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Il travertino romano


Introduzione
Di depositi travertiniferi se ne trovano un po’ in tutto il mondo, ma è fuori di dubbio che quello del bacino delle Acque Albule (a nord-est di Roma) sia il più importante giacimento grazie alla continuità estrattiva, alle qualità estetiche (uniformità cromatica) e tecniche (resistenza) del materiale e alla facilità di coltivazione. A queste motivazioni va aggiunta, infine, l’enorme estensione del bacino che si sviluppa per circa 45 Km2.

La genesi
Circa due, tre milioni di anni fa, gran parte dell’Italia era ricoperta dal mare così come l’area del bacino delle Acque Albume, come testimoniato dai molti ritrovamenti di fossili marini. Probabilmente a causa di una glaciazione il mare cominciò a regredire; in seguito cominciarono a riaffiorare in superficie (a causa dell’effetto spumante dovuto alla spinta dei gas solforosi) acque termominerali alla temperatura di 23°C miste a gas solforosi provenienti dalle eruzioni vulcaniche dei Colli Albani. Tali acque, attraversando enormi masse calcaree si sono arricchite di carbonato di calcio. Una volta in superficie le acque cominciarono a defluire verso i punti più bassi del bacino subendo un abbassamento di temperatura e di pressione che favorì la sedimentazione del carbonato di calcio. L’attuale aspetto poroso del travertino è dovuto in massima parte ai gas solforosi che risalirono in superficie in forma di bolle.

La compattezza del travertino romano è da ascriversi al cosiddetto processo di ricristallizzazione: il banco di travertino viene attraversato da acqua ricca di carbonato di calcio filtrante dal terreno fino alla base, dove viene frenata dallo strato impermeabile di argilla; questa acqua andrà ad occludere ulteriormente i fori presenti ricristallizzando appunto il banco di travertino. Le variazioni cromatiche sono dovute al disturbo di agenti atmosferi nei confronti della sedimentazione del carbonato di calcio: se avrà la possibilità di sedimentare senza disturbi esterni il travertino assumerà una colorazione estremamente bianca; viceversa una grande interferenza degli agenti comporterà una colorazione estremamente scura.

Il percorso del travertino
La cava:
L’estrazione del travertino, a differenza di altre pratiche estrattive, avviene in un territorio sostanzialmente pianeggiante. Questo fa si che la cava non sia una profonda lacerazione di un elemento naturale, che comporta un impatto ambientale decisamente sgradevole; bensì il risultato dell’estrazione sono delle enormi depressioni che nella gran parte dei casi dà vita a vere e proprie sculture. La tendenza attuale è quella di cercare un riuso delle cave abbandonate che rivaluti la zona circostante.
L’estrazione del travertino avviene per mezzo del cosiddetto sbancamento. Sostanzialmente il terreno viene letteralmente affettato per mezzo di macchinari dotati di fili diamantati. Il banco così ottenuto viene fatto cadere a terra in una zona predisposta dove sono stati alloggiati detriti calcarei atti ad attutire la caduta per fare in modo che il banco non si rompa in blocchi troppo piccoli. Successivamente il banco viene sbozzato in tanti blocchi.

Il laboratorio:
Il laboratorio di grandi dimensioni acquista il blocco dalla cava per ridurlo in lastre di vario spessore. Il taglio che avviene per mezzo di macchinari in grado di dividere tutto il blocco contemporaneamente può essere fatto in due sensi: in falda e contro falda. Il primo taglio rende la lastra più omogenea e permette di leggere la struttura del travertino; il secondo rende la lastra venata rendendo possibile la percezione della stratificazione del materiale.

Il prodotto semifinito:
Negli stessi laboratori di cui sopra o in laboratori più contenuti si passa dalla lastra al prodotto semifinito. Le lavorazioni a questo punto diventano molteplici. In primo luogo si può effettuare la levigatura per rendere il materiale liscio e pronto alla stuccatura. Quest’ultima avviene con tre diversi materiali: con resina che pur occludendo i fori del materiale, vista la sua trasparenza, permette la lettura degli stessi, con sintolit che invece permette l’occlusione dei fori completa facendo apparire il materiale completamente compatto ed infine con cemento che risulta il più resistente.
Un altro tipo di lavorazione è il taglio che porta alla generazione o del prodotto finito, o di un elemento dello stesso. Nei laboratori vengono effettuate le lavorazioni delle coste con le più disparate modanature (toro, becco di civetta…). Forse una delle più affascinanti lavorazioni sono i mosaici che prevedono con l’utilizzo di diverse pietre la creazione di disegni o forme geometriche che danno un valore aggiunto di notevole pregio al prodotto finito.

Tutte queste lavorazioni, a meno dell’ultima avvengono o per mezzo di macchinari che vengono controllati interamente dall’operaio specializzato o per mezzo di macchinari a controllo numerico che consentono oltre ad una più rapida lavorazione, anche la trasformazione di un modello tridimensionale digitale in realtà semplicemente con l’inserimento dello stesso all’interno della macchina.


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