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Il contratto libero


Tra i contratti di locazione introdotti dalla legge 431/98 il più usato è il contratto libero le cui caratteristiche principali sono la forma scritta, poiché l’accordo verbale non ha alcun valore.

Il canone può essere liberamente contrattato dalle parti, ma mai deve superare la cifra indicata nel contratto. In quel caso il contratto sarà nullo, e se l’inquilino potrà dimostrare di aver pagato di più potrà chiedere la restituzione della differenza, oltre alla revisione del contratto.
La durata minima: non potrà essere inferiore a quattro anni + quattro.

Alla prima scadenza esclusivamente il proprietario può disdire il contratto solo in sette casi espressamente previsti dall’articolo 3 della legge 431/98, (vedi tabella 1)
Alla seconda scadenza (otto anni dopo) entrambe le parti possono disdire il contratto previa comunicazione sei mesi prima, altrimenti il contratto si rinnova automaticamente per altri quattro anni alle medesime condizioni.

Questo contratto non si applica agli immobili delle categorie catastali A/1, A/8 A/9,( cioè abitazioni di tipo signorile, ville, castelli e palazzi di eminenti pregi artistici o storici) e a quelli vincolati.

I sette casi in cui il proprietario può rifiutare il rinnovo dopo la scadenza del primo periodo:

1 – La necessità del proprietario di usare la casa, sia per abitarci sia per uso “commerciale, artigianale o professionale” per se stesso, per il coniuge, i genitori, i figli e i parenti entro il secondo grado.
2 – La decisione di utilizzarlo per “finalità pubbliche, sociali, assistenziali” se il proprietario è una società o un’associazione che ha scopi assistenziali, culturali o religiosi. In cambio all’inquilino spetta il diritto di vedersi offrire dal proprietario un altro appartamento “libero e idoneo”.
3 – Il fatto che l’inquilino abbia la “piena disponibilità” d’un altro alloggio “libero e idoneo” nello stesso Comune.
4 – Il fatto che l’appartamento si trovi in un edificio gravemente danneggiato, che richieda lavori indispensabili di ricostruzione o risanamento, ma solo se la permanenza dell’inquilino costituisce un ostacolo ai lavori di riparazione.
5 – L’integrale ristrutturazione dell’immobile, la sua demolizione, la sua “radicale trasformazione” o, nel caso l’appartamento sia all’ultimo piano, la sua sopraelevazione (ma solo nel caso che per ragioni tecniche sia necessario lo sgombero dell’immobile).
6 – L’abbandono dell’appartamento da parte dell’inquilino, che “senza giustificato motivo” (come per esempio un motivo di lavoro) non lo abiti “continuativamente”.
7 – La necessità di vendere l’immobile da parte del proprietario, ma solo a patto che non possieda altri immobili ad uso abitativo, oltre eventualmente a quello in cui abita. In tal caso l’inquilino può utilizzare il diritto di prelazione.


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