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I diritti dei condomini in assemblea


La prima problematica che in questa sede viene affrontata riguarda il diritto dei condomini alla convocazione dell’assemblea.
Preliminarmente si deve precisare che l’assemblea può essere convocata non solo dall’amministratore, ma ai sensi dell’art.66 delle disp.att. c.c. i condomini hanno diritto di ottenere la convocazione dell’assemblea straordinaria nel caso che ne facciano richiesta non meno di due condomini  che rappresentino almeno 1/6 del valore dell’edificio. Qualora ciò non avvenga, decorsi inutilmente dieci giorni, i condomini richiedenti potranno provvedere direttamente alla convocazione. Tale norma è inderogabile.

Invece, per quanto riguarda la distinzione tra assemblea ordinaria e quella straordinaria, l’unico elemento distintivo è quello temporale, poiché la prima è caratterizzata dalla sua natura periodica-annuale, mentre la seconda ha natura eventuale, essendo collegata a casi di straordinarietà e di particolari decisioni.
Ritornando all’articolo 66 sopra citato, ciascun condomino ha diritto di ottenere la comunicazione dell’assemblea almeno cinque giorni prima della data di convocazione.La ragione di ciò è che ogni condomino ha diritto di partecipare alla stessa e per tanto deve venire a conoscenza dell’assemblea in un tempo che il legislatore ha ritenuto congruo al fine di potersi organizzare, ovvero di conoscere data, ora, luogo e contenuto dell’ordine del giorno. Ma, per convocare in modo regolare  l’assemblea, non è sufficiente che l’avviso sia stato fatto nei termini di legge o di regolamento, essendo necessario che l’avviso sia stato ricevuto da tutti i condomini entro il termine citato. La mancata tempestività dell’avviso determinerà l’annullabilità della delibera assembleare, che potrà essere impugnata entro trenta giorni, termine perentorio, dalla data dell’assemblea stessa per coloro che erano presenti, o dalla data di comunicazione per gli assenti, il tutto ai sensi dell’art.1137 c.c.

QUANDO MANCA L’INVITO
Quando invece manca l’invito anche ad uno solo dei condomini, la deliberazione assembleare è affetta da nullità e potrà essere impugnata in ogni momento.
Come tutti sanno, non è necessario che  l’invito all’assemblea sia inoltrato a mezzo di raccomandata postale, ma  può essere consegnato anche a mano, purché ci sia come prova del ricevimento da parte del condominio, la firma che ne attesti la ricevuta.
Per quanto attiene il contenuto della comunicazione, è scontato che i condomini debbano essere esattamente informati sugli argomenti da trattare e che sia necessaria l’esatta indicazione delle materie poste all’ordine del giorno con allegato, ove necessario, le documentazioni opportune a conoscere nel dettaglio le materie da discutere e deliberare, come nel caso di rendiconti, ecc.
Anche l’incompletezza dell’ordine del giorno produrrà l’annullabilità dell’assemblea.

IL LUOGO
Riguardo al luogo in cui si dovrà tenere l’assemblea di condominio vi è ampia discrezionalità, essendo sufficiente che questo sia salubre e facilmente raggiungibile. Di regola le assemblee vengono fatte in locali condominiali dismessi ad altra mansione (ex locali cassoni, ecc.) o in sale parrocchiali messe a disposizione a basso costo dalle diocesi di tutte le città. È invece da evitare l’assemblea nell’androne dello stabile, sia perché è luogo di passaggio di estranei e ciò contrasta con le nuove norme sulla privacy, sia perché è indubbiamente scomodo e, in inverno, notoriamente freddo.

IL DIRITTO AL VOTO
In sede assembleare ogni condominio ha il diritto di manifestare la propria volontà non solo attraverso il voto, ma anche mediante l’intervento alla discussione, al fine di far conoscere agli altri le ragioni del proprio voto. Nel caso in cui detto esercizio sia impedito o menomato, sarà configurabile un’ipotesi di contrarietà alla legge, rientrante nella previsione di cui all’art.1137  secondo comma c.c., con conseguente annullabilità della delibera. Ciò a dire che ogni condomino ha diritto ad esprimersi sulla propria posizione riguardo agli argomenti trattati dall’ordine del giorno e, se ritenuto opportuno, veder registrata sinteticamente sul verbale la propria dichiarazione.
Il condomino potrà anche intervenire all’assemblea a mezzo rappresentante, ai sensi del combinato disposto degli art.67 e 72 disp.att.c.c. Tuttavia, sono legittime le eventuali clausole apposte nei regolamenti di condominio che limitino il potere di rappresentanza, in particolare la giurisprudenza ritiene legittima la clausola che stabilisce che la delega possa essere attribuita solo a determinate persone.

L’AMMINISTRATORE GIUDIZIARIO
Un altro diritto del condomino è quello di proporre ai sensi dell’art.1129 c.c. il ricorso al giudice per la nomina di un amministratore giudiziario nel caso in cui l’assemblea non provveda alla nomina dell’amministratore ordinario, o che questo non abbia reso il conto per almeno un biennio, oppure nel caso vi siano fondati motivi di dubitare della corretta gestione del danaro. Tale nomina è sussidiaria e residuale rispetto al potere – dovere dell’assemblea dei condomini di nominare un amministratore, è per tale motivo che può essere chiesta solo dopo la convocazione dell’assemblea e constata la mancata deliberazione della stessa al riguardo.
Direttamente connesso con l’obbligo di nomina è il diritto del condomini di revocare l’amministratore. Tale fattispecie è prevista dall’art.1129 c.c., ai sensi del quale l’amministratore dura in carica un anno (la nuova proposta di Legge attualmente in Senato, raddoppia questo termine) e può essere revocato in ogni tempo dall’assemblea, ciò può avvenire perché tra il condominio e l’amministratore  intercorre un rapporto di mandato.

Questa revoca (in contrasto con qualunque CCNL) prescinde da una giusta causa, peraltro l’amministratore revocato per giusta causa ha, comunque, diritto al proprio compenso in relazione al tempo dell’effettiva esecuzione del suo incarico, mentre quello revocato senza giusta causa può esigere anche il compenso relativo alla residua durata del suo incarico.
La revoca può avvenire anche tacitamente con la nomina di un nuovo amministratore.
Per quanto poi riguarda il rapporto tra condomini ed amministratore è importante far notare che quest’ultimo non può agire per fare eseguire deliberazioni che limitano i poteri e la facoltà dei condomini nelle loro parti di proprietà esclusiva. L’amministratore potrà agire, invece, nel caso di deliberazioni relative alle proprietà esclusive che incidono anche sulle cose comuni o che interferiscano con l’organizzazione o il buon funzionamento dei servizi condominiali.

LE PRONUNCE DEL TRIBUNALE

In tema di delibere assembleari condominiali, la delibera, assunta nell’esercizio delle attribuzioni assembleari previste dall’art. 1135, numeri 2) e 3), c.c., relativa alla ripartizione in concreto tra i condomini delle spese relative a lavori straordinari ritenuti afferenti a beni comuni (posti auto e vano ascensore) e alla tassa di occupazione di suolo pubblico, ove adottata in violazione dei criteri già stabiliti, deve considerarsi annullabile, non incidendo sui criteri generali da adottare nel rispetto dell’art. 1123 c.c., e la relativa impugnazione va pertanto proposta nel termine di decadenza (trenta giorni) previsto dall’art. 1137, ultimo comma, c.c.
In tema di delibere di assemblee condominiali, è annullabile ex art. 1137 c.c. la delibera il cui verbale contenga omissioni relative alla individuazione dei singoli condomini assenzienti, dissenzienti, assenti o al valore delle rispettive quote.

In tema di condominio negli edifici, debbono qualificarsi nulle le delibere dell’assemblea condominiale prive degli elementi essenziali, le delibere con oggetto impossibile o illecito (contrario all’ordine pubblico, alla morale o al buon costume), le delibere con oggetto che non rientra nella competenza dell’assemblea, le delibere che incidono sui diritti individuali sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini, le delibere comunque invalide in relazione all’oggetto; debbono, invece, qualificarsi annullabili le delibere con vizi relativi alla regolare costituzione dell’assemblea, quelle adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale, quelle affette da vizi formali, in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti al procedimento di convocazione o di informazione dell’assemblea, quelle genericamente affette da irregolarità nel procedimento di convocazione, quelle che violano norme richiedenti qualificate maggioranze in relazione all’oggetto. Ne consegue che la mancata comunicazione, a taluno dei condomini, dell’avviso di convocazione dell’assemblea condominiale comporta, non la nullità, ma l’annullabilità della delibera condominiale, la quale, ove non impugnata nel termine di trenta giorni previsto dall’art. 1137, comma 3, c.c. (decorrente, per i condomini assenti, dalla comunicazione, e, per i condomini dissenzienti, dalla sua approvazione), è valida ed efficace nei confronti di tutti i partecipanti al condominio.
Cassazione civile, sez. un., 7 marzo 2005, n. 4806

In tema di impugnazione delle delibere condominiali, ai sensi dell’art. 2377 c.c. – dettato in tema di società di capitali ma, per identità di ratio, applicabile anche in materia di condominio – la sostituzione della delibera impugnata con altra adottata dall’assemblea in conformità della legge, facendo venir meno la specifica situazione di contrasto fra le parti, determina la cessazione della materia del contendere.
Cassazione civile, sez. II, 28 giugno 2004, n. 11961

In tema di deliberazioni dell’assemblea condominiale, ai fini della validità dell’ordine del giorno, occorre che esso elenchi specificamente, sia pure in modo non analitico e minuzioso, tutti gli argomenti da trattare, sì da consentire a ciascun condomino di comprenderne esattamente il tenore e l’importanza, e di poter ponderatamente valutare l’atteggiamento da tenere, in relazione sia alla opportunità o meno di partecipare, sia alle eventuali obiezioni o suggerimenti da sottoporre ai partecipanti (nell’enunciare il principio di cui in massima, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, la quale aveva escluso che la delibera adottata dall’assemblea, che impegnava il condominio per l’esecuzione di opere definitive per un ammontare pari a oltre 247 milioni di lire, potesse oggettivamente riconnettersi ad un ordine del giorno che indicava come oggetto di discussione l’esecuzione di diverse e specifiche opere provvisionali urgenti, per un importo inferiore a 10 milioni di lire, ovvero, in alternativa, di opere più rilevanti, ma per un importo di 55 milioni di lire).

In tema di condominio di edifici, ai fini della tempestività dell’impugnazione delle deliberazioni dell’assemblea dei condomini, a norma dell’art. 1137 c.c., al deposito del ricorso nel termine di 30 gg. dalla data della adozione o comunicazione della deliberazione stessa è da ritenersi equipollente, in virtù del principio generale di conservazione degli atti quando essi conseguano lo scopo cui sono destinati, la notificazione della citazione introduttiva nel medesimo termine, anche quando l’iscrizione a ruolo sia avvenuta successivamente.

L’impugnazione della delibera dell’assemblea condominiale, benché ai sensi dell’art. 1137 comma 3, c.c. debba essere proposta con ricorso depositato nel termine di trenta giorni dalla data dell’adozione o della comunicazione della delibera stessa, deve, tuttavia, ritenersi tempestiva anche quando sia stata proposta con atto di citazione notificato entro il suddetto termine, non rilevando che l’iscrizione a ruolo sia avvenuta successivamente.
Cassazione civile, sez. II, 30 luglio 2004, n. 14560

La decadenza dal diritto di impugnare la deliberazione dell’assemblea dei condomini dinanzi all’autorità giudiziaria, prevista dal comma 3 dell’art. 1137 c.c., trattandosi di materia non sottratta alla disponibilità delle parti, non può essere rilevata d’ufficio dal giudice. (Nella specie, la S.C. ha confermato quanto deciso dal giudice di merito che aveva dichiarato inammissibile l’eccezione di decadenza perché proposta dal condomino solo con la comparsa conclusionale e, dunque, tardivamente).
Cassazione civile, sez. II, 28 novembre 2001, n. 15131


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