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Incontri, binari


C’era già tanta folla al binario 12. Il treno era in ritardo. Trovarono un posto a sedere in sala d’attesa. Intanto potevano ancora stare vicini, tenersi per mano e guardarsi negli occhi, ancora, ancora. Non volevano perdere neanche un minuto.

Quando il treno si fermò in stazione, dovettero passare in rassegna varie vetture prima di trovare una carrozza di 2a classe. Non fumatori. La gente si accalcava per salire. Il treno era arrivato pieno, e poca gente era scesa a quella fermata. Salirono. A fatica percorsero tutto il corridoio, poi passarono a un altro scompartimento, e a un altro ancora.

Tutto occupato. Neanche un posto sugli strapuntini dei corridoi. Arrivarono all’ultima carrozza. C’erano già molte persone in piedi. Si sistemarono nell’unico spazio libero, dietro la porta a vetri, nell’angolo del portabagagli. Lei vi si appoggiò e, stretta a lui, gli cingeva la vita con tutte e due le braccia. Lui la copriva abbracciandola a sua volta. Ogni tanto doveva spostarsi scavalcando un borsone sistemato in terra, per far passare chi entrava a cercare posto. Risero della situazione, scherzarono e risero.

Lei commentò:
«Quasi sono più contenta che non abbiamo trovato il posto ….». Lo guardò, sorridendo con malizia e gli occhi le brillarono come due piccole stelle. «…. così posso stare abbracciata a te ancora per tre ore ….!»

Lui rise, teneramente la baciò su una tempia. Il miele dei tre giorni passati insieme continuava a sciogliersi dentro di lui, guardandola. La stringeva a sé con delicatezza, come a proteggerla, comunicandole amore con il calore del suo corpo; ogni tanto chinava il viso ad appoggiarle le labbra sulla fronte. Lei si sentiva fondere a quei tenerissimi baci, sembravano due diciassettenni al primo amore. I quasi trenta e quaranta anni in più non erano presi in alcuna considerazione. Il treno intanto si era avviato e procedeva lento.

Se non fosse stato per il via vai attraverso la porta, con i conseguenti spostamenti di lui ogni volta, lo spazio intorno avrebbe potuto essere qualsiasi altro posto sulla terra, così ebbri di gioia erano per quella situazione, altrimenti scomoda, che li portava a ridere, a giocare, ad abbracciarsi e baciarsi, senza vergogna, di fronte a tutti, in mezzo alla folla di un treno, loro due soli, spensierati ed incoscienti e innamorati come due ragazzi. Esiste un’età per innamorarsi? A loro questo non importava.

Lo spirito che avevano nel cuore era quello che contava, una sensazione irripetibile di emozioni da riscoprire, da inventare, da gustare, senza limiti né remore né pudori, però sempre con tenerezza quasi innocente, nuova e unica.

C’erano solo loro, in quel momento, su quel treno, di ritorno da una meravigliosa avventura d’amore, che si era proiettata indietro nel tempo, nella Firenze splendente e magica del Rinascimento, immersi nella storia e nell’arte di un periodo grandioso; conservavano nella mente e negli occhi la visione dei tesori che avevano visto, delle bellezze che avevano condiviso con emozione, fusa all’amore dei loro corpi nel ritrovarsi allacciati tra le quattro mura che avevano protetto i loro baci, le loro carezze, i loro discorsi di amanti, le dolcezze dei risvegli, l’appagamento del sonno dopo l’amore, caldi e nudi, sempre stretti l’una all’altro, in una dimensione temporale che apparteneva a loro, a loro soltanto.

Ora il treno stava andando, li riportava nel reale, ognuno alla propria vita, lontani centinaia di chilometri, i binari dei ricordi ad unirli, invisibili e segreti.


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