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Arcologia tra utopia e alternativa possibile

Finalmente in Italia c’è la prima esposizione dedicata all’architetto, nata in seguito alla ricognizione della sua vasta opera grafica fatta dalla curatrice della mostra, Sandra Suatoni, nell’archivio della Cosanti Foundation ad Arcosanti, in Arizona. La mostra si tiene in tre sedi romane, ognuna delle quali ospita una sezione tematica e cronologica: a Palazzo Fontana di Trevi Dall’Italia a Mesa City, al MAXXI Arcology. The City in the Image of Man e alla Casa dell’Architettura Arcosanti: Laboratorio urbano.

Soleri, nato in Italia, a Torino, ma americano di adozione, è un architetto-filosofo il cui pensiero trae forza dalla purezza e dalla coerenza profonda dell’utopia e della visione; ma il grande interesse che la contemporaneità rivolge alla sua opera è dovuto all’attualità delle sue riflessioni, che non possono essere relegate nell’ambito del visionario, ma che invece si confrontano, in anticipo sui tempi, con problematiche oggi pressanti.
Soleri negli ultimi sessant’anni ha assistito alla nascita della società postindustriale, decollata nel secondo dopoguerra, fondata sull’informatica, l’energia atomica, l’automazione, sulla velocità delle comunicazioni, dei trasporti e dell’informazione, sulla diffusione di internet e sulla globalizzazione dell’economia. Le conseguenze di questi fenomeni fanno parte del nostro vissuto quotidiano: l’esplosione demografica, la crescita a dismisura delle metropoli, l’iperconsumismo che provoca inquinamento e degrado ambientale, la massificazione della cultura e dell’uomo.

Soleri invece di inserirsi in questo “sistema” ha deciso di opporvisi radicalmente con orgoglio etico, spirituale e intellettuale, senza compromessi, e di elaborare in solitudine modelli insediativi alternativi. Etica ed invenzione urbana dunque, la prima genera la seconda. Progettare la città è per Soleri il sommo atto estetico e creativo. L’organismo urbano è sistema complesso e meraviglioso vanto e simbolo della civiltà. Ma i suoi progetti, piuttosto prototipi ideali e schemi concettuali, restano sulla carta senza un committente. Il rigore e l’urgenza del suo messaggio non sono stati compresi. Soleri allora si fa committente di se stesso e, per rendere tangibili e verificabili le sue ipotesi, avvia la costruzione nel deserto arizoniano di Cosanti e Arcosanti: due utopie in costruzione, due città (in realtà più un quartiere la prima) fondate sul concetto di Arcologia (architettura più ecologia), ovvero architettura come ambiente in cooperazione con la natura.

L’Arcologia è la città ideale fatta a immagine e somiglianza dell’uomo (da cui il nome della mostra, a sua volta mutuato dalla prima pubblicazione importante del 1969). L’uomo per Soleri è l’organismo biologico più evoluto in natura capace di autoconsapevolezza e coscienza.
Come la natura, e dunque come l’uomo, la città deve essere organica, deve cioè fondarsi sugli stessi principi di funzionamento degli organismi biologici, ricalcandone la coerenza interna e la capacità di adattamento armonioso all’ambiente.
L’arcologia per Soleri deve essere frugale e deve basarsi sul ciclo miniaturizzazione-complessità-durata. Frugale significa che non spreca nulla, ma che fa molto con poco, in termini di spazio e risorse economiche, umane ed energetiche (quindi per le costruzioni è preferito l’uso di materiali poveri, di scarto e presenti nell’ambiente di riferimento, l’impiego di energie pulite e rinnovabili). La miniaturizzazione determinerà una città concentrata, come l’organismo umano e biologico in genere, sviluppata in verticale piuttosto che in orizzontale, al contrario delle città contemporanee che divorano spazio e territorio in una suburbanizzazione illimitata, implicando l’uso massiccio dell’automobile, fonte di inquinamento, spreco e isolamento. Per Soleri bisogna occupare una quantità minima di territorio, meglio se marginale (deserti, isole artificiali galleggianti sugli oceani, canyon, ponti, dighe) per non gravare ulteriormente su zone già fortemente antropizzate e lasciare così  il terreno fertile all’agricoltura, fondamentale risorsa di vita per la popolazione.

La complessità allude alla compresenza di diverse funzioni all’interno della città, strettamente interrelate, affinché favoriscano cooperazione tra gli uomini e forme di socialità, contro l’isolamento e l’alienazione dell’individuo. Durata significa conservazione: deperibilità a lungo termine di ciò che si costruisce, che deve incidere positivamente nei tempi lunghi delle ere cosmiche, come la natura.
I due grandi maestri di Soleri sono Le Corbusier e Frank Lloyd Wright. Del primo, conosciuto solo sui libri, Soleri ammira la potenza dell’impianto teorico e la capacità di elaborare soluzioni su grande scala (per esempio il concetto di “macchina per abitare” e di macrostruttura). Il secondo Soleri lo conoscerà nel 1947 in Arizona, a Taliesin, dove si reca appositamente per partecipare al suo laboratorio. Con Wright lo scambio è molto complesso, esistono citazioni formali (le case a disco, a cupola, a energia solare, le abitazioni costruite nel deserto, la passione per le forme circolari) e di metodo (l’impianto laboratoriale del suo studio, il workshop con gli studenti, ma soprattutto il concetto di architettura organica).
Ma di entrambi i maestri Soleri supera i limiti determinati dall’appartenere alla generazione precedente: il mito del progresso proprio degli esponenti del Movimento Moderno, la fede nel materialismo e nel funzionalismo, due portati della tecnocrazia, e la completa cecità verso le conseguenze che l’edificazione selvaggia  avrebbe causato sull’ambiente.

Soleri arriva a ripensare completamente l’architettura in virtù della scelta di un paradigma filosofico di riferimento più ampio. Dalla metà degli anni Cinquanta si inserisce in quella avanguardia libertaria e anti-sistema (di cui fanno parte anche l’Action Painting, la letteratura della Beat Generation, il Living Theater e nel decennio successivo il movimento hippy), che denuncia negli USA le patologie della società industriale. Contemporaneamente una serie di pubblicazioni e scoperte in campo scientifico ampliano il contesto culturale per le sue ricerche. L’atteggiamento che scaturisce dall’esposizione a queste influenze è di impegno consapevole e costante, votato all’elaborazione di una città alternativa e di uno stile di vita che oggi definiremmo ecosostenibile. Chi si occupa attualmente di architettura non può più prescindere dalla riflessione sulle conseguenze che il proprio operato provoca sull’ambiente. L’architettura, che dà forma al mondo e ne muta gli equilibri incidendo al suo interno segni spesso indelebili, ha bisogno, oggi più che mai, di personaggi come Paolo Soleri, il cui valore per la collettività è stato finalmente riconosciuto dal suo paese d’origine, che gli dedica oggi questo ciclo di mostre.

La mostra su Paolo Soleri al MAXXI, comprende una parte della sua ampia produzione grafica su scrolls (rotoli di carta da spolvero), supporti di grande formato che raggiungono anche i 50 metri di lunghezza. I nove scrolls in mostra sono disegnati a matita, pastelli e carboncino ed hanno una lunghezza variabile tra i 10 e i 20 metri, per complessivi 100 metri.
La volontà di esporli in modo da permetterne una lettura continua e consequenziale, che ne rispecchi il carattere di riflessione in progress e indagine unitaria, ha determinato un allestimento che plasma gli spazi del museo per dar forma ad un discorso e moltiplicare le superfici espositive. Una lunga parete curvilinea ridisegna la geometria della sala, snodandosi nello spazio ed ospitando 5 scrolls e 11 disegni. Altri disegni e modelli sono sospesi a mezz’aria sulla testa dello spettatore, che si ritrova immerso in un’ambientazione suggestiva dettata sia da problemi pratici che da riflessioni teoriche e dalla natura stessa dei materiali. L’opera grafica di Paolo Soleri, infatti, ha una propria qualità estetica e pittorica che va apprezzata in quanto tale, al di là del valore di documento di architettura proprio del disegno. Quest’ultimo non può essere neppure considerato riduttivamente un supporto alla progettazione architettonica ma, piuttosto, va compreso come strumento di indagine e ricerca, parallelo alla formulazione di teorie filosofiche, cosmologiche e religiose.

SOLERI A CASA DELL’ARCHITETTURA
Arcosanti laboratorio urbano

Nella sede dell’ex Acquario Romano, a due passi dalla Stazione Termini o da piazza Vittorio, è allestita una delle tre mostre, ad ingresso gratuito, dedicate a Paolo Soleri e s’incentra sulla traduzione in realtà costruttiva di Arcosanti. Sono esposti pertanto disegni, progetti, plastici e materiale fotografico relativo a quel cantiere urbano a partire dagli anni settanta fino a quelli recentissimi.
Ma ciò che differenzia questa mostra rispetto alle altre non è solo la tematica, ma anche l’installazione in questo edificio di un workshop di progettazione urbana su Roma, che ha coinvolto, con la costruzione in più fasi di un plastico eseguito direttamente nel cuore della mostra, le facoltà di architettura romane, La Sapienza e Roma Tre,ogni volta con nuovi studenti che hanno simulato generazioni successive. Gli studenti, prendendo a campione San Lorenzo, una zona nel cuore di Roma, come alternativa al continuo dilagare delle periferie che sottraggono territorio all’agricoltura, si sono trovati ad operare in uno stimolante confronto con le opere grafiche e i modelli di Soleri.

Soleri a Fontana di Trevi dall’Italia a Mesa City

“Il viaggio non è nelle cose che esistono, ma verso il futuro di cui noi stessi siamo i fautori, gli inventori e i creatori” 1973
Ci colpiscono ed ammaliano le frasi di Soleri riportate accanto alla sua produzione grafica, che spazia dagli esordi italiani fino agli anni settanta, nella cornice magica e luminosa degli ampi saloni del palazzo di Fontana di Trevi.
La mostra, curata da Sandra Suatoni, si articola in sezioni cronologiche e tematiche, puntando sulla valorizzazione dei grandi e avveniristici disegni a mano libera, che contengono la genesi delle formulazioni architettoniche e urbane di Soleri.
Agli esordi, accanto alla tesi di laurea del 1946, ai progetti per Torino, e per l’originalissima fabbrica di ceramiche artistiche Solimene di Vietri sul Mare, allora boicottata per le sue forme audaci ed ora divenuta bene architettonico dell’umanità, ci sorprendono i “Potenziali Cosmici” del 1950, in quanto ci meravigliamo che già in quegli anni Soleri capiva che si dovevano sfruttare le energie pulite per combattere quell’inquinamento ambientale che immaginava sarebbe arrivato a soffocare la nostra Terra, e questo nel dopoguerra, in un periodo in cui si inneggiava al progresso, alla tecnologia, all’automobile. Oltre ai progetti di architetture che sfruttano l’energia solare troviamo la scritta: “L’idea un po’ innocente di fare dell’abitato una macchina per vivere che è pure una macchina per catturare energia. La sua validità può risiedere nel preconcetto che ciò che costruiamo, l’abitato, non può essere indifferente al luogo, luce, clima, venti ecc… gli organismi nella biosfera. L’abitato deve riflettere e fare buon uso di questo stato di cose” (What if).

E’ interessante pure soffermarsi davanti al grande pannello video, che manda in onda in bianco e nero, le vecchie interviste a Soleri, che in America stava realizzando il suo sogno, affinché non si potesse dire che la sua era pura utopia. Grazie ai finanziamenti delle università americane e ai proventi derivanti dalla sua fondazione che aveva al suo attivo i guadagni prodotti dal laboratorio di ceramica che aveva allestito in Arizona e grazie ai proventi delle sue celebri campane, Soleri con famiglia, lavoranti e discepoli costruisce la sua città nel deserto, per non sottrarre terreno all’agricoltura, autosufficiente grazie all’energia solare e alle serre, libera dalle automobili, e dagli spazi inutili, in cui applica il riciclo dell’acqua e dei rifiuti urbani, tematiche di cui finalmente ci stiamo accorgendo solo ora.
Le terre incolte, gli aridi deserti, le montagne tormentate, le gole profonde, gli oceani, saranno parte dell’estetosfera, l’iperstruttura della compassione umana”.

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