pietra la riportò a galla. Il miracolo era straordinario, per cui la pietra con le impronte dei piedi della fanciulla ha finito con il fare da mensa d’altare nella chiesa intitolata a Santa Cristina. Ma la storia non finisce qui! Siamo nel 1263 e la cittadina di Bolsena facendo parte del percorso della via Francigena , accoglieva un sacerdote boemo un certo Pietro da Praga, in viaggio per Roma, mentre celebrava messa, fu assalito da dubbi sulla verità della transustanziazione, quando vide stillare dall’Ostia consacrata del sangue che bagnò il corporale, i lini liturgici e i marmi del pavimento. Le vesti furono portate in solenne processione a papa Urbano IV che dimorava ad Orvieto e l’anno dopo questi promulgò la bolla che istituiva in tutto il mondo cattolico la commemorazione annuale del Corpus Domini, che qui nella cittadina di Bolsena trova il suo nucleo vitale.

Le quattro stagioni di Capodimonte

Le rive del lago, costeggiato da una magnifica passeggiata di due chilometri, sono godibili in ogni periodo dell’anno. La cittadina, che si erge su un promontorio di lava,  vista dal basso invoglia a risalire il borgo di chiaro impianto medioevale, per raggiungere il poderoso castello Farnese, eretto su disegno di Antonio da Sangallo il Giovane, che amava il passaggio dalla pianta quadrata a quella ottagonale. Vi soggiornò più volte Annibal Caro.

L’isola Martana

Sta di fronte a Marta, pittoresco villaggio di pescatori, è un’isola privata e perciò non visitabile, ma sono in molti ad accostarsi alle rocce a dirupo con la barca, per carpire quell’alone di mistero che ancora emana il fantasma di Amalasunta! Era il VI secolo d.C. quando Amalasunta, figlia del grande Teodorico (re dei Goti, che annientato l’ impero Romano, aveva cercato di governare le terre d’Italia amalgamando i due popoli), alla morte del padre aveva preso il potere come reggente, in attesa che il figlio Atalarico raggiungesse la maggiore età. Erano i tempi in cui una donna non poteva detenere ufficialmente il potere, anche se Amalasunta, come tante altre donne di cui ci parla la storia sapevano ben essere all’altezza di governare un popolo, destreggiandosi tra le forze dominanti dell’epoca, cercando di portare avanti quel programma di compenetrazione tra Goti e Romani, che era stato tipico del padre.

Tuttavia fu sempre osteggiata, per ingordigia di potere da parte di chi la circondava, in particolare il cugino Teodato, ma nessuno poteva toccarla per via di quell’erede maschio! La fine di Amalasunta fu proprio la prematura morte del figlio; è a questo punto che, per salvare il regno, la regina sposa Teodato, ma il marito avido di potere la relega nell’isola martana. Qui visse in solitudine, e sorge spontaneo il collegamento con la prigionia di Napoleone sull’isola dell’Elba e poi su quella di sant’Elena. Chissà se Amalasunta avrà tramato, con i suoi fidi, un ritorno al trono! Chissà se i suoi fedeli alla corte gotica abbiano rimpianto il suo governo illuminato, al punto di congiurare contro Teodato! Fatto sta che la regina sebbene lontana, sebbene relegata su un isolotto in mezzo al lago di Bolsena, da viva era una spina nel fianco di Teodato, al punto di commissionarne l’assassinio. Venne strangolata durante uno dei suoi bagni, quello era l’ unico svago permessole, ella raggiungeva le rive del lago per un bagno appartato, attraverso un percorso segreto.
Alla sua morte, senza la sua abilità di mediatrice scoppiò la guerra tra Bizantini e Goti. Una targa, affissa sulla roccia, ricorda la data di nascita di Amalasunta.
A parte leggende e storie di fantasmi a noi piace ricordare questa regina, che non ha potuto governare in quanto donna. L’eco della tristezza delle sue giornate, pare arrivare alle nostre orecchie…molti secoli sono passati, ma le donne, più degli uomini devono ancora dimostrare il loro valore se vogliono detenere un qualsivoglia posto di prestigio. Allora il triste canto di Amalasunta diviene un inno alla parità tra uomini e donne, all’uguaglianza non imposta, che sorge spontanea di fronte la corrispondenza intellettuale.

L’isola Bisentina

L’isola è privata, ma è possibile vederla grazie a visita guidata,  usufruendo del battello che fa servizio partendo da Capodimonte. La smania primitiva di popolare qualsiasi luogo che ne valesse la pena, ha fatto ritrovare alcune tracce della permanenza di Etruschi e  Romani, poi fu abitata stabilmente nel IX secolo quando le popolazioni rivierasche vi si rifugiarono per sfuggire alle temibili incursioni saracene.
Nel XIII secolo divenne proprietà della Famiglia Bisenzio che, in seguito a contrasti con gli abitanti, abbandò l’isola, ma solamente dopo averla messa a fuoco.
Raggiunse il massimo splendore nel Rinascimento con i Farnese (neanche i papi disdegnavano le bellezze dell’isola!) che vi fecero costruire la chiesa dei Santi Giacomo e Cristoforo con cupola realizzata dal Vignola; il convento Francescano; sette oratori, per compiere un allegorico pellegrinaggio, nel quale era inclusa la pregevole Rocchina, tempietto di Santa Caterina a pianta ottagonale di Antonio da Sangallo il Giovane, costruita su un colombario etrusco, che si erge da uno sperone di roccia a picco sul lago e ancora la cappella del Crocifisso con affreschi del ‘400; per ultimo l’orribile Malta dei Papi, carcere a vita per ecclesiastici colpevoli d’eresia, composto di una buia cella, con luce filtrante da una piccola botola posta a 20 metri d’altezza
Anche quest’isola ha la sua leggenda, quella di Giulia la “Bella” della stirpe Farnese, costretta a sposare Orsino Orsini, uomo molto brutto, e si dice che il lamento della triste fanciulla si senta durante la notte, non manca naturalmente chi sostiene d’averlo sentito!

Il Palio Storico

La regata delle barche o Palio storico, è un’antichissima gara sportiva che si teneva regolarmente sul Lago di Bolsena; sospesa da decenni si è ritenuto opportuno rilanciarla e valorizzarla dal 1996. Documentazioni storiche con riferimenti alla regata si hanno dal 1454, altre si tennero poi nel 1462, 1514, 1618, 1747 e 1790. Quella del 24 giugno 1462 ebbe come spettatore il Pontefice PIO II Piccolomini che ne fece una dettagliata cronaca; alla gara con partenza da Capodimonte e arrivo al porto dell’Isola Bisentina, cinque barche al via, in rappresentanza dei pescatori di Bolsena, Marta, Grotte di Castro, Valentano, ed i domestici del Vescovo di Corneto (oggi Tarquinia). I pescatori di Marta, dopo un duello appassionante con quelli di Bolsena vinsero la gara. Nella prima edizione di rilancio con finale 24 giugno 1997 hanno partecipato sette imbarcazioni, in rappresentanza delle cittadine che si affacciano sul Lago di Bolsena che in ordine alfabetico sono: Bolsena, Capodimonte, Gradoli, Grotte di Castro, Marta, Montefiascone e S. Lorenzo Nuovo. Fin dalle gare preliminari alla finale che si sono tenute nelle acque dei vari paesi partecipanti, settimanalmente nei mesi di luglio e agosto 1996, la partecipazione dei turisti e dei tifosi è stata buona. La finale del 1997 a 535 anni da quella storica del 1492 ha riservato un esito a sorpresa. Si presenta favorito alla partenza, l’equipaggio di Capodimonte che col margine di punti conquistati nelle gare preliminari dell’anno precedente, è sufficiente un piazzamento per vincere il Palio. Alla partenza però, al capovoga di quest’equipaggio, saltano i nervi dopo un diverbio coi giudici; e il suo deplorevole comportamento continuato durante la competizione, getta al vento una sicura affermazione che è così offerto in un piatto d’argento all’equipaggio di Marta che si aggiudica gara e Palio.

Anguille dai Sargassi o da Comacchio?
Ma le famose anguille del nostro lago, quelle che papa Martino V si faceva arrivare fino in Francia ad Avignone, per insaporirle nel vino della Vernaccia e che gli valsero il Purgatorio dantesco vengono davvero dal mare dei Sargassi? Qualche studioso della materia ha i suoi dubbi, in quanto gli sbarramenti degli ultimi tempi pare che debbano impedire alle anguille la famosa e meravigliosa dipartita verso il mar dei Sargassi per la riproduzione e la successiva risalita delle nuove nate le “ceche” dal mare al fiume al lago. Forse viene ripopolato con esemplari che vengono da Comacchio, ma i pescatori non ne vogliono parlare, anche chi si è accanito a voler far luce sulla storia come Alessandro Fioravanti non è riuscito a dipanare la matassa….forse si preferisce rimanere legati al ricordo dantesco, commemorato con tanto di targa sulle chiuse del fiume Marta, si desidera che le anguille siano di pura razza bolsenese!

Marta: Villaggio di pescatori
Una tradizione che permane: dalle anguille inviate ad Avignone a papa Martino V, tanto da procurargli un posto nel purgatorio dantesco, al pesce di lago e di mare, cucinato nei ristoranti situati in fila lungo la “passeggiata”, a quello esportato oltre i confini d’Italia.

Marta sorge all’uscita del fiume Marta dal bacino lacustre, a differenza di Bolsena e Capodimonte bagnava i suoi piedi nel lago, infatti “le case di quella parte sono dall’acqua battute assai”, un paesaggio languido, che si specchiava nelle acque, case ora accarezzate dallo scintillio delle albe e dei tramonti, ora sbattute dalle onde gelide dell’inverno, fino a quando nel 1932 il podestà Luigi Donati fece costruire un muraglione con relativo terrapieno “per difendere l’abitato dalle tempeste del lago” ed evitare l’erosione delle fondamenta delle case, dando luogo a quel lungolago alberato che oggi viene chiamato “passeggiata”.
Il lago di Bolsena è sempre stato per il paese fonte di vita e di difesa, infatti il Castello di Marta era difeso per un tratto da una cinta muraria (con fossato che prendeva l’acqua dal lago) e per la parte rimanente dal lago e quando al calar della sera venivano chiuse tutte le porte, l’unica a rimanere aperta tutta la notte per consentire l’uscita dei pescatori era la “Porticella”, alta poco più di un uomo. Del resto se il pericolo era serio, come durante le invasioni barbariche o la seconda guerra mondiale, si trovava rifugio nell’isola di fronte dalle alte coste, la Martana, l’isola che era stata alla ribalta delle cronache medioevali, perché qui si era consumata la storia con l’assassinio di Amalasunta.
Marta, oltre ad essere famosa per il suo vino Cannaiola, è ancora oggi il paese con il maggior numero di barche e persone dedite alla pesca di tutto il bacino lacustre, del resto le acque pescosissime erano già famose al tempo dei Romani, per bocca di Plinio. Il pesce caratteristico del posto è l’Anguilla, il Lattarino, il Persico e il Coregone, immancabile la sagra nel mese di Agosto nei paesi rivieraschi.

Sin dal medioevo i Martani avevano banchi di vendita nel mercato di Viterbo e finalmente nel 1608 vennero ammessi come categoria nella grande processione che si recava al Santuario della Madonna del Monte a offrire i prodotti della terra; ogni anno il 14 maggio si rinnova il rito di offerta delle primizie nella chiesa dalle semplicissime forme romaniche.
Oggi le cooperative (situate alle spalle del paese) commercializzano il pesce al dettaglio e all’ingrosso nel nord Italia e in Europa, possiedono pescherecci che operano nel Tirreno e nell’Adriatico.
Una tradizione dunque di acqua riscontrabile nel porto dove sono attraccate le barche a vela e di diporto e lungo la passeggiata dove c’è l’imbarazzo per scegliere il ristorante che cucina il miglior piatto di pesce di lago o di mare!

bolsena


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