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Arbitrato e conciliazione


“Arbitrato” e “Conciliazione” in continua evoluzione. Con l’entrata in vigore del D. Lgs 40/2006 importanti modifiche sono state introdotte al codice di procedura civile ma anche in materia di arbitrato.
Rilevante l’importante facoltà riconosciuta al consulente tecnico (CTU) di tentare la conciliazione della controversia in amplissimi settori del contenzioso.

NOVITA’ INTRODOTTE DAL D. Lgs 40/2006
Con il D. Lgs n. 40/2006 intitolato “Modifiche al codice di procedura civile in materia di processo di cassazione in funzione nomofilattica e di arbitrato” il legislatore ha, nuovamente, introdotto cambiamenti alla preesistente normativa elaborando una disciplina più dettagliata in materia arbitrale, abrogando l’intera disciplina sull’arbitrato internazionale e inserendo nel codice di procedura civile due disposizioni nuove riguardanti l’arbitrato irrituale e l’arbitrato secondo regolamenti precostituiti.
La nuova normativa si applica alle convenzioni di arbitrato e ai procedimenti arbitrali proposti dopo il due marzo 2006, data di entrata in vigore del decreto.
Nel campo della Conciliazione, la maggiore novità è senza dubbio quella di avere introdotta e riconosciuta la facoltà del CTU di tentare la conciliazione della controversia per far giungere le parti a un accordo ed estinguere il procedimento giudiziario (L. 80/2005; art. 696-bis c.p.c. “Consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite”).
Riportiamo di seguito soltanto le novità di maggiore rilievo, rinviando, per l’approfondimento degli argomenti, agli articoli già pubblicati sui numeri 10 e 11/2006 di questa Rivista.

L’ARBITRATO “IRRITUALE” E L’ARBITRATO “SECONDO REGOLAMENTI PRECOSTITUITI”
a) Innovativo è l’art. 808-ter che introduce per la prima volta nel codice di procedura civile una apposita disciplina per l’arbitrato irrituale, figura nata nella prassi in alternativa a quella ben normata dell’arbitrato rituale.
L’articolo citato, dispone che le parti possono, con disposizione espressa per iscritto, stabilire che la controversia sia definita dagli arbitri mediante determinazione contrattuale; e che altrimenti si applicano le disposizioni del codice di procedura.
Il lodo contrattuale è annullabile dal giudice competente se la convenzione dell’arbitrato è invalida o gli arbitri hanno pronunciato su conclusioni che esorbitano dai loro limiti e la relativa eccezione è stata sollevata nel procedimento arbitrale; se gli arbitri non sono stati nominati con le forme e i modi stabiliti dalla convenzione arbitrale o non si sono attenuti alle regole imposte dalle parti come condizione di validità del lodo; se il lodo è stato pronunciato da chi non poteva essere nominato arbitro, se non è stato osservato, nel procedimento arbitrale, il principio del contraddittorio.
Per il lodo contrattuale non è previsto il deposito al fine della sua dichiarazione di esecutività.
b) Una importante novità della riforma è il rinvio a regolamenti arbitrali precostituiti (art. 832).
Una convenzione d’arbitrato può rinviare a un regolamento arbitrale precostituito e, nel caso di contrasto tra quanto previsto nella convenzione e quanto previsto dal regolamento, prevale la convenzione di arbitrato.
Il regolamento può stabilire ulteriori casi di sostituzione e ricusazione degli arbitri in aggiunta a quelli previsti dalla legge.

ALTRE NOVITA’
a) Per quanto attiene alla “convenzione di arbitrato” in materia non contrattuale, in base all’art. 808-bis c.p.c. le parti possono stabilire, con apposita convenzione, che siano decise da arbitri le future controversie relative a uno o più rapporti non contrattuali determinati. La convenzione deve risultare da atto scritto.
In caso di dubbi sulla interpretazione di tale convenzione, essa si deve interpretare nel senso che la competenza arbitrale si estende a tutte le controversie che derivano dal contratto o dal rapporto a cui la convenzione si riferisce (art. 808-quater).
La convenzione, inoltre, non perde di efficacia qualora il procedimento arbitrale si conclude senza una pronuncia sul merito (art. 808-quinquies).
Con particolare riguardo, poi, al “compromesso” e alla “clausola compromissoria” queste, come già noto, devono essere fatti per iscritto e devono determinare l’oggetto della controversia; si precisa, però, che la forma scritta è rispettata anche quando la volontà delle parti venga espressa per telegrafo, telescrivente, telefacsimile o messaggio telematico nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la trasmissione e la ricezione dei documenti teletrasmessi (art. 807).
b) Una specifica disposizione (art. 813-ter) è dedicata alla responsabilità degli arbitri che rispondono dei danni causati alle parti quando, con dolo o colpa grave, hanno omesso o ritardato atti dovuti e sono stati perciò dichiarati decaduti; oppure hanno rinunziato all’incarico senza giustificato motivo; oppure, sempre con dolo o colpa grave, hanno omesso o impedito la pronuncia del lodo entro il termine di legge.
Fuori di questi casi, gli arbitri rispondono esclusivamente per dolo o colpa grave entro i limiti previsti dalle norme sulla responsabilità civile dei magistrati.
L’azione di responsabilità può essere esercitata in pendenza di giudizio arbitrale; se è stato pronunciato il lodo, l’azione di responsabilità può essere proposta soltanto dopo l’accoglimento dell’impugnazione con sentenza passata in giudicato e per i motivi per cui l’impugnazione è stata accolta.
Nei casi di responsabilità dell’arbitro, il corrispettivo e il rimborso delle spese non gli sono dovuti o, nel caso di nullità parziale del lodo, sono soggetti a riduzione.
Ciascun arbitro deve rispondere solo del fatto proprio.

IL TENTATIVO DI CONCILIAZIONE DEL CTU
L’istituto ha una finalità conciliativa originato dalla volontà di creare uno strumento deflattivo del contenzioso consentendo alle parti di addivenire alla conciliazione sul nascere della controversia.
Il consulente conserva sempre la sua funzione di ausiliario, esperto del giudice laddove questi necessiti di conoscenze e competenze specialistiche che esulino dalle proprie competenze.
Ciò stante la norma prevede che “il consulente prima di provvedere al deposito della relazione tenta, se possibile, la conciliazione delle parti”.

Questo riconoscimento, pur limitando la portata dell’attività conciliativa alla tipologia delle controversie di cui al comma 1 dell’art. 696 bis c.p.c., configura il CTU come un vero e proprio conciliatore che assiste le parti in lite facilitandone la comunicazione, facendone emergere gli interessi che sono alla base del contenzioso per giungere alla conciliazione della controversia mediante un accordo soddisfacente per le parti e che abbia i requisiti per estinguere il conflitto.
Nel caso che la conciliazione riesca, il consulente deve formare un processo verbale di conciliazione che viene inserito nel fascicolo di ufficio a cui il giudice, mediante decreto, attribuisce forma di efficacia esecutiva (art. 199 c.p.c).
Nell’ipotesi che invece la conciliazione abbia esiti negativi, il consulente deve provvedere al deposito della relazione peritale nella quale non è più tenuto a riportare le dichiarazioni (atteggiamenti o condotte) delle parti che il giudice poteva valutare come prove pregiudizievoli nel corso del procedimento di merito.

Alcuni termini di riferimento

CONVENZIONE ARBITRALE o CLAUSOLA COMPROMISSORIA
E’ il contratto che sottoscrivono le parti, preliminarmente necessario per la corretta instaurazione di un arbitrato. In questa clausola contrattuale, che se inserita in un contratto più ampio, per essere pienamente valida, deve essere separatamente firmata perché necessita di specifica accettazione e, se a firmarla da un delegato, questo deve essere appositamente autorizzato.
Di norma nella clausola sono contenuti i termini per l’instaurazione dell’arbitrato stesso e, per sommi capi, le modalità nel quale si dovrà svolgere.

ARBITRATO
È una causa a tutti gli effetti, anche se si svolge senza l’ausilio di un Giudice togato.
Si instaura per volontà espressa delle parti, che demandano ad uno o più Arbitri (in genere tecnici nominati in numero disparo) la risoluzione di una controversia.
Un arbitrato può durare non più di tre mesi, e per dimostrati motivi, gli Arbitri possono ottenere dalle parti una proroga massima di ulteriori tre mesi. Entro detto termine devono emettere il LODO e depositarlo in tribunale. In mancanza, rispondono personalmente.

CONCILIAZIONE
È un rito abbreviato per mezzo del quale le parti in controversia cercano bonariamente una soluzione alla insorta vertenza.

LODO
È la sentenza che emettono gli Arbitri a fine arbitrato.

C.T.U.
Il Consulente Tecnico d’Ufficio è quel professionista ritenuto esperto di una specifica materia dal Giudice, incaricato dallo stesso, nell’ambito di una causa, di verificare una situazione e di redigere una relazione e/o una perizia, necessaria a valutare i risvolti tecnici della causa stessa, che di norma esulano dalle competenze del Giudice.
In genere il nominativo del C.T.U. dovrebbe essere attinto da un apposito elenco di specialisti delle varie materie, tenuto dal Tribunale (Albo dei C.T.U.), più spesso il Giudice nella sua “autonomia” nomina un tecnico di “sua” fiducia, indipendentemente dal fatto se esso è o meno iscritto nel suddetto Albo.

C.T.P.
La Consulenza Tecnica Preventiva è quella attività che qualunque cittadino può intraprendere, finalizzata a far accertare una situazione da un tecnico di “fiducia” del tribunale. Non è una causa, poiché la controparte può non essere avvertita dell’accertamento in atto, non è probante ai fini di una futura causa poiché è un atto di parte, anche se svolto attraverso il tribunale.


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