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Il subappalto nei lavori edili


Non sempre è chiaro che cosa si può subappaltare e se questa pratica è lecita. Proviamo ad analizzare la normativa e a paragonarla con gli usi e i costumi del mondo dell’edilizia

Quasi tutti i contratti di appalto che si rispettino, pubblici o privati, recano una clausola che sancisce il divieto di subappalto, salvo specifica autorizzazione del committente. La Legge però non è così drastica, al contrario di quanto è pensiero comune, infatti la norma precisa che, non solo quando necessario autorizza il subappalto, ma, a volte e per determinate opere, quasi lo impone.
Come sempre il legislatore nel redigere la Legge pensa all’appalto pubblico e, per estensione, poi le norme vengono utilizzate anche in quello privato che si trova ad applicarle gioco-forza, per mancanza di direttive appositamente studiate.
E’ questo anche il caso del subappalto di alcuni lavori che in genere le Imprese dedite alla manutenzione o al restauro si trovano a dover effettuare nell’ambito di un contratto d’opera.

L’APPALTO PUBBLICO
Negli ultimi anni sono state emanate un complesso di norme indirizzate ai lavori pubblici, che hanno cambiato il mondo delle costruzioni, tra queste la Legge 109/94, la quale prevedeva che, qualora nel contratto erano previste opere “di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica” per un importo inferiore al 15% del totale lavori, queste potevano essere subappaltate a ditte specializzate.
Il successivo D.P.R. 554/99 definiva l’elenco di queste particolari lavorazioni:

In seguito poi le Gazzette Ufficiali n. 143 e 206 del 2000, definirono più puntualmente tutte le categorie altamente specializzate, secondo la normativa S.O.A.
L’APPALTO PRIVATO
Di norma le Imprese sono organizzate per effettuare le opere murarie di base e solo raramente dispongono di mano d’opera qualificata al montaggio dei ponteggi, alle opere da fabbro e a quelle da pittore speciali, come la posa di rivestimenti graffiati o di materiali spruzzati tipo terranova, ecc.
Come di norma devono avvalersi di subappaltatori per posare pavimenti o per opere idrauliche ed elettriche, o per rimuovere e/o trasportare a discarica materiali contenenti amianto.
Per non parlare poi delle nuove costruzioni ove spesso l’impresa è solo portatrice di “organizzazione tecnica”, mentre l’intero lavoro è subappaltato ad altrettante ditte specializzate:

– movimento terra
– cemento armato
– tamponamento e tramezzature
– impianti (idrico-sanitario, elettrico, fognario)
– intonaci
– infissi
– opere da fabbro
– montaggio di tetti
– maiolicatori e piastrellisti
– ecc.

Si vede quindi che il mondo del pubblico e quello del privato sono assai lontani e operano in modo discorde, seguendo canoni e sistemi apparentemente molto diversi.
E diciamo “apparentemente”, poiché, al di fuori della normativa, spesso poi anche il mondo dell’appalto pubblico si piega (anche se ufficiosamente) al sistema del subappalto che resta comunque un modo per effettuare opere di buona qualità attraverso aziende appositamente organizzate e specializzate.
Ci si chiede allora il perché della formalità di clausole contrattuali restrittive che poi non portano a nessun risultato pratico, anzi, complicano la vita lavorativa a committenti, direttori lavori e aziende, con norme che in sede operativa debbono essere aggirate.
La risposta non può che essere quella di cautela e controllo sulla discrezionalità dell’appaltatore, che in questo modo, potrà subappaltare in tutto o in parte l’opera da realizzare, ma esclusivamente sotto l’attento e consapevole controllo del Committente che, di volta in volta, dovrà essere edotto sulle aziende che operano in cantiere e potrà controllare il loro operato.
Resta solo da dire che, anche se autorizzato dal committente a subappaltare, l’appaltatore principale resta l’unico responsabile dell’opera eseguita e ne risponde per i vizi e i difetti da chiunque prodotti.


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