Casa Editrice Online

L’Assemblea di condominio


L’Assemblea dei condomini può essere tenuta sia in prima che in seconda convocazione, come previsto dall’art. 1136 del codice civile. E’ però da sottolineare che potrebbe esserci anche una sola convocazione, la cui validità dovrebbe semmai attuarsi al momento della sua apertura: cioè, nel controllo del numero dei presenti e nella verifica dei documenti comprovanti che tutti i condomini siano stati invitati alla medesima.

In particolare, questa considerazione, è assolutamente propedeutica a qualsiasi atto assembleare. Infatti, mentre per la prima convocazione la vigente normativa prevede il numero dei voti necessari per la sua validità, per la seconda convocazione non detta alcuna disposizione, in merito alla “validità della riunione”. In seconda convocazione, cioè, viene ritenuta regolarmente costituita l’Assemblea, con la presenza di tanti condomini quanti siano sufficienti per raggiungere – nella votazione – la maggioranza valida per ciascun argomento all’ordine del giorno.

Quanto sopra è valido anche per le deliberazioni di cui al 4° e 5° comma del detto art. 1136 c. c.: anzi conferma il principio stesso. In questi casi, la norma suggerisce che per alcuni argomenti all’ordine del giorno valgono solo le maggioranze di cui alla prima convocazione, anche se ci si trova in seconda.

Da quanto detto, è facile dedurre che saranno le “maggioranze” che qualificheranno come operanti o meno le discussioni, e le conseguenti decisioni e deliberazioni (e non la convocazione dell’Assemblea in senso stretto).
L’ideale sarebbe che per le riunioni di Condominio vi fosse una sola convocazione: ma al momento però esistono una prima ed una seconda convocazione, ed a questo dettato normativo è necessario attenersi.

Esaminiamo ora come possa essere possibile arrivare a chiarire quali maggioranze occorrano perché una Assemblea condominiale  sia validamente costituita.
In prima convocazione l’assemblea è validamente costituita quando è composta da tanti condomini che rappresentino i 2/3 dei partecipanti al condominio (in proprio o per delega), e contestualmente anche i 2/3 del valore dell’intero edificio (che d’ora in poi chiameremo più semplicemente “capitale”): tradotto in millesimi, corrisponde ad un minimo di 667 millesimi, derivanti dalla somma delle singole quote appartenenti ai singoli condomini.

In seconda convocazione invece è regolarmente costituita “qualunque sia il numero dei condomini intervenuti”, ma ai fini della validità delle deliberazioni, sarà comunque necessario ottenere un numero minimo di partecipanti. Ricapitolando, mentre nella prima convocazione per dichiarare valida l’assemblea è necessario preliminarmente verificare la doppia maggioranza  (millesimi e “teste”) presenti nella riunione, in seconda convocazione, l’assemblea è sempre regolarmente costituita qualunque sia il numero dei condomini presenti, altra cosa è poi verificare se vi sono le maggioranze per deliberare sui vari punti all’ordine del giorno

Non possiamo ritenere però esaurito l’argomento senza accennare che è invalso l’uso di unificare all’avviso di convocazione, anche l’invito a partecipare direttamente alla seconda convocazione.
Ciò senza dubbio semplifica il lavoro, di per sé già oneroso, dell’amministratore, ma purtroppo – a rigidi termini di interpretazione di legge – esclude ogni possibilità di valida convocazione, e di conseguenza di ogni eventuale successiva deliberazione. Infatti, la legge consente l’applicazione di requisiti meno severi per la costituzione della assemblea – quando non si sia potuta costituirla in prima convocazione – in una seconda: ma questo non vuol dire ignorarne l’esistenza, e l’importanza.

Infatti, accade che nel tentativo di voler “evidenziare” a tutti i costi la seconda convocazione, minimizzando le ritualità della prima, sia pure per necessità o per praticità, si riporta la norma – che si intendeva sottacere o finanche tentare di escludere – alla sua originaria interezza: ossia in definitiva si finisce col dover considerare automaticamente a tutti gli effetti l’assemblea in “prima convocazione”, annullando contemporaneamente di fatto tutti i vantaggi della costituibilità in seconda; con l’applicazione quindi dei “quorum” richiesti per la prima.

Questa abitudine può comportare dei problemi a carico dell’amministratore. Facciamo un esempio. L’amministratore si reca nel luogo e nell’ora stabiliti per la prima convocazione e redige una nota a verbale, constatando l’assenza dei due quorum necessari (almeno 1/3 dei condomini presenti fisicamente o per delega ed almeno 1/3 delle quote millesimali) per la validità della convocazione.
Qualora sul luogo di prima convocazione l’amministratore non sia presente, ma redige ugualmente una “nota a verbale” (come quella precedentemente descritta) compirebbe chiaramente un falso, assumendosene tutte le successive eventuali conseguenze.

In seconda convocazione, invece, la responsabilità della verifica dei due quorum (almeno 1/3 e 1/3) e la responsabilità della dichiarazione di validità dell’assemblea, e della sua attitudine a deliberare,spettano esclusivamente al Presidente, democraticamente eletto in assemblea.
D’altra parte per la “seconda convocazione” vige il principio della inderogabilità (artt. 1136 e 1138 c.c.), che è implicita nella formazione del Regolamento Condominiale di tipo “contrattuale”, ossia acquisito con l’atto notarile di compravendita della porzione immobiliare di proprietà. Per cui, anche vi fosse inserita una clausola atipica che volesse,  per semplificare, facilitare l’assemblea ad esprimersi in “seconda convocazione” stabilendo che ciascun condomino ha solo diritto a tanti voti quanti gliene derivano dalle quote millesimali (ignorando quindi la prassi relativa alle formalità di convocazione che prevedono due maggioranze: quella numerica e quella millesimale), tale clausola non potrebbe che essere nulla, e priva di qualsiasi efficacia, in quanto in aperto contrasto con gli articoli di c.c. già citati. E quindi con tutte le negative conseguenze eventualmente derivabili dalla nullità della costituzione e delle eventuali deliberazioni.

La convocazione di tutti i condomini
Fino a quando non ci sarà una riforma sostanziale, ogni amministratore dovrà invitare – con chiare ed evidenti distinzioni formali – alla assemblea i condomini, sia in prima che in seconda convocazione. Ed a nulla servirebbe rappresentare che l’omissione è avvenuta in perfetta buona fede, e neppure che la deliberazione è stata adottata con valide maggioranze, tanto da rendere comunque non necessario il voto del condomino non regolarmente convocato: e ciò ha una sua propria corretta logica, in quanto ciascun condomino ha diritto non solo di votare, ma di discutere qualsiasi argomento. E una espressione, una opinione anche di una sola persona può spesso far cambiare le discussioni e le conseguenti deliberazioni.

E se un condomino dovesse venire a mancare, per decesso, e si abbia la necessità comunque di convocare l’assemblea? A nome del “de cuius” l’amministratore dovrà procedere alla normale convocazione presso l’ultimo domicilio dello scomparso, quando non sia stato comunicato dagli eredi l’avvenuto trapasso. In caso contrario l’amministratore dovrà convocare “collettivamente ed impersonalmente” tutti gli eredi. (S.C. di Cassazione Decisione n. 3798/78).
E che cosa avviene quando un condomino, non invitato regolarmente, partecipa comunque intenzionalmente alla riunione assembleare? Il problema può facilmente essere sanato con la verbalizzazione della presenza del condomino non regolarmente invitato.

Impugnazione dell’assemblea
E che cos’altro accade se nell’avviso di convocazione manchi – in toto od in parte – l’ordine del giorno? Va da sé che tale omissione può comportare ai sensi dell’art. 1105 comma 3°, e dell’art. 1139 del c.c. la nullità della deliberazione.
Ma una importante sentenza della Suprema Corte di Cassazione, la n. 989 del 15.02.1979, così recita: “Quando l’assemblea dei condomini procede alla trattazione di materia non indicata nell’avviso di convocazione, la partecipazione alla discussione senza sollevare eccezioni al riguardo, preclude al condomino il diritto di impugnare la deliberazione, in conseguenza alla aquiescenza prestata con il proprio comportamento alla formale irregolarità della costituzione dell’assemblea”.

Questo principio sancito dalla Suprema Corte implica che quando un condomino ha rilevato, ricevendo l’avviso di convocazione, un procedimento irregolare, ma si presenta egualmente in assemblea, ed all’inizio della trattazione degli argomenti non ritiene di sollevare alcuna eccezione circa il “vizio di costituzione” dell’assemblea stessa, né si astiene dalla discussione, può in un secondo momento impugnare la deliberazione solo in “qualità di dissenziente”, ma non potrà più eccepire la irregolarità di procedimento e quindi invocare la “nullità delle deliberazioni”.

A completare questa disciplina interviene ancora la Suprema Corte di Cassazione con Deliberazione n. 1188 del 04.09.1970, per la quale “L’incompletezza dell’ordine del giorno di una Assemblea Condominiale dà luogo ad annullabilità delle delibere da far valere nei termini di cui all’art. 1137 c .c. L’accertamento della sussistenza o non, di tale incompletezza costituisce indagine di fatto, il cui risultato è insindacabile in Cassazione, salvo sotto il profilo dell’adeguatezza della motivazione”.

E che cosa avviene se un condomino viene allontanato, o si allontana spontaneamente dopo verificata la regolare costituzione? A questo ci soccorre la Sentenza di Corte di Cassazione n. 89 del 09.01.1967, che così recita: “L’allontanamento di alcuni degli intervenuti dopo la regolare costituzione della Assemblea dei condomini di edificio, non incide sulla determinazione del quorum costitutivo, dovendosi avere riguardo a tal fine unicamente al momento iniziale della riunione”.


Aggiungi un commento